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Art. 371-bis - Attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

1.  Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell’articolo 51 comma 3-bis e comma 3-quater e in relazione ai procedimenti di prevenzione antimafia e antiterrorismo. In relazione ai procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l’impiego a fini investigativi. In relazione ai procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, comma 3-quater, si avvale altresì dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l’impiego a fini investigativi.

2.  Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle attività di indagine, di garantire la funzionalità dell’impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni.

3.  Per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, in particolare:
a)  d’intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo;
b)  cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione nazionale e delle procure distrettuali, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali;
c)  ai fini del coordinamento investigativo e della repressione dei reati provvede all’acquisizione e all’elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata e ai delitti di terrorismo, anche internazionale;
[d-e)]
f) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell’attività di indagine;
g) riunisce i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di promuovere o di rendere effettivo il coordinamento;
h) dispone con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la corte di cassazione, l’avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti indicati nell’articolo 51, comma 3-bis e comma 3-quater quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della:
1) perdurante e ingiustificata inerzia nella attività di indagine;
2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall’articolo 371 ai fini del coordinamento delle indagini.  
4. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o tramite un magistrato della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo all’uopo designato. Salvi casi particolari, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o il magistrato da lui designato non può delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero.

Rassegna giurisprudenziale

Attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (art. 371-bis)

Il procedimento con il quale si chiede la modifica o revoca del provvedimento restrittivo a carico di un collaboratore di giustizia per reati di criminalità organizzata di tipo mafioso, è subordinato alla previa acquisizione del parere obbligatorio del Procuratore nazionale antimafia; di conseguenza, la mancanza del suddetto parere, quand’anche sia acquisito il parere del PG, determina la nullità del provvedimento, in quanto i due parere non sono equipollenti (Sez. 2, 15933/2014).

Gli accordi” o “protocolli” operativi intercorsi tra più uffici di Procura, non espressamente previsti dal legislatore, possono costituire una forma di coordinamento investigativo tra più uffici del PM, a norma dell’art. 371, allo scopo di assicurare un più efficace svolgimento delle indagini, ed anche, eventualmente, di prevenire e risolvere consensualmente «contrasti», ma non assumono alcun significato ai fini della rilevabilità della “incompetenza” di una Procura della Repubblica, o della validità degli atti compiuti dalla stessa. In questo senso depongono una pluralità di indici normativi.

Non solo la disciplina sui contrasti tra PM o sulla richiesta di trasmissione degli atti a un diverso PM formulata da indagati, persone offese e loro difensori (artt. 54, 54-bis, 54-ter e 54-quater) non opera alcun riferimento al coordinamento investigativo come criterio rilevante per l’individuazione, in via autoritativa, dell’ufficio cui spetta di procedere.

Soprattutto, la conseguenza procedimentale espressamente prevista per l’ipotesi in cui non risulta effettivo il coordinamento delle indagini, e sempre che le investigazioni si riferiscano alle specifiche fattispecie di reato indicate dal legislatore, è quella della avocazione, istituto la cui operatività è rimessa alle esclusive determinazioni del PG presso la corte d’appello, a norma dell’art. 372, comma 1-bis (o, nei casi di cui all’art. 371- bis, del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo), rispetto al quale resta del tutto estraneo il giudice, e che, di per sé, non incide sulla validità ed efficacia degli atti già compiuti (Sez. 6, 9989/2018).

La competenza della Procura distrettuale, legittimamente radicata in relazione ad un delitto previsto dall’art. 51, comma 3-bis, si estende a tutti i reati connessi, persino di maggiore gravità, e agli imputati giudicati nello stesso procedimento. La regola, tuttavia, presuppone che tra i reati, così come contestati ai diversi imputati, possano operare i criteri della competenza per connessione ai sensi degli artt. 12 e ss.

Non basta, perciò, a giustificare uno spostamento di competenza per i soggetti non imputati di reati di competenza distrettuale, la circostanza che si proceda simultaneamente nei loro confronti, neppure ove siano loro contestati reati collegati ai sensi dell’art. 371-bis, comma 2, ovvero reati in concorso con altri imputati per i quali operi l’ipotesi di cui alla lettera b) dell’art. 12 (Sez. 1, 36057/2014).