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Art. 27 - Comunicazioni e impugnazioni

1. I provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, l’applicazione, il diniego o la revoca del sequestro, il rigetto della richiesta di confisca anche qualora non sia stato precedentemente disposto il sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o l’esecuzione sui beni costituiti in garanzia sono comunicati senza indugio al procuratore generale presso la corte di appello, al procuratore della Repubblica e agli interessati. (2)

2. Per le impugnazioni contro detti provvedimenti si applicano le disposizioni previste dall’articolo 10. I provvedimenti che dispongono la confisca dei beni sequestrati, la confisca della cauzione o l’esecuzione sui beni costituiti in garanzia diventano esecutivi con la definitività delle relative pronunce.

3. I provvedimenti del tribunale che dispongono la revoca del sequestro divengono esecutivi dieci giorni dopo la comunicazione alle parti, salvo che il pubblico ministero, entro tale termine, ne chieda la sospensione alla corte di appello. In tal caso, se la corte entro dieci giorni dalla sua presentazione non accoglie la richiesta, il provvedimento diventa esecutivo; altrimenti la esecutività resta sospesa fino a quando nel procedimento di prevenzione sia intervenuta pronuncia definitiva in ordine al sequestro. Il provvedimento che, accogliendo la richiesta del pubblico ministero, sospende l’esecutività può essere in ogni momento revocato dal giudice che procede.

3–bis. I provvedimenti della corte di appello che, in riforma del decreto di confisca emesso dal tribunale, dispongono la revoca del sequestro divengono esecutivi dieci giorni dopo la comunicazione alle parti, salvo che il procuratore generale, entro tale termine, ne chieda la sospensione alla medesima corte di appello. In tal caso, se la corte entro dieci giorni dalla sua presentazione non accoglie la richiesta, il provvedimento diventa esecutivo; altrimenti l’esecutività resta sospesa fino a quando nel procedimento di prevenzione sia intervenuta pronuncia definitiva. (3)

4. In caso di impugnazione, il cancelliere presso il giudice investito del gravame dà immediata notizia al tribunale che ha emesso il provvedimento della definitività della pronuncia.

5. Dopo l’esercizio dell’azione di prevenzione, e comunque quando il pubblico ministero lo autorizza, gli esiti delle indagini patrimoniali sono trasmessi al competente nucleo di polizia economico–finanziaria della Guardia di Finanza a fini fiscali. (1)

6. In caso di appello, il provvedimento di confisca perde efficacia se la corte d’appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso. Si applica l’articolo 24, comma 2.

6–bis. Nel caso di annullamento del decreto di confisca con rinvio al tribunale, anche ove disposto ai sensi dei commi 2–bis e 3–bis dell’articolo 10, il termine previsto dal comma 2 dell’articolo 24 decorre nuovamente dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso. (4)

(1) Nel presente provvedimento le parole: «nucleo di polizia tributaria» sono state sostituite dalle seguenti: «nucleo di polizia economico–finanziaria», ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 8, lett. a), D. LGS. 95/2017.

(2) Comma così sostituito dall’ art. 6, comma 1, lett. a), L. 161/2017.

(3) Comma inserito dall’ art. 6, comma 1, lett. b), L. 161/2017.

(4) Comma aggiunto dall’ art. 6, comma 1, lett. c), L. 161/2017.

Rassegna di giurisprudenza

Principio di tassatività dei mezzi di impugnazione

II principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (affermato dall’art. 568, comma 1, CPP) deve intendersi come principio generale del sistema processuale penale, efficace anche per le varie procedure disciplinate da normative speciali e tra queste le misure di prevenzione (Sez. 6, 33235/2015).

 

Ampliamento dell’area dei provvedimenti appellabili apportato dalla L. 161/2017

È opportuno rilevare che con la L. 161/2017, entrata in vigore il 19 novembre 2017, l’art. 27 è stato parzialmente modificato, nel senso che è stato ampliato l’ambito dei provvedimenti appellabili, prevedendo l’appello anche per i provvedimenti con cui viene applicato, negato o revocato il sequestro (Sez. 5, 38911/2019).

 

Soggetti legittimati all’impugnazione

…Proposti

In materia di misure di prevenzione, nel caso di confisca di un bene ritenuto fittiziamente intestato a terzi, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione del proposto, che si limiti a dedurre l'insussistenza del rapporto fiduciario e, quindi, la titolarità effettiva del bene in capo al terzo intestatario; è invece ammissibile il ricorso del proposto che, senza negare l'esistenza del rapporto fiduciario, alleghi di aver acquistato i beni lecitamente, essendo portatore, in questo caso, di un interesse proprio all'ottenimento di una pronuncia che accerti la mancanza delle condizioni legittimanti l'applicazione del provvedimento (Sez. 6, 17849/2020).

Nel procedimento di prevenzione, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di confisca di beni formalmente intestati a terzi dal soggetto presunto interponente, che assuma l’insussistenza del rapporto fiduciario e, quindi, la titolarità effettiva ed esclusiva dei beni in capo al terzo intestatario, in quanto la legittimazione all’impugnazione spetta solo a quest’ultimo, quale unico soggetto avente, in ipotesi, diritto alla restituzione del bene (Sez. 5, 8922/2016).

In tema di misure di prevenzione patrimoniali, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione del proposto avverso il decreto di confisca di un bene ritenuto fittiziamente intestato a terzi, quando lo stesso abbia assunto una posizione processuale meramente adesiva a quella di chi è stato giudicato formalmente interposto, dovendosi in tal caso riconoscersi la legittimazione al solo apparente intestatario che è l’unico soggetto avente diritto all’eventuale restituzione del bene (Sez. 6, 48274/2015).

 

…Terzi interessati

È inammissibile l’impugnazione proposta avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca dal difensore del terzo interessato non munito di procura speciale; né, in tal caso, può trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 182, comma 2, CPC, per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza (Sez. 5, 12220/2014).

Si tratta di un indirizzo ormai definitivamente consacrato con un condivisibile arresto in cui si è rilevato come, nel caso di impugnazione proposta in mancanza di procura speciale dal difensore del terzo interessato contro un provvedimento di confisca di prevenzione – che deve essere rilasciata nelle forme di cui all’art. 100, CPP, e non va confusa con la mera nomina di un difensore – il giudice debba dichiarare immediatamente l’inammissibilità del gravame, non trovando applicazione la disposizione di cui all’art. 182, comma 2, CPC  (“Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa”), né per il ricorso per cassazione né per ogni altra impugnazione, non apparendo possibile distinguere fra il primo e le altre impugnazioni.

Va rilevato, per completezza, che le Sezioni unite evidenziano anche che l’interpretazione scelta non si pone in contrasto con le indicazioni desumibili da pronunzie della Corte EDU, rilevando come non sia configurabile alcuna irragionevole limitazione del diritto di accesso al giudice nel richiedere da parte del terzo interessato il rilascio di procura speciale e nell’impossibilità di sanare successivamente il mancato rilascio di tale procura.

Ed invero, la Corte EDU, nella pronunzia Faltejsek c. Repubblica Ceca, 15 maggio 2008, ha affermato l’esigenza che le limitazioni al diritto di accesso al giudice siano stabilite in modo chiaro e prevedibile e, pertanto, alla stregua di una giurisprudenza non ondivaga ma certa e specifica.

Nel caso in esame l’art. 100 CPP, è norma chiara e specifica e le oscillazioni giurisprudenziali, peraltro minoritarie, non riguardano l’interpretazione della stessa nel senso di contrasto sulla necessità della procura speciale, ma soltanto la possibilità o meno di una sanatoria, che non fa venire meno l’opportunità di cautela della parte ricorrente (SU, 47239/2014). (Sez. 5, 11427/2016).

Nel procedimento di prevenzione patrimoniale, la posizione del terzo intestatario di beni raggiunti dal sospetto di derivazione dall’azione illecita del proposto è posizione «autonoma» sul piano dell’esercizio dei diritti e delle facoltà processuali.

Il terzo proprietario o comproprietario dei beni sequestrati è infatti chiamato ad intervenire ai “sensi dell’art. 23, comma 2, e tale norma – di esclusiva applicazione nel procedimento di prevenzione patrimoniale – consente al terzo l’esercizio del diritto di difesa già durante il primo grado di giudizio.

Lì dove il terzo – inciso dalla decisione in un suo diritto – non sia stato chiamato ad intervenire resta titolare della facoltà di proporre incidente di esecuzione avverso il provvedimento definitivo.

Ora, da tale assetto deriva che anche nell’esercizio della generale facoltà di impugnazione di cui all’art. 10 la posizione del terzo va mantenuta autonoma rispetto a quella del destinatario del provvedimento di prevenzione personale, dovendosi differenziare gli ambiti di esercizio del potere di critica avverso la decisione di primo grado.

È evidentemente illogico ritenere che il terzo, titolare del potere di impugnazione del provvedimento di primo grado (ai sensi del combinato disposto degli artt. 10 e 27, ove tale potere non eserciti o lo eserciti in violazione delle norme che prevedono termini decadenziali, possa recuperare le facoltà di critica nei confronti del provvedimento di confisca in modo surrettizio, attraverso l’intervento che risulta evidentemente inammissibile (Sez. 2, 37495/2019).

 

Mezzi di impugnazione

…Ricorso per cassazione

Ai sensi degli artt. 10, comma 3, e 27, comma 2, avverso il decreto della Corte d’appello il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge, e che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta, potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (SU, 33451/2014).

Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto degli artt. 10, comma 3, e 27, comma 2; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), CPP, potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dall’art. 4, comma 9, L. 1423/1956, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. 2, 27857/2019).

 

Provvedimenti impugnabili

Il provvedimento con cui il tribunale competente per le misure di prevenzione neghi l’applicazione del controllo giudiziario richiesto ex art. 34–bis, comma 6, è impugnabile con ricorso alla corte di appello anche per il merito (SU, 46898/2019).

Il provvedimento di rigetto della richiesta ex art. 34–bis, formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 127, comma 7, CPP.

Le peculiarità del provvedimento oggetto di impugnazione, evidenziate dal carattere temporaneo e provvisorio dell’ammissione al regime di svolgimento dell’attività d’impresa sotto il controllo giudiziario, nelle more della definizione del procedimento amministrativo attivato dalla stessa parte richiedente, giustificano e sorreggono la limitazione dell’oggetto dell’impugnazione ai soli vizi derivanti dalla violazione di legge (al pari del contenuto della previsione normativa contenuta nell’art. 10), risultando disfunzionale un rimedio impugnatorio che, consentendo la rivalutazione nel merito dei presupposti su cui si è fondata la determinazione assunta dall’autorità prefettizia nell’emissione dell’interdittiva, finirebbe per duplicare il contenuto del giudizio amministrativo con inevitabili sovrapposizioni che non sono coerenti con l’assetto della misura considerata (Sez. 2, 17451/2019).

 

Sospensione dell’esecutività

In relazione all’art. 27, va ricordato che, analizzando detta norma alla luce del principio generale di tassatività dei mezzi di impugnazione, ai sensi dell’art. 568, comma 1, CPP – valido ed efficace anche per le varie procedure disciplinate da normative speciali, quali quelle relative alle procedure di prevenzione – essa disciplina, al primo comma, i casi della disposta confisca, della revoca del sequestro, della restituzione della cauzione, della liberazione delle garanzie, della confisca della cauzione, dell’esecuzione sui beni costituiti in garanzia, provvedimenti di cui è stabilita la comunicazione senza indugio ai due uffici del PM ed all’interessato; il secondo comma, quindi, specifica che per le impugnazioni “di detti provvedimenti”, ossia solo di quelli di cui al primo comma, si applicano le disposizioni previste dall’art. 10.

L’esecutività di tali provvedimenti è disciplinata diversamente: per la confisca dei beni sequestrati, la confisca della cauzione ed esecuzione sui beni costituiti in garanzia, essa opera con la definitività delle relative pronunce, salvo, per il provvedimento di confisca, in ogni caso la perdita di efficacia se la Corte d’appello non deliberi entro un anno sei mesi dal deposito del ricorso; per la revoca del sequestro, invece, il terzo comma dell’art. 27 prevede che il provvedimento diviene esecutivo dieci giorni dopo la comunicazione alle parti, salvo che in tali termini il PM ne chieda alla Corte d’appello la sospensione.

In tale ultima ipotesi, se la richiesta di sospensione viene accolta, l’esecutività della revoca resta sospesa fino alla pronuncia definitiva in ordine al sequestro, ferma restando la possibilità di revoca della disposta sospensione, in ogni momento, mentre se la Corte non accoglie la richiesta, il provvedimento diviene esecutivo.

La struttura dell’art. 27 attesta, quindi, che la disciplina del terzo comma, che espressamente riguarda la tematica della sospensione dell’esecutività della revoca, è del tutto autonoma ed autosufficiente, prevedendo la possibilità di una sospensione dell’esecutività della revoca, di natura certamente eccezionale, ma risolve il tema stabilendo che il protrarsi del sequestro è ammesso solo quando intervenga, ed entro il termine di dieci giorni, il provvedimento positivo della Corte d’appello.

Non vi è alcuna altra previsione sul punto, salva la permanente facoltà della Corte di revocare in ogni momento il provvedimento che ha sospeso l’esecutività della revoca del sequestro, evidentemente d’ufficio o su istanza di parte.

Ne deriva che l’assenza di richiamo specifico alla possibilità di ricorso per cassazione contro il provvedimento che decide sulla richiesta di sospensione della revoca, la natura eccezionale dell’istituto, la previsione invece esplicita della possibilità di revocare il provvedimento, il richiamo alla disciplina dell’art. 10 per i soli provvedimenti indicati dal primo comma, costituiscono altrettante ragioni letterali e sistematiche che inducono ad affermare che non è consentito il ricorso per cassazione avverso il decreto con cui la Corte d’appello deliberi sulla richiesta del PM di sospensione dell’esecutività della revoca del sequestro, ai sensi dell’art. 27, comma 3 (Sez. 5, 7289/2016).

 

Perdita di efficacia della confisca in caso di deposito tardivo della decisione di secondo grado

Il termine di un anno e sei mesi - previsto dall’art. 27, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e decorrente dalla data di deposito dell’atto di impugnazione - entro il quale la corte di appello deve definire il giudizio, a pena di inefficacia della confisca disposta in primo grado, ha come riferimento finale la data del deposito del decreto motivato, dal momento che, svolgendosi il procedimento in camera di consiglio, il provvedimento giurisdizionale acquista giuridica esistenza solo con il deposito, che ne segna il momento perfezionativo (Sez. 5, 30916/2020).

Il dies a quo del termine previsto dall’art. 27, comma 6, per il deposito della pronuncia di appello non può essere fissato al giorno in cui sono stati depositati i singoli atti di appello ma solo al momento in cui è pervenuto alla Corte l’ultimo di essi (Sez. 5, 19280/2019).

L’art. 27, comma 6, prevede che, in caso d’appello, il provvedimento di confisca perde efficacia se la Corte d’appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso. La norma richiama espressamente il disposto dell’art 24, comma 2, che enuclea le ipotesi di proroga del termine stesso, operando un rinvio alle fattispecie sospensive della custodia cautelare, in quanto compatibili.

Ebbene, la norma in esame ha indiscutibile carattere di garanzia e di tutela della parte incisa dalla misura interinale antimafia (nella forma del sequestro e della confisca, dopo il giudizio di primo grado).

La ragione giustificatrice della introduzione del termine di efficacia della misura stessa, anche nella fase di pendenza del giudizio d’appello ha, invero, le sue radici proprio nell’esigenza di salvaguardare la sfera giuridico–patrimoniale di colui che aveva subito l’intervento reale di prevenzione e che non risultava sufficientemente tutelato nel quadro normativo pregresso.

La L. 575/1965, infatti, non prevedeva espressamente un termine per la decisione nel giudizio d’appello, con la conseguenza che, disposta, la confisca in primo grado, essa era destinata a persistere per tutta la durata della fase di secondo grado e sino alla irrevocabilità.

La proroga del termine di un anno era, invero, prevista per il solo giudizio di primo grado dall’art. 2–ter comma 3 L. 575/1965. Al fine di assicurare il pieno rispetto dei principi di ragionevole durata del processo, di libertà dell’iniziativa economica e di tutela della proprietà individuale, si è inserita la previsione di un termine di efficacia della misura della confisca, anche nel giudizio d’appello, termine entro cui il giudizio stesso deve concludersi, a pena di perdita di efficacia della misura stessa.

Si tratta di un termine di indubbia finalità acceleratoria, la cui previsione è strettamente funzionale alla realizzazione della definizione del procedimento in tempi ragionevoli, al fine di evitare che la posizione giuridica soggettiva di colui che risulti attinto dall’intervento in rem possa essere incisa, oltre tempi ragionevoli, e senza limiti di durata.

È, tuttavia, proprio detta finalità a segnare la ratio di tutela della norma ed il suo ambito applicativo. L’art. 27, comma 6 non prevede, nel suo dispiegarsi processuale, che quel segmento temporale abbia valenza “costitutiva” e di natura sostanziale, ai fini della validità della confisca di prevenzione.

Risulta, piuttosto, la norma richiamata una disposizione endoprocedimentale, che tende ad evitare, nella fase del giudizio di secondo grado, che l’intervento in rem non possa protrarsi, pur dopo la confisca, sine die. Si tratta, dunque, di una norma che ha ambito applicativo interno, limitato alla sola fase processuale di riferimento e che non integra un requisito sostanziale ad substantiam, che concorre a definire la legittimità della confisca stessa. Lo scopo di tutela della disposizione risulta, pertanto, necessariamente superato dal giudicato, formatosi sulla statuizione d’ablazione.

D’altro canto il richiamo alle cause di sospensione della custodia cautelare (attraverso il rinvio dell’art 27, comma 6 all’art. 24, comma 2) attesta viepiù il significato puramente cautelare della disposizione in esame e la sua strumentalità, in ossequio ad un principio di ragionevolezza temporale, rispetto alla definitività della confisca.

Deriva da quanto premesso che, intervenuto il giudicato sull’ablazione, non ha più ragione concreta l’invocazione dell’applicazione della disposizione. Lo scopo di tutela insito nella norma risulta essersi esaurito, proprio per il superamento della fase endo–processuale a cui essa si riferisce e rispetto alla quale ha finalità d’accelerazione in rito.

Nel caso di specie, dunque, la mancata deduzione del decorso del termine di cui all’art. 27, comma 6 nel giudizio di merito, ed il conseguente giudicato formatosi, realizza il tipico sbarramento della preclusione. Deriva che la questione non è suscettibile di essere proposta con istanza esecutiva, non incidendo il rispetto del termine indicato, sui presupposti sostanziali di legittimità della confisca.

Il termine anzidetto enuclea, piuttosto, un mero requisito processuale, che segna, in via endo–fasica, la durata temporale massima in appello del vincolo in rem.

Esso è, tuttavia, soggetto alla relativa deduzione ed alle conseguenti preclusioni, che derivano dal giudicato. Non risulta, pertanto, prospettabile al giudice dell’esecuzione, non afferendo ai presupposti strutturali e sostanziali di validità della misura patrimoniale, discutibili in sede di esecuzione (Sez. 1, 51868/2016).

 

Linee guida, circolari e prassi

G. Muntoni (presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma), “Giurisprudenza e prassi operative del tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione”, relazione tenuta per il corso su “Misure di prevenzione patrimoniale: potenzialità e problematiche del contrasto ai patrimoni illeciti” organizzato dalla Scuola superiore della magistratura, 6 giugno 2019, reperibile al seguente link: https://www.fondazioneforensefirenze.it/uploads/fff/files/2019/2019_06%20–%20Giugno/13%20–%20Misure%20di%20prevenzione/Relazione%20–%20Dott_%20Guglielmo%20Muntoni.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna, “Nuova disciplina delle misure di prevenzione: problematiche organizzative e operative”, nota n. 6815 del 10 novembre 2017, reperibile al seguente link: http://www.procura.bologna.giustizia.it/allegatinews/A_16709.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna, “Nuova disciplina delle misure di prevenzione: l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario”, nota n. 5810 dell’8 novembre 2018, reperibile al seguente link: http://www.procura.bologna.giustizia.it/allegatinews/A_21020.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, “Quinta lettera di prevenzione”, novembre 2018, reperibile al seguente link: http://www.osservatoriomisurediprevenzione.it/prassi–e–documenti/