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Art. 56

Misure cautelari monocratiche

1. Prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, con la domanda cautelare o con distinto ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. La domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l’istanza di fissazione d’udienza per il merito, salvo che essa debba essere fissata d’ufficio. Il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale, altrimenti rimette le parti al collegio per i provvedimenti di cui all’articolo 55, comma 13.

2. Il presidente o un magistrato da lui delegato verifica che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei controinteressati e provvede con decreto motivato non impugnabile. La notificazione può avvenire da parte del difensore anche a mezzo fax. Si applica l’articolo 55, comma 6. Qualora l’esigenza cautelare non consenta l’accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il potere di revoca. Ove ritenuto necessario il presidente, fuori udienza e senza formalità, sente, anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima dell’emanazione del decreto.

3. Qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili, il presidente può subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare alla prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, determinata con riguardo all’entità degli effetti irreversibili che possono prodursi per le parti e i terzi.

4. Il decreto, nel quale deve essere comunque indicata la camera di consiglio di cui all’articolo 55, comma 5, in caso di accoglimento è efficace sino a detta camera di consiglio. Il decreto perde efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella camera di consiglio di cui al periodo precedente. Fino a quando conserva efficacia, il decreto è sempre revocabile o modificabile su istanza di parte notificata. A quest’ultima si applica il comma 2.

5. Se la parte si avvale della facoltà di cui al secondo periodo del comma 2 le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie.

Bibliografia. Rosanna De Nictolis, Processo Amministrativo. Formulario commentato, IV ed., Ipsoa, 2019; Roberto Garofoli, Codice Amministrativo Ragionato, VII ed., Nel Diritto Editore, 2020; Rosanna De Nictolis, Presidente C.g.a., Il processo amministrativo ai tempi della pandemia, pubblicato su www.giustizia-amministrativa.it, il 16 aprile 2020; Carmine Volpe, Presidente della sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, Pandemia, Processo amministrativo e affinità elettive, pubblicato su www.giustizia-amministrativa.it il 27 aprile 2020.

 

Sommario. 1. La tutela cautelare monocratica nel processo amministrativo: dai presupposti alla decisione. 2. L’ipotesi di appellabilità del decreto sulla misura monocratica. 3. Cenni alla tutela cautelare monocratica atipica.

 

1. La tutela cautelare monocratica nel processo amministrativo: dai presupposti alla decisione

1.1 Di regola la misura cautelare monocratica viene richiesta quando non può attendersi l’udienza cautelare per rischio di un danno di “estrema gravità ed urgenza”.

L’articolo 56 CPA, qui in disamina, disciplina una forma di c.d. tutela cautelare interinale, la quale viene, per sua natura, concessa in pendenza di giudizio, con accentramento dei poteri in capo al Presidente del tribunale amministrativo regionale ovvero ad un magistrato dallo stesso delegato. 

Al pari della domanda collegiale ex articolo 55 CPA, anche quella monocratica è improcedibile finché non è presentata l’istanza di fissazione d’udienza per il merito, salvo che essa debba essere fissata d’ufficio.

Il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale, altrimenti rimette le parti al collegio per i provvedimenti di cui all’articolo 55, comma 13.

Una volta accertata la propria competenza, il Presidente provvede sull’istanza non già con ordinanza, come accade per la tutelare cautelare collegiale, bensì con decreto motivato, di regola non impugnabile.

Al pari dell’ordinanza cautelare, il decreto deve essere motivato in relazione al, qui aggravato, periculum in mora, ovvero in ordine alla “estrema gravità” ed urgenza, nonché in relazione all’esistenza del fumus, ancorché la norma non precisi espressamente l’esternazione di tale ultimo profilo, come invece fa per le ordinanze collegiali.

1.2 Questi, in sintesi, i presupposti della tutela cautelare monocratica:

1) la sussistenza dell’estrema gravità ed urgenza, là dove per “estrema” si intende “di entità superiore a quella che caratterizza il periculum ai fini della misura collegiale ex articolo 55 CPA”, ma inferiore a quella “eccezionale” richiesta per la misura ex articolo 61 CPA “ante causam”.

2) la presentazione della domanda di fissazione d’udienza, così come nell’ipotesi ex articolo 55 CPA;

3) la competenza del giudice adito: nel caso in cui il Presidente non ritenga di essere competente rimette la questione al collegio che, ove concordi con la non competenza, deve promuovere d’ufficio il regolamento di competenza.

1.3 Quanto alla decisione, che, come anticipato, deve essere presa con decreto motivato, essa esige la previa verifica: 

a) circa la sussistenza della competenza funzionale o territoriale del tribunale e della sua giurisdizione;

b) circa l’avvenuto perfezionamento della notifica.

 

Sul punto, un orientamento ormai superato e minoritario affermava che:

il decreto monocratico presidenziale ha efficacia ex lege fino alla pronuncia con cui si accoglie o si respinge la domanda cautelare, in quanto questo produce i suoi effetti fino alla pronuncia del Collegio sulla domanda cautelare, quindi non fino alla data (e non oltre) della camera di consiglio fissata dal decreto presidenziale ai fini della trattazione collegiale, ed a prescindere dall’evenienza che, in tale udienza camerale, la fase cautelare del processo amministrativo possa definitivamente concludersi con una pronuncia decisoria” (cfr. TAR Sicilia – Catania, n. 2380 del 28 novembre 2006).

 

2. L’ipotesi di appellabilità del decreto sulla misura monocratica

2.1 L’articolo 62 comma 1 del CPA disciplina l’ipotesi di appello al Consiglio di Stato avverso le ordinanze cautelari da proporre nel termine di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza. Pertanto, l’articolo 62 comma 1 del CPA individua le ordinanze cautelari come atti impugnabili, escludendo implicitamente i “decreti cautelari presidenziali”.

2.2 Prima dell’avvento del codice del processo amministrativo e dell’articolo 62 CPA la giurisprudenza amministrativa si era divisa in due orientamenti:

- secondo l’orientamento maggioritario, l’appello era inammissibile avverso il decreto avente ad oggetto misure cautelari, stante il carattere eccezionale di tale provvedimento, nonché la necessità di esaminare la questione innanzi al collegio in camera di consiglio;

- secondo l’orientamento minoritario, il decreto presidenziale in oggetto era appellabile previa la sussistenza di motivi di estrema gravità ed urgenza tali da non consentire l’attesa della camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare.

2.3 Dopo l’avvento del Codice del processo, si è reso evidente, per espressa previsione legislativa (cfr. articolo 56, comma 4 CPA), come il decreto presidenziale monocratico non fosse impugnabile con l’appello al Consiglio di Stato. 

Tuttavia, di recente, il Consiglio di Stato, provocando una sorta di revirement, è giunto a chiarire le condizioni che permettono, eccezionalmente, la proposizione dell’appello avverso un decreto cautelare monocratico (Cons. St., sez. IV, dec. mon., 7 dicembre 2018, n. 5971).

Si trattava del caso di un aspirante avvocato, che aveva richiesto un decreto monocratico che gli permettesse svolgere la prova scritta per l’abilitazione alla professione forense, e che, dopo avere ottenuto un decreto negativo dal TAR, lo contestava proponendo appello al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato si è trovato a dover verificare se fosse appellabile un tale provvedimento in assenza di un’apposita disposizione del Codice del Processo Amministrativo.

Al fine di addivenire ad una soluzione del quesito, il Consiglio di Stato ha mosso dai principi sulla indefettibilità della tutela cautelare nel corso di qualsiasi fase e grado del processo.

Tali principi – desumibili dall’articolo 24 della Costituzione e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo – in particolare rilevano nel processo amministrativo.

Da tali principi è stato riconosciuto che, pur nel silenzio del codice del processo amministrativo, deve essere considerato appellabile un decreto monocratico del TAR, nel rispetto però di certune condizioni. 

Come affermato dal Giudice amministrativo: “l’appellabilità del decreto monocratico del Presidente del TAR va considerata ammissibile esclusivamente quando vi siano eccezionali ragioni d’urgenza, tali da rendere irreversibile – per il caso di mancata emanazione di una misura monocratica in sede d’appello – la situazione di fatto, a causa del tempo che intercorre tra la data di emanazione del decreto appellato e la data nella quale è fissata la camera di consiglio per l’esame della domanda cautelare, da parte del TAR in sede collegiale”.

Non basta.

Il Consiglio di Stato ha comunque tenuto a precisare che il Presidente della Sezione del Consiglio di Stato, se ritiene di accogliere l’appello e di riformare il decreto impugnato, emette una misura che ha unicamente la finalità di evitare che una situazione di fatto diventi irreversibile, e che comunque perde effetti quando il TAR esamina la domanda cautelare nella ordinaria sede collegiale. Ne consegue che il TAR, ove ritenga di non condividere il decreto reso in sede d’appello decide la domanda cautelare posta al suo esame, con la pienezza dei propri poteri.

Allo stesso tempo il decreto cautelare monocratico del Presidente della Sezione del Consiglio di Stato sarà comunque sottoposto all’esame del Collegio e, nel caso di accoglimento dell’appello rivolto contro il decreto del TAR, egli deve fissare senza indugio la camera di consiglio collegiale del Consiglio di Stato, affinché il Collegio valuti (qualora il TAR non si sia già pronunciato in sede collegiale) se ribadire o meno le statuizioni del Presidente, fermo restando in ogni caso il potere del TAR di decidere anche successivamente la fase cautelare.

 

3. Cenni alla tutela cautelare monocratica atipica

3.1 La prassi giurisprudenziale ammette pacificamente la possibilità di accordare misure cautelari atipiche anche nella fase c.d. “monocratica” in cui la decisione compete al solo presidente.

Trattasi, del resto, di una fase, come si è visto, caratterizzata da una “estrema urgenza”, in cui ben può avvertirsi la necessità di un provvedimento atipico.

3.2 Per comprendere come di recente si sia evoluta la prassi giurisprudenziale, si assume in rassegna il recentissimo decreto presidenziale del T.A.R. Molise, 10 giugno 2020, n. 123.

Il provvedimento ha deciso l’istanza di misure cautelari monocratiche ai sensi dell’articolo 56 CPA proposta da un Consorzio avverso i provvedimenti comunali che avevano autorizzato una società delegata ad eseguire opere di connessione alla rete elettrica.

Il consorzio ricorrente ha dedotto l’imminenza del danno irreparabile atteso che la società delegata era in procinto di eseguire le operazioni di esproprio ed aveva già comunicato al privato di voler procedere alla compilazione dello stato di consistenza e alla immediata immissione in possesso dei beni per la realizzazione dei lavori.

Tale attività avrebbe provocato un danno non soltanto considerevole al consorzio, ma anche irreparabile e irreversibile, “consumando così definitivamente l’effetto lesivo dei provvedimenti impugnati”.

La misura classica della sospensione degli atti impugnati in un caso siffatto avrebbe avuto effetti non funzionali a garantire l’effettività della decisione finale.

Sicché, il giudice ha osservato come il danno lamentato potesse essere in questo caso prevenuto e scongiurato inibendo lo svolgimento dei lavori nelle more della celebrazione della camera di consiglio. 

Da qui, l’adozione di quella che viene denominata “smart decision”, una decisione a contenuto plastico, duttile a sufficienza da adattarsi al singolo caso specifico.

È questo infatti lo scopo ultimo della tutela cautelare, anche monocratica, ovvero di assicurare la miglior salvezza dell’effettività della decisione nel merito, bilanciando nelle more gli interessi in gioco.

 

Il punto di vista dell’Autore

La norma in commento comprova la centralità della tutelare cautelare nel processo amministrativo, la quale, in casi di eccezionale gravità ed urgenza, può giustificare l’adozione di misure ad hoc in assenza del contraddittorio delle parti sino ad arrivare all’adozione di misure cautelari c.d. atipiche. Trattasi di una forma di tutela che riflette sempre più l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, la quale restituisce, oggi, un’immagine di una giurisdizione sempre più articolata e complessa, in grado però di adattarsi e prontamente rispondere al contesto emergenziale in atto, senza un irreversibile sacrificio degli interessi delle parti.