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Art. 35

Pronunce di rito

1. Il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso:

a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;

b) inammissibilità quando è carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia di merito;

c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito. 

2. Il giudice dichiara estinto il giudizio:

a) se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice;

b) per perenzione;

c) per rinuncia.

Bibliografia. Aldo Travi, Lezioni di Giustizia Amministrativa, G. Giappichelli Editore, 2016, Luisa Torchia, Le nuove pronunce nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it; Francesco Caringella e Marco Giustiniani, Manuale del processo amministrativo, Dike giuridica editrice, 2 ed. 2017, Roberto Garofoli-Giulia Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto editore, 2017, Rosanna De Nictolis, La tecnica di redazione delle decisioni del giudice amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it

 

Sommario. 1. Le sentenze di rito: profili generali. 2. Rilevabilità e trattazione delle questioni in rito. 3. Estinzione: a) Mancata riassunzione del processo; b ) Perenzione; c) Rinuncia al ricorso. 

 

1. Le sentenze di rito: profili generali

Il giudice amministrativo, prima di procedere all’esame del merito della domanda, deve verificare che il processo sia stato validamente instaurato e che sussistano le condizioni dell’azione. 

L’articolo 35 CPA contiene una puntuale elencazione dei vari tipi di sentenza di rito (F. Caringella e M. Giustiniani). Una prima tipologia riguarda l’irricevibilità del ricorso per la tardività della notifica o del deposito. Il mancato rispetto dei termini perentori previsti dal Codice per ciascuna azione (rito ordinario articolo 29 e ss CPA e riti speciali art 119 e ss CPA) comporta che il ricorso venga dichiarato, anche d’ufficio, irricevibile.  L’inammissibilità, invece, riguarda: 1) la carenza dell’interesse; 2) la presenza di altre ragioni ostative ad una pronuncia di merito. (difetto di legittimazione attiva, difetto a proporre ricorso, una nullità del ricorso o un difetto di giurisdizione). 

Sotto il primo profilo si deve ricordare che ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 39 CPA e 100 c.p.c.  “per proporre una domanda o per resistere alla stessa è necessario avervi interesse”. L’interesse a ricorrere nel giudizio amministrativo, per pacifica giurisprudenza, richiede i connotati della personalità, dell’attualità e della concretezza della lesione (cfr. Cons. St. sez. V, 2439/2014). La mancanza originaria dei predetti predicati determina l’inammissibilità del ricorso. Si pensi all’impugnativa di un atto endoprocedimentale privo di autonoma portata lesiva. Il ricorso è, del pari, inammissibile allorquando sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito. La casistica è varia: sotto il profilo della carenza della legittimazione a ricorrere si pensi agli enti esponenziali spontanei privi dei parametri richiesti dalla giurisprudenza ai fini dell’effettività rappresentatività dell’ente: finalità statutarie dell’ente, struttura organizzativa stabile e vicinitas: Ad. Plen. 19 ottobre 1979, n. 24; id. Ad.Plen. 2 novembre 2015, n. 9). Ancora: nullità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (articolo 44 e 35 comma 1, lett. b, CPA) ovvero il difetto di giurisdizione.  Il TAR poi deve controllare che il contraddittorio sia stato rispettato; in difetto dello stesso - mancata notifica del ricorso al controinteressato articolo 41 CPA – il ricorso sarà dichiarato inammissibile. 

La declaratoria di improcedibilità, invece, riguarda i casi in cui l’interesse al ricorso viene meno nel corso del giudizio. A differenza della cessazione della materia del contendere (articolo 34, 5 comma, CPA) l’azione spiegata non può conferire alcuna utilità al ricorrente; il suo interesse resta insoddisfatto (Cons. St., sez. V, 1 luglio 2019 n. 4491). Altri casi di improcedibilità si hanno quando non risulta integrato il contraddittorio nei termini indicati (articolo 49, comma 3, CPA) ovvero sopravviene il difetto di legittimazione attiva. Il comma 2 dell’articolo 35 CPA  prevede l’estinzione del giudizio per perenzione, rinuncia ovvero mancata riassunzione nei termini di legge a seguito del verificarsi degli incidenti processuali di cu ial Titolo V, Libro II del Codice (sospensione- interruzione).  

 

2. Rilevabilità e trattazione delle questioni in rito

Tutte le questioni in rito poste a fondamento delle pronunce di cui all’articolo 35 CPA possono essere sollevate, per espressa previsione di legge, anche d’ufficio. La giurisprudenza rinviene l’unica deroga alla regola di cui sopra nell’eccezione di prescrizione, rilevabile solo su istanza di parte a norma dell’articolo 2938 c.c. (Cons. St.  4535/2012). Il giudice, ai sensi dell’articolo 73, 3 comma, CPA “se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, la indica in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest’ultima e con ordinanza assegna alle parti termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie”.  La previsione risponde all’esigenza di assicurare, anche sotto il profilo in esame, il rispetto del contraddittorio quale garanzia del giusto processo (articolo 111 cost.) che permea tutto il processo dalla sua instaurazione fino alla sua decisione.  La circostanza trova conferma nel disposto di cui all’articolo 105, 1 comma, CPA in forza del quale, va annullata con rinvio al giudice di primo grado la sentenza di rito pronunciata d’ufficio senza il rispetto dell’articolo 73, comma 3, CPA (id. Cons. St., 25 marzo 2016, n. 1240). La giurisprudenza ritiene applicabile l’articolo 73, comma 3, cp.a. anche in sede cautelare (Cons. St. sez V, 11 dicembre 2013, n. 5956). Ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 76, comma 4, CPA e 276, comma 2, c.p.c. il giudice “decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e quindi il merito della causa”, dando la priorità all’accertamento dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell’azione (Cons St. Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9). L’eccezione del difetto di giurisdizione va analizzata, sia in primo che in secondo grado per prima; solo la declaratoria di incompetenza del TAR ha carattere prioritario, dovendo il difetto di giurisdizione essere dichiarato dal TAR competente. (TAR Lazio, ord. 18 dicembre 2013, n. 10922).

 

3. Estinzione: a) Mancata riassunzione del giudizio; b) Perenzione; c) Rinuncia al ricorso

Il giudice dichiara estinto il giudizio: a) “se nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto  nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice; b) per perenzione; c) rinuncia.(articolo 35, comma 2, lett.a, b e c), CPA). 

a) Mancata riassunzione del giudizio. Il Titolo V del Libro II del Codice contiene la disciplina degli incidenti processuali (sospensione e interruzione del giudizio, articoli 79 e 80 CPA). Sia per la disciplina della sospensione che della interruzione il Codice rinvia alle norme del codice di procedura civile per la individuazione delle cause di sospensione (articolo 295 c.p.c.) ed interruttive (articolo 299 e ss. c.p.c.). Il giudizio, sospeso ovvero interrotto, deve essere riassunto nei termini indicati dall’articolo 80 CPA La mancata ovvero la tardiva riassunzione determina l’estinzione del giudizio. 

b) Perenzione. La perenzione, disciplinata dagli articoli 81-83 CPA e dall’articolo 1, all.3 del Codice, è causa di estinzione del processo per abbandono del ricorso ovvero per il protrarsi del mancato impulso processuale di parte oltre i termini previsti (F. Caringella e M. Giustiniani). 

Si rinvia per una corretta analisi dell’istituto alla lettura degli articoli 81-83 CPA e all’articolo 1, all.3 del Codice per la perenzione c.d. transitoria. Qui, per quanto di interesse, occorre rilevare che - se nei termini di legge indicati non viene compiuto alcun atto di impulso di parte - il processo viene dichiarato estinto per perenzione.

c) Rinuncia al ricorso. L’istituto è disciplinato dall’articolo 84 CPA  Si è in presenza di un atto volontario con cui la parte, con le forme e nel rispetto delle modalità di cui all’articolo 84 CPA, manifesta il venir meno dell’interesse al ricorso. (Cons. St., sez. V, 19 giugno 2009, n. 4111).

Occorre, infine, rilevare che la rinuncia manifestata in spregio delle condizioni di legge non vale come rinuncia ma può essere valutata quale elemento sintomatico della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della causa (articolo 84, comma 4, CPA). In tal caso il processo si chiuderà con sentenza di improcedibilità (articolo 35, comma1, lett. c) e non di estinzione per rinuncia. 

 

Il punto di vista dell’Autore

L’analisi dell’articolo 35 CPA dimostra come il Codice, conformemente a quanto previsto nel codice di procedura civile, consenta l’adozione di sentenze che, nell’accertare vizi di natura processuale, chiudono la vicenda processuale senza decidere il merito della controversia.  Molto importante, sotto il profilo della satisfattività o meno dell’interesse del ricorrente è la distinzione tra la declaratoria di cessata materia del contendere e di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse. 

La distinzione può essere colta attraverso la lettura della recente sentenza del Cons. Stato sez. V, 14 ottobre 2019, n. 6952 a mente della quale “solo nel caso di cessata materia del contendere la pretesa del ricorrente risulta pienamente soddisfatta”.