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Art. 731 - Riconoscimento delle sentenze penali straniere a norma di accordi internazionali

1.  Il Ministro della giustizia, se ritiene che a norma di un accordo internazionale deve avere esecuzione nello Stato una sentenza penale pronunciata all’estero o comunque che a essa devono venire attribuiti altri effetti nello Stato, ne richiede il riconoscimento. A tale scopo trasmette al procuratore generale presso la corte di appello nel distretto della quale ha sede l’ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o, se questo è sconosciuto, presso la Corte di appello di Roma, una copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con la documentazione e le informazioni disponibili. Trasmette inoltre l’eventuale domanda di esecuzione nello Stato da parte dello Stato estero ovvero l’atto con cui questo Stato acconsente all’esecuzione. Le informazioni supplementari, eventualmente necessarie, possono essere richieste e ottenute con qualsiasi mezzo idoneo a garantire l’autenticità della documentazione e della provenienza.

1-bis. Le disposizioni del comma si applicano anche quando si tratta dell’esecuzione di una confisca ed il relativo provvedimento è stato adottato dall’autorità giudiziaria straniera con atto diverso dalla sentenza di condanna.

2. Il procuratore generale promuove il riconoscimento con richiesta alla corte di appello. Ove ne ricorrano i presupposti, richiede che il riconoscimento sia deliberato anche agli effetti previsti dall’articolo 12 comma 1 numeri 1, 2 e 3 del codice penale.

Rassegna giurisprudenziale

Riconoscimento delle sentenze penali straniere a norma di accordi internazionali (art. 731)

La sentenza emessa da uno Stato membro dell’UE non ha bisogno di essere formalmente riconosciuta ai sensi dell’art. 731, discendendo la sua esecutività direttamente dalla legge interna di conformazione alla Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’U.E. del 13 giugno 2002 (Sez. 6, 20527/2014).

L’art. 731 va interpretato anche alla luce della Relazione preliminare al vigente codice di rito. Questa (p. 156 e 157, par. sul Titolo IV) ha spiegato che, nel regolare gli aspetti interni relativi alle forme di cooperazione internazionale e, in particolare, in tale ambito l’esecuzione di sentenze straniere al di fuori della casistica di cui all’art. 12 Cod. pen., si è ritenuto che i più delicati problemi di adattamento della nuova normativa ai principi del sistema penale italiano (relativi alla corretta individuazione dei meccanismi attraverso i quali conferire alla sentenza straniera valore per l’ordinamento italiano sì da poterne far derivare l’esecuzione) potessero essere adeguatamente risolti adottando in via generale, con opportuni aggiustamenti, il già noto istituto del ‘riconoscimento delle sentenze penali straniere.

Il procedimento di riconoscimento delle sentenze penali straniere (ed in particolare la competenza della Corte d’appello a provvedere previo contraddittorio sulla richiesta) è pertanto rito generale quando si tratti di dare esecuzione ad un obbligo pattizio internazionale, a prescindere dalla ricorrenza delle evenienze specificamente indicate nell’art. 12 Cod. pen. Tant’è che la seconda parte del comma 2 dell’art. 731 espressamente dispone che il procuratore generale promuove il rito per il riconoscimento della sentenza straniera, finalizzato all’adempimento di obblighi conseguenti ad accordo internazionale, e, ove ne ricorrano gli specifici (e diversi) presupposti, richiede che tale riconoscimento sia deliberato ‘anche’ agli effetti previsti dall’art. 12 comma 1 numeri 1-3 Cod. pen. (fattispecie altrimenti disciplinata autonomamente dall’art. 730) (Sez. 6, 46201/2013).

Il principio del divieto di attuazioni più gravose trova fondamento negli artt. 735 comma 3 e 10, paragrafo 2 della Convenzione di Strasburgo del 1983, oltre che nell’art. 10, comma 5, D. Lgs. 161/2010. Sulla scorta di quanto indicato dalle disposizioni richiamate è evidente che il profilo di maggiore gravità esecutiva della pena afferisce alla durata o alle modalità di esecuzione della pena stessa e si incentra sulla misura o sulle modalità esecutive della pena inflitta.

Invero, gli artt. 731 e ss. assumono carattere residuale per effetto del disposto di cui all’art 696 e la Convenzione di Strasburgo del 1983 cede il passo alla disciplina di cui al D. Lgs. anzidetto con cui la normativa interna dello Stato italiano si è, appunto, conformata alle regole dell’UE (Sez. 1, 47071/2018).

La richiesta di riconoscimento della sentenza penale straniera di cui all’art. 731 deve ritenersi sufficientemente motivata anche quando la stessa contenga il puntuale riferimento alle ipotesi previste dalla norma del codice, atteso che in tal modo può ritenersi comunque assicurato il contraddittorio e il diritto di difesa dell’interessato.

Una volta che la richiesta risulti presentata alla corte di appello nelle suddette forme, non è previsto che la stessa venga comunicata con l’avviso di fissazione dell’udienza camerale (Sez. 6, 3137/2011).

Non esiste, nell’ambito dei rapporti di cooperazione giudiziaria penale tra Italia e Stati Uniti d’America, uno strumento pattizio di regolamentazione della materia, che avrebbe altrimenti postulato l’applicazione dell’art. 731: sono, dunque, propriamente le previsioni dell’art. 730 a trovare applicazione nel caso di specie (Sez. 6, 50616/2013).