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Art. 11 - Esecuzione

1. Il provvedimento di applicazione delle misure di prevenzione è comunicato al questore per l’esecuzione.

2. Il provvedimento stesso, su istanza dell’interessato e sentita l’autorità di pubblica sicurezza che lo propose, può essere revocato o modificato dall’organo dal quale fu emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato. Il provvedimento può essere altresì modificato, anche per l’applicazione del divieto o dell’obbligo di soggiorno, su richiesta dell’autorità proponente, quando ricorrono gravi esigenze di ordine e sicurezza pubblica o quando la persona sottoposta alla sorveglianza speciale abbia ripetutamente violato gli obblighi inerenti alla misura.

3. Il ricorso contro il provvedimento di revoca o di modifica non ha effetto sospensivo.

4. Nel caso di modificazione del provvedimento o di taluna delle prescrizioni per gravi esigenze di ordine e sicurezza pubblica, ovvero per violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, il presidente del tribunale può, nella pendenza del procedimento, disporre con decreto l’applicazione provvisoria della misura, delle prescrizioni o degli obblighi richiesti con la proposta.

Rassegna di giurisprudenza

Organo funzionalmente competente alla rivalutazione della pericolosità sociale a seguito della scarcerazione è quello che ha emesso la misura e avverso tale decisione, che non ha natura di sentenza, non è esperibile, in via immediata, il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 569 CPP bensì l’impugnazione ordinaria, prevista per i provvedimenti di applicazione della misura di prevenzione. Il procedimento che segue alla rivalutazione ufficiosa della pericolosità sociale del proposto per la sua intervenuta detenzione, come quello che insorga in seguito all’iniziativa del proposto medesimo per la revoca o la modifica della misura di prevenzione, costituisce un procedimento di secondo grado di cui il primo mutua sia la regola di competenza del giudice, che è quello che ha emesso la misura, sia il procedimento di impugnazione, rappresentato dall’appello, anche nel merito. La regola generale di competenza dell’organo che ha emesso il provvedimento e le conseguenti norme in materia di impugnazione non sono, infatti, elise dalla circostanza che la revisione della pericolosità è attivata di ufficio di talché, come per ogni istanza di revoca o modifica del provvedimento impositivo, la competenza in fase di esecuzione spetta, in via funzionale all’organo giurisdizionale che ha emesso il provvedimento di cui si chiede la modifica, con conseguente applicazione del relativo regime impugnatorio al quale rinvia, escludendone l’effetto sospensivo, il comma 3 dell’art. 11 che detta le disposizioni generali in materia di esecuzione della misura di prevenzione (Sez. 6, 41271/2019).

Secondo quanto disposto dall’articolo 11, la competenza sulle richieste di revoca o modifica del provvedimento applicativo spetta “all’organo dal quale fu emanato”, coerentemente ad un modello di iurisdictio in executivis secondo cui interprete delle ragioni di un provvedimento non può che essere l’organo che lo ha emesso, disponendo di una base conoscitiva di maggiore ampiezza e di un bagaglio informativo che non appartiene ad altre e diverse autorità. Si tratta, all’evidenza, di una competenza d’ordine funzionale a carattere derivativo, nel senso che l’organo dell’esecuzione viene individuato per relationem, attraverso il richiamo al giudice che abbia emesso il provvedimento applicativo della misura. La disposizione dell’articolo 11 non ha subìto modifiche per effetto della novella introdotta dalla L. 161/2017 (Sez. 1, 7107/2019).

In base all’articolo 11 dedicato all’esecuzione delle misure di prevenzione, la competenza sulle richieste di revoca o modifica del provvedimento applicativo spetta “all’organo dal quale fu emanato” e si tratta, all’evidenza, di una competenza d’ordine funzionale a carattere derivativo, nel senso che l’individuazione dell’organo dell’esecuzione avviene per relationem, a seconda di quale organo abbia emesso il provvedimento applicativo della misura. Si è quindi rilevato che, in assenza di modifiche al predetto articolo 11 per effetto della novella introdotta dalla L. 161/2017, che ha concentrato, salve alcune eccezioni, la competenza nei tribunali distrettuali, il mutamento dell’assetto delle competenze non rileva in ordine alle, richieste, di aggravamento (o di modifica in generale) della misura già applicata, atteso che essa dà luogo non già ad un nuovo procedimento che, al pari di quelli per l’applicazione di una misura, andrebbe affidato alla cognizione del tribunale distrettuale, ma ad un procedimento di esecuzione. La competenza per quest’ultimo è attribuita per relationem in riguardo all’organo che ha emesso il provvedimento applicativo, sicché essa non può che collegarsi al precedente assetto normativo, restando del tutto estranea al nuovo ordine (Sez. 1, 5663/2019).

Poiché la revoca dell’autorizzazione ad allontanarsi dal comune di soggiorno obbligato per svolgere, in modo stabile e continuativo, attività lavorativa implica, necessariamente, un giudizio di (ri)aumentata pericolosità e una modifica strutturale e permanente delle prescrizioni e, quindi, può essere disposta solo ai sensi dell’art. 11, comma 2, la stessa revoca deve essere disposta, in assenza di una specifica regolamentazione in quest’ultimo articolo, con l’ordinario procedimento di cui all’art. 7 (che, per quanto non espressamente previsto, rinvia alle disposizioni dell’art. 666 CPP), il quale impone che la decisione sia presa con la garanzia del contraddittorio tra le parti (Fattispecie nella quale la corte di appello, con provvedimento emesso de plano sulla base di una nota informativa dei carabinieri che segnalava plurime violazioni delle prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, aveva revocato l’autorizzazione in precedenza concessa al preposto ad allontanarsi dal comune obbligato per svolgere attività lavorativa. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla corte di appello competente) (Sez. 2, 19329/2022).

Il procedimento di revoca, modifica o aggravamento di una misura di prevenzione, rispetto a quello a suo tempo conclusosi con l’applicazione della misura stessa, ha natura autonoma ed indipendente da quest’ultimo. Deve, pertanto, escludersi che la procura difensiva conferita in relazione al primo procedimento possa conservare la sua efficacia anche nell’ambito del procedimento di revoca o modifica della misura di prevenzione. Non ricorre, invero, il presupposto di unitarietà e, piuttosto, le due procedure sono caratterizzate in rito dal principio d’autonomia, concettuale e giuridica. Il procedimento di revoca o modifica della misura di prevenzione (già previsto dall’art. 7 L. 1423/1956, sostituito dall’art. 11) è, infatti, indipendente da quello di applicazione della misura originaria; è meramente eventuale ed è legato a presupposti “nuovi” e “diversi”, che ne connotano una distinta portata strutturale e funzionale. Conclusione siffatta vale vieppiù riflettendo sulla circostanza che l’iniziativa, in funzione della revoca o modifica della misura di prevenzione, postula, quale pre–condizione, che la procedura originaria, da cui essa deriva, sia definita irrevocabilmente e, dunque, risulti coperta dal giudicato (sia pur rebus sic stantibus). In difetto, di converso, ogni modifica alla misura di prevenzione applicata risulterebbe attratta alla competenza funzionale del giudice del gravame. Ciò posto e rilevato come la procedura di revoca o modifica della misura di prevenzione sia autonoma rispetto alla precedente – che ne integra solo un prius logico–giuridico – si deve concludere che, la nomina del difensore di fiducia, depositata nel procedimento originario, conclusosi con la statuizione irrevocabile, non conserva efficacia nel procedimento meramente eventuale e successivo, volto alla revoca o alla modifica della misura stessa. Ciò involge che il difensore, originariamente nominato, non abbia diritto alla notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, in cui si discute del tema di revoca o aggravamento della misura, trattandosi di procedimento diverso da quello originario (Sez. 1, 30859/2016).

Costituisce jus receptum in tema di misure di prevenzione, che non è proponibile il ricorso “per saltum” in cassazione contro le decisioni del tribunale; invero, in difetto di diversa e specifica disposizione, in materia di provvedimenti che modificano o revocano, ad istanza dell’interessato, le misure di prevenzione ai sensi dell’art. 7  L. 1423/1956 (oggi art. 11), sono applicabili, per quanto concerne le impugnazioni, le norme stabilite dall’art. 4 della medesima legge, onde contro di essi è proponibile l’appello e solo dopo l’esaurimento di tale grado di giudizio è esperibile il ricorso per cassazione (Sez. 6, 43469/2015).