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Art. 26 - Intestazione fittizia

1. Quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione.

2. Ai fini di cui al comma 1, fino a prova contraria si presumono fittizi:

a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado;

b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione.

Rassegna di giurisprudenza

Dichiarazione di nullità degli atti dispositivi fittizi

Sulla base delle presunzioni previste dall’art. 26 «si introduce un’inversione dell’onere della prova a carico del terzo, intestatario formale, che deve dimostrare il carattere reale, non fittizio, dell’atto di disposizione, deducendo la fonte dei mezzi di pagamento o della capacità reddituale idonea a giustificare l’acquisto con risorse proprie e commisurate al valore del bene. Se la prova è fornita, la confisca non può essere pronunciata perché il bene deve reputarsi appartenere effettivamente al terzo (anche se il proposto può subire, comunque, la confisca per equivalente); se la prova non è fornita, il giudice ordina la confisca, perché il bene si presume del proposto, e dichiara la nullità dell’atto di trasferimento»; in particolare, hanno osservato le Sezioni unite (SU, 12621/2017), l’art. 26, comma 2, lett. a), «introduce nel sistema un’ulteriore presunzione, dotata di propria autonomia, che se, da un lato, non fa venire meno quella prevista dall’art. 19, comma 3, dall’altro lato, si estende su una più ampia platea di soggetti (l’ascendente, i parenti entro il sesto grado e gli affini entro il quarto), per i quali sono presunte iuris tantum le operazioni intervenute a qualunque titolo, gratuito ovvero oneroso, entro un arco temporale definito nei due anni antecedenti la presentazione della proposta» (Sez. 5, 4052/2019).

 

Atti che si presumono fittizi

L’individuazione in termini economici e non semplicemente relazionali ed occasionali della nozione di disponibilità – contenuta nell’art. 24 – non può che qualificare il detto concetto nel senso di indicatore della provenienza delle risorse economiche investite dal soggetto pericoloso; in caso di misure ablatorie di beni intestati a terzi, inoltre, la dimostrazione della sussistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi del carattere puramente formale dell’intestazione deve essere assolutamente rigorosa ed approfondita, avendo il giudice l’onere di delineare compiutamente la sussistenza di un comportamento uti dominus in contrasto con l’apparente titolarità del terzo.

Detta dimostrazione, ovviamente, non può prescindere dalla peculiarità dei beni sottoposti a confisca, relativamente ai quali gli indizi, come detto, dovranno essere connotati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza in riferimento al prospettato impiego di risorse provenienti dal soggetto pericoloso, per l’acquisto, la realizzazione, le migliorie dei beni specificamente sottoposti ad ablazione.

Ovviamente, in tale contesto, l’analisi economica della capacità reddituale del terzo ipotizzato quale intestatario formale appare fondamentale, posto che la sproporzione tra il valore del bene o dell’attività economico–finanziaria ed il reddito del terzo intestatario costituisce un indice sintomatico della fittizietà di detta intestazione, potendo, in detto contesto, il titolare formale allegare circostanze di fatto che tendano a dimostrare la coincidenza tra l’intestazione e l’impiego di risorse proprie (Sez. 5, 43405/2019).

Se risponde certamente all’interesse generale rimuovere dal circuito economico beni illecitamente acquistati e se è vero che il ricorso a presunzioni, ai fini dell’individuazione dell’origine illecita dei beni, è stato ripetutamente riconosciuto legittimo dalla Corte EDU (da ultimo, sentenza 17/06/2014, Cacucci c. Italia) ed è espressamente previsto nella Direttiva 2014/42/UE, approvata dal Parlamento europeo il 25 febbraio 2014, ciò che assicura la tenuta del sistema e la sua conformità alla Costituzione, ed anche ai principi dell’ordinamento sovranazionale, è il riconoscimento al soggetto inciso della facoltà di prova contraria, che rende quella presunzione meramente relativa.

Dunque, nel caso in cui il proposto (e/o il terzo interessato) alleghi in modo idoneo l’origine lecita dei fondi investiti, la confisca dell’intero capitale sociale e di tutto il patrimonio di tale impresa non può prescindere dall’accertamento, secondo i canoni probatori innanzi ricordati, della sproporzione degli investimenti iniziali, ovvero dalla loro caratterizzazione quale frutto o reimpiego di reati. In altre parole, perché non abbia carattere sanzionatorio, la confisca di prevenzione deve conseguire alla presunzione legale di sproporzione degli acquisti/investimenti non smentita da idonea allegazione contraria, ovvero alla conferma indiziaria della loro illecita origine (Sez. 5, 43405/2019).

L’irrilevanza di eventuali ricavi da evasione fiscale (Sez. 6, 4908/2016; SU, 33451/2014) non è limitata ai redditi del proposto, ma riguarda tutti i redditi che concorrono all’accertamento della sproporzione e, dunque, anche quelli del famigliare o del terzo che risulti intestatario fittizio del bene in favore del proposto perché, altrimenti, sarebbero illogicamente poste nel nulla sia la presunzione di interposizione che colpisce i familiari e il coniuge — basata sulla massima di comune esperienza della comunanza di interessi patrimoniali e di redditi nell’ambito dell’unità familiare entro cui si colloca la persona socialmente pericolosa — , sia la presunzione di interposizione del terzo accertata ex art. 26 (Sez. 1, 12629/2019). 

In tema di misure di prevenzione patrimoniale, la “disponibilità” dei beni — che costituisce il presupposto per la confisca in capo alla persona pericolosa di quelli di cui si sospetta la provenienza illecita — non deve, necessariamente, concretarsi in situazioni giuridiche formali, essendo sufficiente che il prevenuto possa di fatto utilizzarli, anche se formalmente appartenenti a terzi, come se ne fosse il vero proprietario. Nei confronti del coniuge, dei figli e dei conviventi siffatta disponibilità è presunta, senza necessità di specifici accertamenti, dal momento che l’art. 2–bis L. 575/1965 considera separatamente dette persone rispetto a tutte le altre, fisiche o giuridiche, della cui interposizione fittizia, invece, devono risultare gli elementi di prova.

Rispetto a tale orientamento, che oggi riposa sulla previsione di cui all’art. 26, comma 2, si è osservato che, in materia di misure di prevenzione patrimoniali, il rapporto esistente tra il proposto ed il coniuge, i figli e gli altri conviventi costituisce, pur al di fuori dei casi delle specifiche presunzioni di cui all’art. 2–ter, comma 13, L. 575/1965 (ora art. 26, comma 2), una circostanza di fatto significativa della fittizietà dell’intestazione di beni dei quali il proposto non può dimostrare la lecita provenienza, sempre che il terzo familiare convivente, che risulta formalmente titolare dei cespiti, sia sprovvisto di una effettiva capacità economica, orientamento quest’ultimo del tutto condivisibile (Sez. 5, 32017/2019).

L’art. 19, comma 3, prevede il potere di svolgere speciali indagini nei confronti del coniuge, dei figli e degli altri soggetti che abbiano convissuto nell’ultimo quinquennio con il proposto stesso.

Essa norma trova il suo precedente storico nel terzo comma dell’art. 2–bis L. 575/1965 del cui testo la disposizione sopravvenuta è meramente ricognitiva. In giurisprudenza si è osservato che il legislatore postulava, infatti, che l’indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso facesse in modo che i beni illecitamente ottenuti apparissero formalmente nella disponibilità giuridica delle persone di maggior fiducia, ossia i conviventi, sui quali gravava, pertanto, l’onere di dimostrare l’esclusiva disponibilità del bene per sottrarlo alla confisca.

In realtà si era affermato che il requisito della disponibilità diretta o indiretta della res oggetto di intervento in rem dovesse ritenersi presunto senza necessità di altri specifici accertamenti per i beni formalmente intestati al coniuge, ai figli e agli altri conviventi nell’ultimo quinquennio, perché soggetti considerati, nel linguaggio normativo, in termini diversi dagli altri terzi per i quali, al contrario, dovevano risultare elementi di prova circa la disponibilità concreta da parte dell’indiziato.

Con maggiore precisione si è, altresì, ritenuto che in materia di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini della confisca prevista dall’art. 2–bis, comma 3, L. 575/1965, l’accertamento giudiziale della disponibilità, in capo al proposto, dei beni formalmente intestati a terzi, operasse diversamente per il coniuge, i figli ed i conviventi di quest’ultimo, rispetto a tutte le altre persone fisiche o giuridiche, in quanto nei confronti dei primi siffatta disponibilità era legittimamente presunta, senza la necessità di specifici accertamenti, quando risultasse l’assenza di risorse economiche proprie del terzo intestatario, mentre, con riferimento alle seconde, si sarebbero dovuti acquisire specifici elementi di prova circa il carattere fittizio dell’intestazione.

Contrariamente, nella interpretazione della disposizione non sono mancate decisioni che hanno spiegato come, in caso di beni intestati al terzo, che si assumevano nella disponibilità di persona sottoposta a misura di prevenzione personale (in quanto indiziata di appartenere ad associazione di tipo mafioso) e, come tali, soggetti a confisca ove non se ne fosse dimostrata dall’interessato la legittima provenienza, l’indagine al fine di disporre la misura di prevenzione reale dovesse essere rigorosa.

Ciò specie nelle ipotesi in cui il terzo intestatario fosse un estraneo che non aveva vincoli “lato sensu” di parentela o di convivenza con il proposto nell’ultimo quinquennio.

Invero, non è senza significato la distinzione che fa il terzo comma dell’art. 2–bis L. 575/1965 fra persone che hanno vincoli con il proposto, sicché è più accentuato il pericolo della fittizia intestazione innfraquinquennale e più probabile l’effettiva disponibilità da parte del medesimo, e persone diverse dal coniuge, dai figli e dai conviventi.

In tali situazioni la confisca investe (o può investire) beni che in tutto o in parte sono (o possono essere) nella titolarità di soggetto che non è indiziato di appartenenza ad associazione di tipo mafioso, sicché manca nei suoi confronti la misura di prevenzione personale e non lo si può, quindi, gravare di quella patrimoniale, imputandogliela con metodologia tipica della prova che afferisce al giudizio di pericolosità e, cioè, sulla base di presunzioni connesse a tale giudizio.

Ebbene alla luce di principi siffatti che possono essere richiamati in termini sostanzialmente analoghi anche dopo l’entrata in vigore del Decreto 159/2011 e dell’art. 19, comma 3, si deve annotare che la disposizione da ultimo richiamata non individua, affatto, una presunzione in senso stretto analoga a quella di appartenenza al proposto dei beni intestati a coniuge, figli o conviventi nel quinquennio.

Lo statuto speciale che figura nella norma in esame (art 19, comma 3) è relativo al solo regime particolare delle indagini di cui i terzi anzidetti sono destinatari, in ragione del legame di parentela, coniugio o convivenza che li collega al proposto.

Piuttosto la mancata giustificazione dei redditi o di capacità patrimoniali, può essere valutata e impiegata come indicatore che dia conto, in fatto, unita ad altri elementi dimostrativi, dell’incapacità patrimoniale e dell’impossibilità di produrre reddito da accumulare per determinate forme di investimento, là dove il valore dei beni stessi risulti, comunque, ad esso sproporzionato o non conforme al reddito disponibile di genesi lecita, ma non è sufficiente da sola a legittimare anche l’affermazione che essi effettivamente appartengano a persona diversa, specie se tra questo e i terzi non v’è alcuna comunanza di vita.

Ciò vale vieppiù all’indomani dell’introduzione della fattispecie dei trasferimenti fittizi e del regime specifico di presunzioni trasfuso nell’art. 26. Diversamente da quanto indicato dall’art. 19, comma 3, pertanto, è il solo art. 26 che istituisce forme di presunzioni relative per i casi espressamente tipizzati, che non risultano suscettibili di applicazione analogica.

In realtà si è precisato che il rapporto esistente fra il proposto ed il coniuge, i figli e gli altri conviventi costituisce, pur al di fuori dei casi oggetto delle specifiche presunzioni di cui all’art. 26, comma 2, una circostanza di fatto significativa, con elevata probabilità, della fittizietà della intestazione di beni dei quali il proposto non può dimostrare la lecita provenienza, quando il terzo familiare convivente, che risulta formalmente titolare dei cespiti, è sprovvisto di effettiva capacità economica.

Deve trattarsi, tuttavia, di una condizione di incapienza patrimoniale del terzo legato da vincolo di parentela o convivenza che rilevi oggettivamente in funzione del giudizio di sproporzione e che sia tale da dimostrare ex se attraverso l’inferenza logica una disponibilità del bene in capo al proposto.

Là dove faccia difetto una situazione obiettiva con connotazioni siffatte non può procedersi al richiamo di meccanismi presuntivi, per dedurre il requisito obiettivo di disponibilità della res in capo all’indiziato e per ritenere, pertanto, fittizia l’intestazione dei beni che risultino nella formale titolarità del parente o del convivente, al più esposto per voluntas legis alle speciali indagini (Sez. 1, 26872/2019).

Il sequestro e la confisca possono avere ad oggetto i beni del coniuge, dei figli e degli altri conviventi, dovendosi ritenere che il prevenuto ne abbia la disponibilità facendoli apparire formalmente come beni nella titolarità delle persone di maggior fiducia, sui quali pertanto grava l’onere di dimostrare l’esclusiva disponibilità del bene per sottrarlo alla confisca; in effetti, l’accertamento giudiziale della disponibilità, in capo al proposto, dei beni formalmente intestati a terzi opera diversamente per il coniuge, i figli ed i conviventi di quest’ultimo, rispetto a tutte le altre persone fisiche o giuridiche, in quanto nei confronti dei primi siffatta disponibilità è legittimamente presunta senza la necessità di specifici accertamenti, quando risulti l’assenza di risorse economiche proprie del terzo intestatario, mentre, con riferimento alle seconde, devono essere acquisiti specifici elementi di prova circa il carattere fittizio dell’intestazione ; quindi, una presunzione di “disponibilità” dei beni da parte del prevenuto – senza necessità di specifici accertamenti – in assenza di elementi contrari (Sez. 1, 19328/2019).

L’applicabilità dell’art. 26, comma 2 – che prevede presunzioni d’interposizione fittizia destinate a favorire l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali antimafia – non impedisce di configurare il delitto di cui all’art. 12–quinquies L. 356/1992, trattandosi di norme relative a situazioni aventi presupposti operativi ed effetti completamente differenti (SU, 12621/2017). Com’è noto, l’art. 12–quinquies citato è stato abrogato e sostituito, con identica formulazione, dall’art. 512–bis CP.

In secondo luogo, lo “scopo elusivo” che connota il dolo specifico prescinde dalla concreta possibilità dell’adozione di misure di prevenzione patrimoniali all’esito del relativo procedimento, essendo integrato anche soltanto dal fondato timore dell’inizio di esso, a prescindere da quello che potrebbe esserne l’esito.

Inoltre, il delitto di trasferimento fraudolento di valori è un reato di pericolo– astratto, essendo sufficiente, per la sua commissione, che l’agente, sottoposto o sottoponibile ad una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il pericolo di elusione della misura va compiuta ex ante, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio–temporale.

Infine, la struttura del reato ora previsto dall’art. 512–bis CP, a concorso necessario, non esclude l’ipotesi che il terzo intestatario risulti non punibile per mancanza di dolo, ferma restando la responsabilità dell’altro, essendo «ben possibile che il terzo difetti della consapevolezza necessaria ad integrare l’elemento soggettivo del reato sotto il profilo della finalità di eludere l’applicazione delle disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, per le più svariate ragioni, anche per essere stato ingannato dal concorrente necessario (o per essere, ad esempio, stati prospettati al terzo intestatario ragioni di natura fiscale per procedere alla fittizia intestazione) (Sez. 1, 14100/2019).

Precise indicazioni, in tema di presunzioni, sono offerte dall’art. 26, comma 2, il quale riproduce testualmente quanto previsto dall’art. 10, comma 3, DL 92/2009, convertito con modificazioni, con L. 125/2009, nella parte in cui aveva introdotto il quattordicesimo comma all’art. 2–ter L. 575/1965, e successive modificazioni.

Secondo le due disposizioni, di identica formulazione letterale, «fino a prova contraria si presumono fittizi: a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente, dei coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado; b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione».

La disposizione e, più in generale, il tema dell’accertamento della natura fittizia o reale dei trasferimenti e delle intestazioni di beni ai fini dell’applicazione della confisca di prevenzione, hanno costituito oggetto di approfondito esame da parte delle Sezioni unite (SU, 12621/2017).

Questa decisione, innanzitutto, in riferimento alle nozioni di «trasferimenti» e «intestazioni», ha precisato: «La particolare ampiezza della formulazione — che utilizza la dizione congiunta “trasferimenti” e “intestazioni” – sta ad indicare lo sforzo del legislatore di ricomprendervi, alla stregua dell’id quod plerumque accidit, qualunque atto idoneo a determinare la disponibilità formale del bene in capo ad altri, valorizzando, sul piano interpretativo, la ratio antielusiva della norma».

Con riguardo all’accertamento della fittizietà dell’intestazione o del trasferimento, le Sezioni unite hanno affermato che «l’art. 26, comma 2, lett. a), introduce nel sistema un’ulteriore presunzione, dotata di propria autonomia, che se, da un lato, non fa venire meno quella prevista dall’art. 19, comma 3, – relativa a determinate figure soggettive (coniuge, figli e coloro che, nell’ultimo quinquennio, hanno convissuto con il proposto) per le quali continua ad essere previsto l’obbligo delle indagini patrimoniali –, dall’altro lato, si estende su una più ampia platea di soggetti (l’ascendente, i parenti entro il sesto grado e gli affini entro il quarto), per i quali sono presunte iuris tantum le operazioni intervenute a qualunque titolo, gratuito ovvero oneroso, entro un arco temporale definito nei due anni antecedenti la presentazione della proposta».

Hanno peraltro evidenziato, richiamando precedenti decisioni delle sezioni semplici, che «il rapporto esistente fra il proposto e il coniuge, i figli e gli altri conviventi, costituisce, pur al di fuori dei casi oggetto delle specifiche presunzioni di cui all’art. 26, comma 2, d.Lgs. cit., una circostanza di fatto significativa, con elevata probabilità, della fittizietà della intestazione di beni dei quali il proposto non può dimostrare la lecita provenienza, quando il terzo familiare convivente, che risulta formalmente titolare dei cespiti, è sprovvisto di effettiva capacità economica».

Con riferimento a tale profilo, hanno anche rilevato che, così come osservato dalla giurisprudenza, fuori del caso previsto dall’art. 26, comma 2, «i rapporti di parentela affinità e convivenza ivi esplicitati», pur non giustificando l’inversione probatoria imposta ex lege dal meccanismo delle presunzioni, «finiranno per costituire uno dei possibili momenti logici utili per pervenire alla possibile affermazione della interposizione senza che operi la presunzione di legge».

In questa prospettiva, situazioni concretamente rilevanti ai fini del carattere puramente formale dell’intestazione possono essere costituite sia dalle «relazioni in ambito familiare», sia «dalla eventuale intromissione del proposto nella gestione del bene», sia, ancora, «dalla incapacità del terzo, sotto il profilo economico, di acquisirne la titolarità, specie nell’ipotesi in cui il terzo intestatario non alleghi circostanze idonee a prospettare una diversa configurazione del rapporto, o una diversa provenienza delle risorse necessarie all’acquisto del bene».

La decisione delle Sezioni unite precisa poi che detti elementi, «specie se esaminati unitariamente, contribuiscono a formare la prova necessaria per la individuazione del reale dominus dell’operazione e la conseguente adozione del provvedimento ablativo».

Nella medesima pronuncia si è precisato che le presunzioni di fittizietà non possono estendersi agli atti traslativi compiuti da chi, come erede o terzo avente causa, abbia derivato i propri diritti dal soggetto che è o è stato pericoloso: si osserva, in particolare, che le disposizioni da cui desumere le presunzioni, sono circoscritte, anche nella loro «formulazione letterale, alla relazione che stringe i soggetti ivi indicati al proposto», e, quindi, rivestono «una portata eccezionale come tale non suscettibile di applicazioni analogiche o estensive».

Per concludere si ribadisce che la presunzione di fittizietà dell’intestazione o del trasferimento opera esclusivamente per gli atti compiuti nel biennio antecedente la presentazione della proposta di applicazione della misura di prevenzione; per gli atti compiuti in epoca anteriore, invece, il rapporto di parentela o di affinità costituisce un elemento di valutazione significativo, ma da solo non sufficiente per affermare la natura apparente dell’interposizione.

D’altro canto, se non si accedesse a questa conclusione, si priverebbe di utile significato la disciplina dettata dal sistema normativo: il legislatore, infatti, pone espressamente la presunzione di fittizietà – fino a prova contraria – nelle sole ipotesi previste dall’art. 26, comma 2, lett. a) e b), mentre all’art. 17, comma 3, si limita a disporre l’obbligo di svolgimento di indagini nei confronti del coniuge, dei figli, e di coloro che nell’ultimo quinquennio hanno convissuto con il proposto (oltre che delle società e degli enti di cui il medesimo risulta poter disporre, in tutto o in parte, direttamente o indirettamente).

Si ribadisce, inoltre, che ulteriori elementi di valutazione apprezzabili ai fini dell’individuazione della natura fittizia dell’intestazione o del trasferimento, che si affiancano a quello integrato dalle relazioni familiari, sono costituiti, così come puntualmente segnalato dalle Sezioni unite, «dalla eventuale intromissione del proposto nella gestione del bene», e dalla incapacità patrimoniale e finanziaria del terzo ad acquisire la titolarità della cosa.

Si aggiunge, infine, che un altro dato valutabile è quello consistente nella dismissione del bene da parte del potenziale proposto in pendenza di un’indagine nei suoi confronti, e a lui nota, per il delitto di cui all’art. 416–bis CP, posto che a questa ordinariamente consegue l’adozione di misure patrimoniali in sede penale e di prevenzione.

D’altra parte, per quanto concerne la possibilità di disporre la confisca dei beni nei confronti dei più stretti famigliari del proposto, deve ricordarsi che la giurisprudenza è da sempre orientata nel ritenere giustificata, in forza del rapporto di coniugio e di filiazione, la presunzione d’intestazione fittizia (da ultimo Sez. 1, 5184/2016, secondo la quale “In materia di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini della confisca prevista dall’art. 2–bis, comma 3, L. 575/1965, l’accertamento giudiziale della disponibilità, in capo al proposto, dei beni formalmente intestati a terzi, opera diversamente per il coniuge, i figli ed i conviventi di quest’ultimo, rispetto a tutte le altre persone fisiche o giuridiche, in quanto nei confronti dei primi siffatta disponibilità è legittimamente presunta senza la necessità di specifici accertamenti, quando risulti l’assenza di risorse economiche proprie del terzo intestatario, mentre, con riferimento alle seconde, devono essere acquisiti specifici elementi di prova circa il carattere fittizio dell’intestazione” (Sez. 1, 12629/2019).

 

Linee guida, circolari e prassi

G. Muntoni (presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma), “Giurisprudenza e prassi operative del tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione”, relazione tenuta per il corso su “Misure di prevenzione patrimoniale: potenzialità e problematiche del contrasto ai patrimoni illeciti” organizzato dalla Scuola superiore della magistratura, 6 giugno 2019, reperibile al seguente link: https://www.fondazioneforensefirenze.it/uploads/fff/files/2019/2019_06%20–%20Giugno/13%20–%20Misure%20di%20prevenzione/Relazione%20–%20Dott_%20Guglielmo%20Muntoni.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna, “Nuova disciplina delle misure di prevenzione: problematiche organizzative e operative”, nota n. 6815 del 10 novembre 2017, reperibile al seguente link: http://www.procura.bologna.giustizia.it/allegatinews/A_16709.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna, “Nuova disciplina delle misure di prevenzione: l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario”, nota n. 5810 dell’8 novembre 2018, reperibile al seguente link: http://www.procura.bologna.giustizia.it/allegatinews/A_21020.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, “Quinta lettera di prevenzione”, novembre 2018, reperibile al seguente link: http://www.osservatoriomisurediprevenzione.it/prassi–e–documenti/