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Art. 730 - Riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti previsti dal codice penale

1.Il Ministro della giustizia, quando riceve una sentenza penale di condanna o di proscioglimento pronunciata all’estero nei confronti di cittadini italiani o di stranieri o di apolidi residenti nello Stato ovvero di persone sottoposte a procedimento penale nello Stato, trasmette senza ritardo al procuratore generale presso la corte di appello, nel distretto della quale ha sede l’ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o, se questo è sconosciuto, presso la Corte di appello di Roma, copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con le informazioni e la documentazione del caso. Trasmette inoltre l’eventuale richiesta indicata nell’articolo 12 comma 2 del codice penale.

2. Il procuratore generale, se deve essere dato riconoscimento alla sentenza straniera per gli effetti previsti dall’articolo 12 comma 1 numeri 1, 2 e 3 del codice penale, promuove il relativo procedimento con richiesta alla corte di appello. A tale scopo, anche per mezzo del Ministero della giustizia, può chiedere alle autorità estere competenti le informazioni che ritiene opportune.

2-bis. Quando il procuratore generale è informato dall’autorità straniera, anche per il tramite del Ministero della giustizia, dell’esistenza di una sentenza penale di condanna pronunciata all’estero, ne richiede la trasmissione all’autorità straniera con le forme previste dalle convenzioni internazionali in vigore con lo Stato estero ovvero, in mancanza, con rogatoria, ai fini del riconoscimento ai sensi del comma 2.

3. La richiesta alla corte di appello contiene la specificazione degli effetti per i quali il riconoscimento è domandato.

Rassegna giurisprudenziale

Riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti previsti dal codice penale (art. 730)

Non possono essere dedotte con l’incidente di esecuzione le questioni relative al merito del giudizio di riconoscimento delle sentenze penali estere di cui agli artt. 730 e ss. In effetti, quella di riconoscimento di sentenze di condanna è pur sempre una pronuncia del giudice della cognizione che, quando è divenuta irrevocabile, non può essere modificata da quello dell’esecuzione (Sez. 1, 39895/2018).

È costante la giurisprudenza di legittimità nel ritenere assicurato il contraddittorio ed il diritto di difesa dell’interessato e, a questi fini, sufficientemente motivata una richiesta di riconoscimento della sentenza penale straniera, anche quando essa si limiti a fare riferimento agli effetti previsti dall’art. 12 Cod. pen. (Sez. 6, 31377/2011).

Non è necessario che la corte di appello, esprimendosi in sede di riconoscimento della sentenza penale straniera per gli effetti previsti dal codice penale (art. 730), elenchi in via esemplificativa gli ‘effetti penali’ che al riconoscimento conseguano. Gli stessi, piuttosto, nel loro dispiegarsi devono intendersi ricompresi dall’utilizzata locuzione con cui resta quindi pienamente soddisfatto ogni correlato obbligo di motivazione (Sez. 6, 51663/2016).

Non esiste, nell’ambito dei rapporti di cooperazione giudiziaria penale tra Italia e Stati Uniti d’America, uno strumento pattizio di regolamentazione della materia, che avrebbe altrimenti postulato l’applicazione dell’art. 731: sono, dunque, propriamente le previsioni dell’art. 730 a trovare applicazione nel caso di specie.

Ciò posto, il primo canone ermeneutico che si impone nell’interpretazione della legge è quello letterale, secondo quanto stabilito dall’art. 12, comma 1, Preleggi, a mente del quale “Nello applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”, ma nel caso di specie occorre prendere atto che la previsione in esame (“sentenza ... pronunciata all’estero nei confronti di cittadini italiani o di stranieri o di apolidi residenti nello Stato ovvero di persone sottoposte a procedimento penale nello Stato”) non si presta ad interpretazione ictu oculi piana e dirimente.

È dunque consentito ricorrere, secondo la scala di priorità delineata dallo stesso art. 12 Preleggi, all’interpretazione cd. sistematica, che si sostanzia nel ricorso a “disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe” ed infine, se il caso rimane ancora dubbio “ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato” (art.12, comma 2, Preleggi).

Ai fini dell’identificazione delle materie analoghe vale, infatti, in primo luogo ricordare che l’art. 730 si colloca nel Libro XI del codice di procedura penale, quello cioè dedicato ai rapporti con le autorità giurisdizionali straniere ed in particolare alle materie dell’estradizione (Titolo II), delle rogatorie internazionali (Titolo III) e per l’appunto degli effetti delle sentenze penali straniere nonché dell’esecuzione all’estero di sentenze penali italiane (Titolo IV).

Orbene, la prima considerazione che viene in rilievo è che nei rapporti internazionali su base bilaterale o multilaterale in materia penale, il criterio della cittadinanza ha da sempre svolto e continua a svolgere un ruolo centrale per dirimere i dubbi concernenti l’ambito di estensione della giurisdizione delle parti contraenti; in altri termini, è ancora in base al criterio della cittadinanza che si dirime la gran parte dei potenziali conflitti di giurisdizione tra Stati sovrani.

Il criterio della cittadinanza funge, dunque, da elemento di caratterizzazione della natura e della qualità dei rapporti di cooperazione tra le giurisdizioni dei singoli Stati.

Ai fini della soluzione della questione in esame, il rilievo preminente del criterio della cittadinanza nazionale impone, a giudizio di questo collegio, di dare valore assoluto al riferimento normativo che l’art. 730 fa di tale condizione soggettiva, nel senso di risultare applicabile a tutti i cittadini italiani, a prescindere dal luogo della loro residenza o dalla circostanza della loro sottoposizione a procedimento penale in Italia (Sez. 6, 50616/2013).