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Art. 599 - Decisioni in camera di consiglio

1. Quando l’appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127.

2. L’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato che ha manifestato la volontà di comparire.

3. Nel caso di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, il giudice assume le prove in camera di consiglio, a norma dell’articolo 603, con la necessaria partecipazione del pubblico ministero e dei difensori. Se questi non sono presenti quando è disposta la rinnovazione, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che copia del provvedimento sia comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori.

Rassegna giurisprudenziale

Decisioni in camera di consiglio (art. 599)

In generale

Non è dubbio che, svoltosi il giudizio di primo grado nelle forme del giudizio abbreviato, il giudizio di appello si deve tenere in forma camerale secondo quanto previsto dall'art. 599 ma l'inosservanza del precetto normativo non incide, comprimendole, sulle facoltà e sulle garanzie della difesa, dal momento che il rito con udienza pubblica accorda tutela all'imputato in misura non inferiore rispetto al rito camerale (Sez. 1, 31013/2020).

Imputato

L’omessa notifica dell’avviso a comparire per l’udienza camerale comporta una nullità assoluta. La tardiva notifica comporta invece una nullità a regime intermedio (Sez. 5, 48423/2014).

La nullità della vocatio in ius per l’udienza camerale si estende, ex art. 185, comma 1, a tutti gli atti processuali successivi, vale a dire al giudizio ed alla sentenza (Sez. 3, 30885/2018).

 

Imputato detenuto

Nell’ipotesi di indagato, imputato o condannato detenuto, la cui partecipazione all’udienza camerale è subordinata ad una sua positiva manifestazione di volontà in tal senso (esprimibile anche nel caso di detenzione fuori della circoscrizione del giudice), l’ordine di traduzione e la sua esecuzione costituiscono, insieme con l’avviso dell’udienza camerale e la sua notificazione, atti indefettibili della procedura diretta alla regolare costituzione del contraddittorio.

Senza di essi, infatti, l’avviso non può svolgere in concreto l’unica funzione che gli è propria, quella della vocatio in iudicium, che può definirsi tale solo in quanto rivolta a chi ad essa sia in grado di rispondere.

Devesi perciò ritenere che la citazione dell’imputato, dell’indagato o del condannato realizza un’unica fattispecie complessa, costituita dall’avviso, dalla dichiarazione di volontà dell’interessato detenuto di comparire e dalla sua successiva traduzione, atti tutti da guardarsi, per il rapporto di stretta consequenzialità che li caratterizza, in una visione unitaria in funzione dello scopo loro proprio, la vocatio in iudicium per la valida instaurazione del contraddittorio, con la conseguenza che, in mancanza, rimane integrata la nullità generale di tipo assoluto di cui agli artt. 178, lett. c) e 179.

Si aggiunga che l’applicabilità all’udienza di cui all’art. 599 dei predetti principi è  a maggior ragione  confermata dal dato testuale, desumibile dal comma 2 della disposizione citata, in cui espressamente si prescrive che “l’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato che ha manifestato la volontà di comparire” (Sez. 3, 30885/2018).

 

Straniero espulso dall’Italia

A norma dell’art. 17 D.Lgs. 286/1998, come modificato dall’art. 16 della L. 189/2002, a seguito di espulsione, “Lo straniero parte offesa ovvero sottoposto a procedimento penale è autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l’esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza.

L’autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta della parte offesa o dell’imputato o del difensore”. Lo straniero, cioè, può fruire di un iter amministrativo particolarmente celere, nella prospettiva della necessità di trovarsi in Italia allo scopo di presenziare al procedimento, interesse primario e prevalente su ogni altro. Questa sua facoltà non produce tuttavia alcun vizio del procedimento camerale se l’interessato, ai sensi dell’art. 599 comma 2, non abbia chiesto di comparire (Sez. 1, 50456/2017).

 

Difensore

L’omesso avviso dell’udienza camerale al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato, integra una nullità assoluta, ai sensi degli artt. 178, comma 1 lett. c) e 179, comma 1, nel carattere obbligatorio della presenza del primo (SU, 24630/2015).

È inapplicabile la disposizione di cui all’art. 420-ter, comma 5, ai procedimenti camerali - che si svolgono con le forme previste dall’art. 127 - ivi compresi quelli per i quali la presenza del difensore è prevista come necessaria (SU, 7551/1998; SU, 15232/2015).

L’art. 443, comma 4, dispone che il giudizio di appello si svolge con le forme previste dall’art. 599 il quale a sua volta richiama l’art. 127 che disciplina il procedimento in camera di consiglio, per il quale il PM, gli altri destinatari dell’avviso di udienza nonché il difensore sono sentiti solo se compaiono (Sez. 5, 25501/2015).

Una volta espletate le rituali comunicazioni e notifiche, non è prevista, per ragioni di speditezza e concentrazione intrinseche alla natura del procedimento, la partecipazione necessaria del PM e del difensore; con la conseguenza che l’eventuale impedimento di quest’ultimo non costituisce motivo di rinvio, sempre che non si debba procedere a rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (Sez. 5, 25501/2015).

In senso contrario: il legittimo impedimento del difensore, di cui all’art. 420-ter, è rilevante anche nei procedimenti in camera di consiglio e, in particolare, nel giudizio camerale di appello ex art. 599, a seguito di rito abbreviato svoltosi in primo grado, pena la concreta ed effettiva lesione del diritto di difesa (Sez. 6, 10157/2016).

Il conflitto è stato così risolto dalle Sezioni unite: Il difensore impedito a causa di serie ragioni di salute o da altro evento non prevedibile o evitabile non ha l’onere di designare un sostituto processuale o indicare le ragioni dell’omessa nomina. È rilevante nel giudizio camerale di appello (conseguente a processo di primo grado celebrato con rito abbreviato) l’impedimento del difensore determinato da non prevedibili ragioni di salute (SU, 41432/2016).

Nel giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, si applica l’art. 420-ter, comma 5, che impone il rinvio del procedimento in caso di dedotto legittimo impedimento del difensore, fermo restando che, ove il difensore non comparso non abbia dedotto legittimo impedimento, il procedimento può proseguire senza necessità di provvedere alla sua sostituzione ex art. 97, comma 4 (Sez. 2, 8/2017).

La mancata concessione da parte del giudice del rinvio della trattazione dell’udienza camerale in presenza di una dichiarazione effettuata o comunicata dal difensore nelle forme e nei termini previsti dall’art. 3, comma 1, del vigente codice di autoregolamentazione, determina una nullità per la mancata assistenza dell’imputato, ai sensi dell’art. 178, primo comma, lett. c), che ha natura assoluta ove si tratti di udienza camerale a partecipazione necessaria del difensore, ovvero natura intermedia negli altri casi, essendo sufficiente, a tal fine, che il difensore comunichi, nelle forme previste, la volontà di astenersi, in quanto con tale comunicazione, sia pure implicitamente, manifesta la propria volontà di essere presente all’udienza a partecipazione facoltativa (SU, 15232/2014 e, di seguito, Sez. 4, 51449/2017).

 

Provvedimenti organizzativi

La riunione, in sede di giudizio d’appello, di più procedimenti di prime cure a carico dei medesimi imputati, non è sindacabile (Sez. 3 37378/2015).

 

Sentenza predibattimentale

Nel giudizio d’appello non è consentito pronunciare sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469, in quanto il combinato disposto degli artt. 598, 599 e 601 non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, a tale disciplina, né la pronuncia predibattimentale può essere ammessa ai sensi dell’art. 129, poiché l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (SU, 28954/2017).

Nell’ipotesi di sentenza predibattimentale d’appello, pronunciata in violazione del contraddittorio, con la quale, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, è stata dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129, comma 2 (SU, 28954/2017).

La sentenza predibattimentale di appello, di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione, emessa de plano, sia viziata da nullità assoluta ed insanabile, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. b) e c), 179, comma 1.

Il contraddittorio tra le parti, infatti, ha valore di rango costituzionale (art. 111, comma 2, Cost.), ampiamente valorizzato dalla giurisprudenza EDU, ed è il postulato indefettibile di ogni pronuncia terminativa del processo, la cui violazione è il paradigma da cui traggono origine tutte le forme di nullità previste dal codice di rito (Sez. 3, 25002/2018).