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Art. 602 - Dibattimento di appello

1. Nell’udienza, il presidente o il consigliere da lui delegato fa la relazione della causa.

1-bis. Se le parti richiedono concordemente l’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell’articolo 599-bis, il giudice, quando ritiene che la richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone la prosecuzione del dibattimento. La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se il giudice decide in modo difforme dall’accordo.

2. (abrogato).

3. Nel dibattimento può essere data lettura, anche di ufficio, di atti del giudizio di primo grado nonché, entro i limiti previsti dagli articoli 511 e seguenti, di atti compiuti nelle fasi antecedenti.

4. Per la discussione si osservano le disposizioni dell’articolo 523.

Rassegna giurisprudenziale

Dibattimento di appello (art. 602)

È illegittima la decisione del giudice di appello che rigetti l’eccezione di nullità del giudizio in ragione dell’anticipazione dell’udienza di discussione senza alcun avviso agli imputati che non poterono parteciparvi, in quanto l’ordinanza di anticipazione dell’udienza adottata fuori udienza, a differenza di quella adottata nel corso dell’udienza e comunicata oralmente ex art. 477, deve essere ex art. 465 notificata a tutti gli imputati, oltre che ai difensori  e l’omissione di tale incombente comporta la nullità del giudizio, nella specie d’appello (Sez. 2, 36911/2018).

A seguito della novella del codice di rito, applicabile ai ricorsi depositati dopo l’entrata in vigore della L. 103/2017 (2 agosto 2017), gli artt. 599-bis e 602 comma 1-bis hanno previsto il cd. concordato a seguito di rinuncia ai motivi di appello che ripropone, in sostanza, la situazione processuale e quindi l’applicabilità della vecchia giurisprudenza in tema di “cd. patteggiamento in appello” secondo la quale il giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta avanzata a norma dell’articolo 599 comma 4, non era tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per taluna delle cause previste dall’articolo 129 né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità della prova, in quanto a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato avesse rinunciato ai motivi d’impugnazione, la cognizione del giudice doveva limitarsi ai motivi non rinunciati (Sez. 5, 45379/2018).

La rinuncia all’impugnazione cd. parziale, che riguardi cioè quelle parti dell’impugnazione con cui si contesti e si chieda la riforma o l’annullamento di uno o più capi o punti del provvedimento impugnato, costituisce atto abdicativo di diritti e facoltà processuali già acquisiti, sia pure con effetti più limitati rispetto a quella totale; ne consegue che essa non può essere effettuata dal difensore, di fiducia o di ufficio, privo di procura speciale, in quanto non ricompresa nella discrezionalità tecnica del difensore, a differenza della mera rinuncia ad una o più argomentazioni o motivazioni su cui si fondano le diverse parti dell’impugnazione relative ai diversi capi impugnati (SU, 12603/2015).

Nel giudizio di appello, la mera assenza della parte civile appellante all’udienza di discussione e la mancata riproposizione delle conclusioni non possono essere considerate, di per sé, manifestazione inequivoche di una rinuncia implicita all’impugnazione (Sez. 2, 29859/2016).

In tema di appello, la relazione della causa di cui al primo comma dell’art. 602 ha funzione meramente espositiva e non ha alcuna incidenza sul principio del contraddittorio (Sez. 6, 21398 /2005).

La violazione della previsione dell’art. 602, comma 1, con riguardo allo svolgimento della relazione da parte del consigliere relatore, è priva di specifica sanzione. Tenuto conto del principio di tassatività di cui all’art. 177, l’indicata irregolarità non assurge, quindi, a ipotesi di nullità (Sez. 1, 207/2018).

Il riferimento contenuto nell’art. 304 comma 2 – affinché possa operare la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare per i reati di cui all’art. 407 – ai “dibattimenti” o “giudizi abbreviati” particolarmente complessi, non legittima in alcun modo a ritenere che la disposizione in questione sia limitata ai soli giudizi di primo grado, celebrandosi il dibattimento anche in appello ai sensi dell’art. 602. In ogni caso, appare significativa la precisazione contenuta nella medesima disposizione al giudizio di primo grado, od al giudizio sulle impugnazioni, con evidente equiparazione dei due gradi, quanto all’applicazione della disciplina.

Il testo dell’art. 304, comma 2, è tale da far ritenere che la legge richieda, per la sospensione dei termini, sia nel giudizio di primo grado, sia nel giudizio di impugnazione, la sola condizione della particolare complessità dei dibattimenti (Sez. 5, 43666/2015).

L’interesse preminente dello Stato a punire il colpevole e ad assolvere l’innocente impone che la condanna o l’assoluzione non conseguano a carenze probatorie colmabili e che il giudice di appello sia tenuto, ai sensi dell’art. 602 comma 4, norma di chiusura definitiva del sistema probatorio, a interrompere la discussione se la nuova prova, per la sua conferenza e decisività, attraverso il mezzo di ricerca teso ad introdurla, si presenti apprezzabile per il suo valore dimostrativo ‘determinante’, a sostegno di un’ipotesi ricostruttiva completa dei fatti, il maggior grado possibile vicina alla verità reale in vista del giudizio finale di merito (SU, 41281/2006).

Il comma 4 dell’art. 602 stabilisce che la discussione, nel dibattimento di appello, sia regolata dalle disposizioni dell’art. 523, e l’ultimo comma di tale norma ammette, in casi eccezionali, che la discussione venga interrotta, con successivo avvio degli adempimenti previsti dall’art. 507, cioè l’ammissione e l’assunzione delle nuove prove. La giurisprudenza ha quindi ritenuto legittimi provvedimenti di interruzione della discussione, sia pure insistendo sul requisito di necessità (Sez. 6, 30897/2015).