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Art. 14 - Decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale

1. La sorveglianza speciale comincia a decorrere dal giorno in cui il decreto è comunicato all’interessato e cessa di diritto allo scadere del termine nel decreto stesso stabilito, se il sorvegliato speciale non abbia, nel frattempo, commesso un reato.

2. Se nel corso del termine stabilito il sorvegliato commette un reato per il quale riporti successivamente condanna e la sorveglianza speciale non debba cessare, il tribunale verifica d’ufficio se la commissione di tale reato possa costituire indice della persistente pericolosità dell’agente; in tale caso il termine ricomincia a decorrere dal giorno nel quale è scontata la pena.

2–bis. L’esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l’interessato è sottoposto alla misura della custodia cautelare. In tal caso, salvo quanto stabilito dal comma 2, il termine di durata della misura di prevenzione continua a decorrere dal giorno nel quale è cessata la misura cautelare, con redazione di verbale di sottoposizione agli obblighi. (1)

2–ter. L’esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l’interessato è sottoposto a detenzione per espiazione di pena. Dopo la cessazione dello stato di detenzione, se esso si è protratto per almeno due anni, il tribunale verifica, anche d’ufficio, sentito il pubblico ministero che ha esercitato le relative funzioni nel corso della trattazione camerale, la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato, assumendo le necessarie informazioni presso l’amministrazione penitenziaria e l’autorità di pubblica sicurezza, nonché presso gli organi di polizia giudiziaria. Al relativo procedimento si applica, in quanto compatibile, il disposto dell’articolo 7. Se persiste la pericolosità sociale, il tribunale emette decreto con cui ordina l’esecuzione della misura di prevenzione, il cui termine di durata continua a decorrere dal giorno in cui il decreto stesso è comunicato all’interessato, salvo quanto stabilito dal comma 2 del presente articolo. Se invece la pericolosità sociale è cessata, il tribunale emette decreto con cui revoca il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione. (1)

(1) Comma aggiunto dall’ art. 4, comma 1, L. 161/2017.

Rassegna di giurisprudenza

Non è configurabile il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, previsto dall’art. 75 nei confronti del destinatario di una tale misura, la cui esecuzione sia stata sospesa per effetto di una detenzione di lunga durata, in assenza della rivalutazione dell’attualità e della persistenza della pericolosità sociale, da parte del giudice della prevenzione, al momento della nuova sottoposizione alla misura. L’art. 14, comma 2–ter, introdotto dall’art. 4, comma 1, L. 161/2017, ha stabilito che la verifica della pericolosità debba avvenire ad opera del tribunale, anche d’ufficio, dopo la cessazione della detenzione per espiazione di pena che si sia protratta per almeno due anni) (SU, 51407/2018).

La sorveglianza speciale di pubblica sicurezza è applicabile anche a persona detenuta in espiazione dell’ergastolo, poiché l’attualità della pericolosità, quale presupposto applicativo, può essere oggetto di valutazione nonostante lo stato di detenzione, mentre nel momento dell’esecuzione della misura, ove il proposto sia rimesso in libertà per qualsiasi causa, è sempre possibile chiedere la revoca, per essere venuto meno il presupposto stesso della pericolosità (così già Sez. 1, 4003/1996; ed analoga indicazione si trae dal disposto dell’art. 14, comma 2–ter, che prevede, nell’ipotesi di applicazione della misura di prevenzione dopo la cessazione dello stato di detenzione, quando esso si sia protratto per almeno due anni, la verifica da parte del tribunale, anche d’ufficio, circa la persistenza della pericolosità sociale) (Sez. 2, 25971/2018).

Per applicare la misura di prevenzione della sorveglianza speciale all’esito di un periodo di detenzione di lunga durata è necessario rivalutare la pericolosità del destinatario della misura. Segnatamente l’art. 14 comma 2-ter, introdotto dall’art. 4 comma 1, L. 161/2017, recante modifiche al codice antimafia, ha stabilito che la verifica della pericolosità debba avvenire ad opera del tribunale, anche d’ufficio, dopo la cessazione della detenzione per espiazione di pena che si sia protratta per almeno due anni. Se presunzione vi deve essere, dopo l’espiazione di una pena, essa deve essere intesa come avvenuta risocializzazione del condannato, dal che la necessità di una rinnovata valutazione della sua pericolosità sociale nella prospettiva della esecuzione della misura di prevenzione personale (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva rigettato l’impugnazione proposta avverso il decreto del tribunale che aveva respinto la richiesta di revoca della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale applicata al ricorrente per la durata di anni due, poiché aveva valutato come attuale la condizione di pericolosità sociale, considerandola non attenuata dal buon comportamento tenuto dal prevenuto durante l'ultimo periodo di detenzione durato quattro anni. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al tribunale competente) (Sez. 2, 17718/2022).

A fronte di una detenzione di breve durata non può ritenersi che la misura di prevenzione in esecuzione, sia ipso iure paralizzata, né può prefigurarsi ex se un superamento o una attenuazione della pericolosità sociale che è posta a fondamento dell’applicazione della misura stessa (Sez. 1, 27970/2017).

Mentre la detenzione per espiazione di pena di chi sia sottoposto a misura di prevenzione personale incrementa la possibilità, favorita dal trattamento rieducativo individualizzato che intervengano modifiche nell’atteggiamento del soggetto nei confronti di valori della convivenza civile, la sottoposizione a misura cautelare personale, sia essa detentiva o non detentiva (come nella specie), non consente di ritenere superata o attenuata la presunzione di attualità della pericolosità sociale emessa in sede di applicazione, ma si pone, in realtà, come indiretta conferma della valutazione stessa, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari riferibili anche alla personalità dell’indagato e al concreto rischio di commissione di gravi reati. A ciò si aggiunga che, in tema di rapporto di compatibilità tra misure di prevenzione ed altre misure cautelari (cautelari, di sicurezza, etc.), quale specificamente disciplinato dagli artt. 10, 11 e 12 L. 1423/1956la giurisprudenza di legittimità ha stabilito come non sussista alcuna incompatibilità, in senso assoluto, tra misure di prevenzione e misure cautelari e che tale incompatibilità deve essere verificata, caso per caso, e può sussistere solo quando siano incompatibili le rispettive modalità di esecuzione. Principio che aveva indotto i giudici di legittimità ad escludere a priori tale incompatibilità tra la misura cautelare dell’obbligo di soggiorno e la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, non essendo le relative prescrizioni in contrasto, conclusione che non appare messo in discussione dalla disciplina positiva recata dagli artt. 13 (in materia di coeva esecuzione di misura di sicurezza detentiva e libertà vigilata) e 14 (Sez. 6, 10931/2017).