x

x

Art. 33

Provvedimenti

1. Il giudice pronuncia:

a) sentenza quanto definisce in tutto o in parte il giudizio;

b) ordinanza quando assume misure cautelari o interlocutorie, ovvero decide sulla competenza;

c) decreto nei casi previsti dalla legge.

2. Le sentenze di primo grado sono esecutive.

3. Le ordinanze e i decreti, se non pronunciati in udienza o in camera di consiglio e inseriti nel relativo verbale, sono comunicati alle parti dalla segreteria nel termine di cui all’articolo 89, comma 3.

4. L’ordinanza che dichiara l’incompetenza indica in ogni caso il giudice competente.

Bibliografia. Aldo Travi, Lezioni di Giustizia Amministrativa, G. Giappichelli Editore, 2016, Luisa Torchia, Le nuove pronunce nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it; Francesco Caringella e Marco Giustiniani, Manuale del processo amministrativo, Dike giuridica editrice, 2 ed. 2017, Roberto Garofoli-Giulia Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto editore, 2017, Rosanna De Nictolis, La tecnica di redazione delle decisioni del giudice amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it

 

Sommario. 1. Le tipologie delle pronunce adottabili: profili generali. 2. La sentenza. 3.  L’ordinanza. 4. Il decreto. 

 

1. Le tipologie delle pronunce adottabili: profili generali.

Il titolo IV, Libro Primo, del Decreto Legislativo. 2 luglio 2010 n. 104 è dedicato alle pronunce giurisdizionali ed ha ad oggetto, nell’ordine, l’elencazione dei provvedimenti adottabili, le sentenze di merito, le pronunce di rito, le pronunce interlocutorie e l’errore scusabile. 

In particolare, con la disposizione in esame, il Codice elenca, in termini generali, i provvedimenti del giudice confermando la tradizionale tripartizione in: sentenze, ordinanze e decreti. 

Come acutamente rilevato in dottrina, il legislatore affida ad un criterio funzionale la distinzione tra la sentenza e l’ordinanza. 

Con la prima si definisce -in tutto o in parte- il giudizio, con la seconda si assumono decisioni non definitive -cautelari, interlocutorie o relative alla competenza – successivamente alle quali il processo prosegue. 

Diverso è, invece, il criterio identificativo del terzo tipo di provvedimento: per il decreto il Codice si limita a rinviare ai “casi previsti dalla legge” (L. Torchia). 

L’articolo 33 CPA pur elencando al suo interno, le diverse tipologie di provvedimenti adottabili dal giudice, non ne detta una disciplina completa.

Il contenuto della sentenza è specificato dall’articolo 88 CPA; per quanto concerne l’ordinanza ed il decreto, invece, in difetto di espresso riferimento normativo ed in considerazione del rinvio esterno operato dall’articolo 39 CPA, è alle disposizioni del codice di procedura che occorre far riferimento ed in particolare agli articoli 134 e 135 c.p.c. 

Da un punto di vista strutturale la sentenza si caratterizza per essere sempre collegiale, il decreto per essere monocratico (presidenziale). L’ordinanza può assumere sia l’una che l’altra forma a seconda del proprio contenuto specifico. Sia la sentenza che l’ordinanza devono essere sempre motivate. (F. Caringella e M Giustiniani).

Il decreto, invece, deve essere motivato solo quando ha contenuto decisorio (es: decreti che dichiarano l’estinzione del processo o la sua improcedibilità, decreti cautelari).

 

2. La sentenza

In base al Codice, il termine “sentenza” designa indifferentemente sia le pronunce del TAR che del Consiglio di Stato che hanno i caratteri indicati dalla norma in esame. 

Come rilevato dalla dottrina, pertanto, è venuta meno per le pronunce del Consiglio di Stato la tradizionale denominazione di “decisione” che era stata introdotta dalla legge Crispi in coerenza con la originaria concezione del carattere amministrativo del ricorso alla Quarta sezione (A.Travi).

La sentenza è il provvedimento con il quale il giudice assolve alla sua funzione giurisdizionale decisoria. Può essere definitiva ovvero non definitiva a seconda che definisca o meno la controversia. Gli articoli dal 34 al 36 CPA individuano i possibili contenuti dei provvedimenti del giudice amministrativo distinguendo tra rito, merito e pronunce interlocutorie. Il contenuto formale della sentenza è disciplinato, invece, in altre norme codicistiche; il riferimento è all’articolo 88 CPA che indica il contenuto ordinario della stessa e all’articolo 74 CPA  rubricato “sentenza in forma semplificata”. 

Entrambe le previsioni nell’imporre, l’una “la concisa esposizione dei motivi in fatto e diritto” e, l’altra, “il sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto decisivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme” sono espressive di due principi cardine del nuovo processo amministrativo: quello della motivazione e quello della sinteticità degli atti (articolo 2 CPA). 

Il dovere di motivazione deriva dalla Costituzione la quale all’articolo 111, comma 6, prevede che “tutti i provvedimenti devono esser motivati”. La sinteticità dei provvedimenti del giudice, invece, riduce i tempi processuali dando così attuazione concreta al principio Cedu, comunitario e costituzionale della ragionevole durata del processo, oggi riprodotto nell’articolo 2 CPA  Gli articoli 89 e 90 CPA sono dedicati, l’uno, alla pubblicazione e comunicazione e, l’altro, alla pubblicità della sentenza. 

Per i riti abbreviati relativi a speciali controversie la norma deve essere integrata con quella speciale prevista per singoli riti. Il riferimento è all’articolo 119 c.p.a “rito abbreviato comune a determinate materie” oltre agli articoli 120 CPA per il rito appalti e agli articoli 129 e 130 CPA per il giudizio elettorale. A norma dell’articolo 33, comma 2, CPA “le sentenze sono esecutive”.

Il legislatore del 2010, uniformandosi a quanto previsto dal processo civile (articolo 282 c.p.c.), nell’ottica della massima valorizzazione dell’effettività della tutela processuale, ha previsto espressamente l’esecutorietà delle sentenze del giudice di primo grado con la conseguenza che le stesse, nonostante la loro provvisorietà (attesa la possibilità di loro riforma in sede di appello) possono essere portate ad esecuzione con il rimedio dell’ottemperanza (articolo 112, comma 1, lett. b.).

 

3. L’Ordinanza

L’ordinanza è il provvedimento che il giudice, a norma dell’articolo 33, comma 1 lett. b), pronuncia quando: “assume misure cautelari o interlocutorie ovvero decide sulla competenza”.  Da un punto di vista contenutistico la norma non è completa. 

In virtù, pertanto, del rinvio esterno operato dall’articolo 39 CPA la disciplina in esame trova il suo completamento nelle disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressioni di principi generali. 

Il riferimento è al Libro I, Titolo VI, Degli atti Processuali, Capo I Delle Forme e degli atti dei provvedimenti, Sezione III Dei provvedimenti, ed in particolare al suo articolo 134 c.p.c. rubricato “Forma, contenuto e comunicazione dell’ordinanza”. La norma così dispone: “L’ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori udienza è scritta in calce al processo verbale, oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente. Il cancelliere comunica alle parti l’ordinanza pronunciata fuori della udienza, salvo che la legge ne prescriva la notificazione”.  

In perfetta assonanza con il disposto da ultimo citato, il comma 3 dell’articolo 33 CPA prevede per le ordinanze pronunciate in udienza o in camera di consiglio l’inserimento nel relativo verbale; in caso contrario le stesse vengono comunicate alle parti dalla segreteria nel termine di cui all’articolo 89, comma 3. 

L’ordinanza che dichiara l’incompetenza (il giudice sulla questione competenza si pronuncia con ordinanza qualora non la decida unitamente ad altre questioni) a norma del 4 comma dell’articolo 33 CPA deve, altresì, indicare il giudice competente al fine di consentire alle parti interessate la riassunzione.

L’ordinanza deve sempre essere motivata. L’articolo 3, 1 comma, CPA, infatti, prevede che “ogni provvedimento decisorio del giudice è motivato”.  

 

4 Il decreto

Il decreto, a norma dell’articolo 33, comma 1, lett. c) è pronunciato dal giudice: “nei casi previsti dalla legge”.  

Tra i casi previsti dalla legge vengono in rilievo i provvedimenti cautelari adottati ante causam (articolo 61 CPA) ed i provvedimenti cautelari monocratici (articolo 56 c.p.a).

Anche per il decreto, al pari dell’ordinanza, l’articolo 33 CPA giusto il rinvio esterno operato dal Codice (articolo 39 CPA) deve essere integrato e completato dalle norme del codice di procedura civile. 

Il riferimento è al Libro I, Titolo VI, Degli atti Processuali, Capo I Delle Forme e degli atti dei provvedimenti, Sezione III Dei provvedimenti, ed in particolare al suo articolo 135 c.p.c. rubricato “Forma e contenuto del decreto”. 

La norma così dispone: Il decreto è pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale della parte. Se è pronunciato su ricorso è scritto in calce al medesimo. Quando l’istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo verbale e il decreto è inserito nello stesso. Il decreto non è motivato salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; è datato ed è sottoscritto dal giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente”.  

La norma processualcivilistica richiamata trova perfetta rispondenza nel 3 comma dell’articolo 33 cp.a. a tenore del quale i decreti “se non pronunciati in udienza o in camera di consiglio e inseriti nel relativo verbale, sono comunicati alle parti dalla segreteria nel termine di cui all’articolo 89 comma 3”. 

Il decreto, a differenza della sentenza è sempre monocratico (presidenziale). Altra differenza rispetto alle forme provvedimentali analizzate in precedenza la si rinviene in punto di motivazione. Il decreto è motivato, nel rispetto dell’articolo 3 CPA, solo quando ha contenuto decisorio: così il decreto che dichiara l’estinzione del giudizio (articolo 85 CPA) ovvero i decreti cautelari (articoli 61 e 56 CPA).

Il punto di vista dell’Autore

L’analisi dell’articolo 33 CPA dimostra come il legislatore del 2010, in attuazione della delega assegnatagli dall’articolo 44 della Legge 18 giugno 2009, n. 69, anche attraverso l’individuazione delle tipologie di provvedimenti adottabili da parte del giudice, abbia voluto assicurare il principio generale, interno, comunitario ed internazionale, dell’effettività della tutela. Una tutela giurisdizionale può ritenersi veramente piena ed effettiva solo a condizione che il soggetto asseritamente leso dall’azione amministrativa possa conoscere prima di agire in giudizio, i tipi di provvedimenti adottabili, il contenuto e gli strumenti azionabili in caso di mancata ottemperanza agli stessi ad opera della Pubblica Amministrazione.