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Art. 699 - Principio di specialità

1. La concessione dell’estradizione, l’estensione dell’estradizione già concessa e la riestradizione sono sempre subordinate alla condizione espressa che, per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa o estesa ovvero da quello per il quale la riestradizione è stata concessa, l’estradato non venga sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettato ad altra misura restrittiva della libertà personale né consegnato ad altro Stato.

2. La disposizione del comma 1 non si applica quando l’estradato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale è stato consegnato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno.

3. Il ministro può inoltre subordinare la concessione dell’estradizione ad altre condizioni che ritiene opportune.

4. Il ministro verifica l’osservanza della condizione di specialità e delle altre condizioni eventualmente apposte.

Rassegna giurisprudenziale

Principio di specialità (art. 699)

Sono riportate, per la loro pertinenza, anche decisioni riferite all’art. 721.

Il cd. “principio di specialità”, previsto dall’art. 14 Convenzione europea di Estradizione è recepito, nel diritto interno, all’art. 721, costituisce un limite sia alla perseguibilità dell’estradato, sia all’esecuzione di una sentenza nei suoi confronti, impedendo che sia sottoposto a provvedimenti restrittivi della libertà personale per un fatto anteriore e diverso da quello per il quale è stata concessa l’estradizione.

Tuttavia, tale limitazione cessa in presenza di una delle condizioni espressamente indicate dal citato art. 721 ovvero: a) la prestazione del consenso, da parte dello Stato estero, a seguito di una domanda di estradizione suppletiva ex artt. 699 e 710; b) il mancato allontanamento dal territorio italiano dell’interessato, che pure ne abbia avuto la possibilità, entro i quarantacinque giorni successivi al rilascio definitivo, oppure il volontario ritorno in Italia (c.d. purgazione dell’estradizione) (Sez. 1, 44589/2018).

Il principio di specialità consente allo Stato richiedente di procedere in ordine al fatto per il quale l’estradizione è stata concessa e determina, in riferimento a fatti punibili con pena detentiva, anteriori e diversi da quelli per i quali è stata concessa l’estradizione, una vera e propria preclusione all’esercizio dell’azione penale da intendersi quale limite alla possibilità di giudicare l’imputato per i suddetti ma non può comportare alcuna preclusione all’esercizio dell’azione penale ed al conseguente giudizio in relazione a condotte criminose poste in essere successivamente all’estradizione, per quanto in esecuzione del medesimo disegno criminoso che contraddistingueva anche quelle poste in essere anteriormente all’estradizione e non oggetto di questa (Sez. 2, 3706/2016; SU 8/2001).

Ai fini della individuazione della nozione di fatto, quale delineata nel sottoinsieme delle norme di natura convenzionale posto a fondamento del principio di specialità, è pacifico che tale definizione deve intendersi riferita non alla fattispecie astratta ma al fatto-reato e, cioè, all’accadimento storico considerato nei suoi elementi costitutivi quale descritto nella richiesta di estradizione e negli atti processuali in essa richiamati (Sez. 6, 49995/2017).

La clausola di specialità di cui all’art. 14 della Convenzione europea di estradizione si configura come disposizione introduttiva di una condizione di procedibilità, la cui mancanza costituisce elemento ostativo all’esercizio dell’azione penale (SU, 8/2001, richiamata da Sez. 2, 3706/2016).

Il principio di specialità previsto dall’art. 14 della convenzione europea di estradizione non opera quando non sussistono, al momento dell’esercizio dell’azione penale per il fatto diverso, i presupposti per la configurabilità della condizione di (im)procedibilità, sicché il difetto dell’estradizione suppletiva precluderà solo, ex art. 721, l’esecuzione della misura cautelare o della sentenza definitiva; ciò perché essendo l’estradizione una condizione di procedibilità, le condizioni che ne costituiscono il presupposto debbono sussistere al momento in cui viene esercitata l’azione penale (Sez. 1, 8831/2006).

Quando il giudizio sia approdato nella fase dibattimentale, il principio di specialità in questione opera come preclusione alla prosecuzione del giudizio, atteggiandosi come condizione di proseguibilità dell’azione penale, con la conseguenza che, se l’estradizione per altri reati sia intervenuta nelle more del giudizio di appello ed il giudice di secondo grado abbia pronunciato sentenza, dovrà essere annullata senza rinvio solo tale decisione, e non anche quella emessa in primo grado, con trasmissione degli atti al giudice di appello perché eventualmente si provveda alla richiesta di estradizione suppletiva (Sez. 6, 932/2010).

In senso contrario: deve ritenersi validamente effettuata la prosecuzione del giudizio nei confronti di persona estradata per altri reati nel regime della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, e resa esecutiva in Italia con L. 300/1963, quando, in relazione al fatto per il quale non sia stata disposta consegna, sia stata emessa, anteriormente all’estradizione, una sentenza di condanna non ancora irrevocabile, ferma restando l’ineseguibilità della pena irrogata fino alla concessione dell’estradizione suppletiva (Sez. 6, 5816/2017).

In tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, il principio di specialità previsto dall’art. 14 della Convenzione europea di estradizione non vieta che si proceda per un reato non contemplato nel provvedimento di estradizione, se, al proposito, vi è stato consenso dell’interessato.

Tuttavia, il consenso della persona interessata a che si proceda nei suoi confronti anche per un reato non compreso nel provvedimento di estradizione deve essere formulato in modo espresso e formale, in modo da risultare inequivoco; pertanto il consenso non può essere desunto da comportamenti positivi od omissivi dell’imputato che, in quanto diretti ad altri fini, non sono idonei a rivelare in maniera certa ed univoca la sua volontà (Sez. 6, 5816/2017).

Il rispetto del principio di specialità importa l’obbligo dello Stato richiedente di attenersi al fatto per il quale l’estradizione fu concessa ma non impedisce, nel rispetto delle norme processuali interne, lintegrazione dell’imputazione con elementi circostanziali, che non immutino il fatto nel nucleo essenziale della sua configurazione materiale e giuridica, e che, con riguardo alla recidiva, implicano non già la punizione per un fatto antecedente ma la possibilità di aumento della pena per il reato commesso commisurandola alla personalità dell’imputato e, quindi, valorizzando la pericolosità dell’agente, attualizzata per effetto della commissione del reato per il quale è intervenuta l’estradizione (Sez. 6, 49995/2017).

In tema di MAE, ai sensi dell’art. 32 L. 69/2005 vige un principio di specialità “attenuata”, per il quale la persona consegnata può essere legittimamente sottoposta a procedimento penale per “fatti anteriori e diversi” a condizione che non sia privata della libertà personale durante o in conseguenza di tale procedimento, dovendo diversamente lo Stato di emissione  in assenza di altre eccezioni al principio di specialità  attivare la prescritta procedura per ottenere l’assenso dallo Stato di esecuzione (Sez. 2, 14738/2017).

La regola di specialità opera anche per la fase esecutiva ed impedisce che il consegnato o l’estradato, in mancanza o in attesa dì un provvedimento suppletivo, sia sottoposto a limitazione della libertà, per effetto, ad esempio, del provvedimento di unificazione di pene concorrenti, comprensivo anche di sanzione inflitta per fatti diversi da quelli per cui l’estradizione è stata concessa o comunque di qualsiasi provvedimento successivo che renda eseguibile una sentenza di condanna (Sez. 1, 8580/2015).

Anche la revoca della sospensione condizionale della pena non può essere disposta per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali la consegna è stata concessa (Sez. 1, 40256/2007).

In materia di estradizione attiva, il principio di specialità previsto dall’art. 14, par. 1, della Convenzione europea di estradizione non è riferibile alle misure di prevenzione personali e al relativo procedimento di applicazione, sicchè la persona estradata in Italia può essere assoggettata a misure di prevenzione personali e al relativo procedimento, senza la necessità di una preventiva richiesta di estradizione suppletiva allo Stato che ne ha disposto la consegna (SU, 10281/2008).

Secondo l’interpretazione consentita dalla decisione quadro 2002/584/Gai del Consiglio dell’Unione Europea del 13 giugno 2002, il principio di specialità non va applicato in senso assoluto come ostativo alla sottoposizione della persona ricercata a procedimento penale nello Stato richiedente per reati diversi ed anteriori alla consegna rispetto a quelli per i quali è stato emesso il MAE europeo, ma lo stesso resta inattuato, sia quando il titolo di reato per cui si indaga o si celebra il giudizio è ostativo all’adozione di una misura restrittiva, sia se si proceda penalmente contro la persona consegnata senza l’adozione di misure limitative della libertà personale.

Nel diverso caso in cui tale soggetto sia destinatario di provvedimento impositivo di misura cautelare in procedimento per reati diversi da quelli per i quali la consegna è stata accordata e commessi anteriormente ad essa, in difetto di ulteriore consenso espresso dello Stato richiesto, che può essere sollecitato in estensione una volta avvenuta la consegna, secondo quanto consentito dalla L. 69/2005, art. 26, comma 3, deve ritenersi preclusa allo Stato di emissione del MAE, non già l’adozione della misura, che resta valida, ma la sua esecuzione, sia durante il procedimento, che in esito allo stesso quando si debba dar corso al rapporto esecutivo (Sez. 6, 39240/2011) (la riassunzione si deve a Sez. 1, 38716/2013).

In tema di estradizione dall’estero il principio di specialità, in virtù del quale la persona estradata non può essere perseguita, giudicata o sottoposta a restrizione della libertà personale per fatto anteriore e diverso da quello oggetto di estradizione, non è applicabile allorché la relativa procedura per esso prevista non sia stata attivata, mentre per altri fatti abbia avuto esito negativo (SU, 45276/2003).

Non viola il principio di specialità previsto dall’art. 14 della Convenzione europea di estradizione e dall’art. 721, l’applicazione del regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen., con riferimento al fatto per il quale è stata effettuata la consegna, poiché questa e riguarda esclusivamente le modalità di esecuzione della pena da scontare per il reato in relazione al quale l’estradizione è stata chiesta e concessa e, pertanto, costituisce solamente un particolare regime carcerario, le cui caratteristiche non sono state ritenute inumane dalla Corte costituzionale e, per larga parte, rientrano nella discrezionalità delle amministrazioni penitenziarie di ogni Paese (Sez. 1, 52054/2014).

Il regime di detenzione differenziato previsto dall’art. 41-bis Ord. pen., anche dopo la modifica normativa ad opera della L. 94/2009, ha conservato la sua natura di istituto caratterizzato da finalità preventive e non si è trasformato in una “pena differenziata”. Né sotto altro profilo, pur richiamata la natura “preventiva” del regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen., v’è spazio per ritenere violato il principio di specialità essendo avvenuta la consegna non per l’applicazione di una misura di prevenzione. In ogni caso le misure di prevenzione risultano estranee alle forme ed alle procedure estradizionali, sicché la persona estradata in Italia può essere assoggettata a misure siffatte personali e al relativo procedimento, senza la necessità di una preventiva richiesta di estradizione suppletiva allo Stato che ne ha disposto la consegna. (SU, 10281/2008, richiamata da Sez. 1, 39263/2017).

La mancata proposizione della doglianza nel corso del giudizio di appello, e la proposizione di difese nel merito, ivi compresa la formulazione della richiesta di essere giudicato nelle forme del giudizio abbreviato, non implicano rinuncia al principio di specialità da parte dell’estradato.

Unica ipotesi di consenso implicito da parte dell’interessato a che si proceda nei suoi confronti, in deroga al principio di specialità, è stato ravvisato nella richiesta di applicazione di pena concordata ex art. 444 (Sez. 3, 10473/2015), mentre si è escluso che fossero inequivocamente indicativi dell’accettazione del procedimento lo svolgimento di una difesa nel merito (Sez. 1,  33668/2015), la presentazione di richiesta di pena concordata in appello da parte della difesa ex art. 599 (Sez. 1, 14005/2007), e persino la richiesta di beneficiare del condono (Sez. 1, 8580/2015) (la riassunzione si deve a Sez. 6, 5916/2017).