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Art. 601 - Atti preliminari al giudizio

1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 591, il presidente ordina senza ritardo la citazione dell’imputato appellante; ordina altresì la citazione dell’imputato non appellante se vi è appello del pubblico ministero, se ricorre alcuno dei casi previsti dall’articolo 587 o se l’appello è proposto per i soli interessi civili.

2. Quando si procede in camera di consiglio a norma dell’articolo 599, ne è fatta menzione nel decreto di citazione.

3. Il decreto di citazione per il giudizio di appello contiene i requisiti previsti dall’articolo 429 comma 1 lettere a), f), g) nonché l’indicazione del giudice competente. Il termine per comparire non può essere inferiore a venti giorni.

4. È ordinata in ogni caso la citazione del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e della parte civile; questa è citata anche quando ha appellato il solo imputato contro una sentenza di proscioglimento.

5. Almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio di appello, è notificato avviso ai difensori.

6. Il decreto di citazione è nullo se l’imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dall’articolo 429 comma 1 lettera f).

Rassegna giurisprudenziale

Atti preliminari al giudizio (art. 601)

È infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 601, nella parte in cui non contempla, in relazione al giudizio di appello, la possibilità per l’imputato che abbia commesso il reato prima dell’entrata in vigore dell’art. 168-bis Cod. pen., di avvalersi della sospensione del procedimento con messa alla prova, considerata l’intrinseca dimensione processuale dell’istituto in questione e l’ampia discrezionalità del legislatore nel determinare la disciplina temporale di nuovi istituti processuali, con la conseguenza che le relative scelte, ove non siano manifestamente irragionevoli, si sottraggono a censure di legittimità costituzionale (Sez. 7, 1025/2018).

Disposizioni per emergenza epidemiologica

In tema di disposizioni per la decisione dei giudizi penali di appello nel periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19, deve ritenersi legittima la richiesta di partecipazione all’udienza formulata personalmente – e non tramite il difensore – dall’imputato detenuto. Ciò, in quanto non risulta sanzionata a pena d'inammissibilità o di irricevibilità la difformità rispetto al modello legale di cui all’art. 23, comma 4, Dl 149/2020, convertito con modificazioni dalla L. 176/2000. (In tal senso, la Suprema Corte ha ritenuto che, nella fattispecie, la richiesta dell'imputato di presenziare alla udienza fosse stata erroneamente disattesa dalla corte di appello) (Sez. 6, 15139/2022).

Nel procedimento di appello, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, la mancata comunicazione in via telematica delle conclusioni del pubblico ministero alla difesa dell’imputato, prevista dall’art. 23-bis, comma 2, DL137/2020, convertito in L. 176/2020, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 178, co. 1, lett. c) (Sez. 5, 15640/2022).

La richiesta di trattazione orale, formulata ai sensi dell’art. 23, comma 4, DL 137/2020, determina il mutamento del rito in quello della udienza partecipata, sicché anche la parte non richiedente ha diritto a concludere oralmente in udienza (Fattispecie nella quale il tribunale per il riesame, a seguito di richiesta di trattazione orale presentata dal PM, aveva raccolto a verbale le conclusioni del p.m. appellante mentre non aveva consentito al difensore dell’indagato di concludere, non avendo questi chiesto la trattazione orale del procedimento. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale per il riesame competente) (Sez. 2, 16551/2022).

Requisiti del decreto di citazione

Non è affetto da alcuna nullità il decreto di citazione per il giudizio di appello che contenga una enunciazione imprecisa e non chiara dei fatti o delle norme violate, atteso che l’art. 601, con riferimento ai requisiti dell’atto fa esclusivamente rinvio alle disposizioni di cui all’art. 429, comma primo lett. a), b) e g) (Sez. 6, 33034/2018).

Requisito di validità del decreto di citazione per il giudizio di appello è la indicazione del provvedimento impugnato, e non quella del dispositivo di esso. Non sussiste pertanto nullità del decreto qualora, per errore, sia stato trascritto un dispositivo non pertinente, sempre che da ciò non derivi una incertezza invincibile in ordine al processo da trattare (Sez. 5, 27464/2018).

 

Notifica del decreto di citazione

Sono valide le notifiche effettuate all’imputato presso il difensore di fiducia dopo la prima eseguita personalmente, salvo espressa dichiarazione di non accettazione del difensore, non allegata nel caso di specie, o di dichiarazione o elezione di domicilio (SU, 58120/2017).

La nullità a regime intermedio determinata dalla notificazione della citazione a giudizio mediante consegna al difensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato o eletto può ritenersi sanata avendo riguardo a circostanze obiettive di fatto da valutare secondo il parametro dell’esercizio effettivo del diritto di difesa (SU, 58120/2017).

L’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato, integra una nullità assoluta ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, quando di esso è obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ex art. 97, comma 4 (SU, 24630/2015).

L’onere della prova dell’avvenuta elezione o dichiarazione di domicilio dell’imputato ai fini della non applicazione della regola “ordinaria” di cui all’art. 157, comma 8-bis, siccome fatto impeditivo di tale disciplina ordinaria, grava su chi lo deduceLa circostanza in questione, invero, costituisce fatto rilevante ai fini dell’applicazione di disposizioni di diritto processuale, e, quindi, a differenza dei fatti attinenti all’applicazione del diritto penale sostanziale, è soggetta all’ordinario regime dell’onere della prova, il quale incombe su chi afferma (Sez. 6, 29264/2018).

 

Termine di comparizione

In tema di giudizio di appello, la violazione del termine a comparire di venti giorni stabilita dall’art. 601, comma 3 – che non può essere integrato da quello irritualmente concesso – non risolvendosi in una omessa citazione dell’imputato, costituisce una nullità a regime intermedio che risulta sanata nel caso in cui non sia eccepita entro i termini previsti dall’art. 180, richiamato dall’art. 182 (Sez. 2, 30019/2014 e, più di recente, Sez. 3, 46179/2021).

In senso contrario: L’inosservanza del termine di comparizione dell’imputato previsto dall’art. 601, comma 3, costituisce una ipotesi di nullità relativa che è sanata se non è eccepita nei termini di cui all’art. 181, comma 3, e precisamente dopo l’accertamento della costituzione delle parti (Sez. 6, 46789/2017).

L’art. 601, concernente gli atti preliminari al giudizio di appello, è disposizione di carattere generale e, pertanto, il termine dilatorio di venti giorni stabilito per la comparizione in giudizio (art. 601, comma 3) si applica anche al procedimento camerale regolato dal precedente art. 599, non essendo sufficiente a rendere applicabile il più breve termine di cui all’art. 127 stesso codice (dieci giorni) il richiamo alle forme previste da tale disposizione operato dal predetto art. 599 (Sez. 4, 9536/1993 e, più di recente, Sez. 6, 7425/2018).

In senso contrario: nel giudizio di appello in camera di consiglio si applica il più breve termine di comparizione (non inferiore a dieci giorni) previsto in via generale dall’art. 127 e non quello di cui all’art. 601, comma 3, dello stesso codice, essendo la camera di consiglio riservata ai giudizi di appello che non coinvolgono complesse questioni di fatto o di diritto (Sez. 6, 44413/2015).

 

Sentenza predibattimentale

Nel giudizio d’appello non è consentito pronunciare sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469, in quanto il combinato disposto degli artt. 598, 599 e 601 non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, a tale disciplina, né la pronuncia predibattimentale può essere ammessa ai sensi dell’art. 129, poiché l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (SU, 28954/2017).

Nell’ipotesi di sentenza d’appello pronunciata de plano in violazione del contradditorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129, comma 2 (SU, 46879/2017).