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Art. 704 - Procedimento davanti alla corte di appello

1. Scaduto il termine previsto dall’articolo 703 comma 5, il presidente della corte fissa l’udienza per la decisione, con decreto da comunicarsi al procuratore generale e da notificarsi alla persona della quale è richiesta l’estradizione, al suo difensore e all’eventuale rappresentante dello Stato richiedente, almeno dieci giorni prima, a pena di nullità. Provvede inoltre a designare un difensore di ufficio alla persona che ne sia priva e, ove necessario, nomina un interprete. Fino a cinque giorni prima dell’udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.
2. La corte decide con sentenza in camera di consiglio, entro sei mesi dalla presentazione della requisitoria, sull’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione, dopo aver assunto le informazioni e disposto gli accertamenti ritenuti necessari, sentiti il pubblico ministero, il difensore e, se comparsi, la persona della quale è richiesta l’estradizione e il rappresentante dello Stato richiedente.
3. Quando la decisione è favorevole all’estradizione, la corte, se vi è richiesta del Ministro della giustizia, dispone la custodia cautelare in carcere della persona da estradare che si trovi in libertà. Provvede, altresì, al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti, stabilendo quali devono essere consegnati allo Stato richiedente.
4. Quando la decisione è contraria all’estradizione, la corte revoca le misure cautelari applicate e dispone in ordine alla restituzione delle cose sequestrate.

Rassegna giurisprudenziale

Procedimento davanti alla corte di appello (art. 704)

In tema di accertamento delle condizioni per l’accoglimento delle domande di estradizione di un imputato verso l’estero, secondo cui la valutazione compiuta dalla corte di appello concerne esclusivamente la legale possibilità della estradizione passiva, esulando dalle sue attribuzioni ogni valutazione di opportunità, nonché la possibilità di subordinare l’estradizione a condizioni, nell’ipotesi in cui  come nella specie  l’estradando debba essere giudicato anche nel territorio dello Stato per fatti diversi da quelli oggetto dell’estradizione; rientra, infatti, nell’esclusiva sfera di competenza del Ministro della giustizia, ed attiene alla fase esecutiva dell’estradizione medesima, la facoltà, per scelta politico-amministrativa, di rimandare la consegna dell’estradando, ovvero di procedere ad una consegna temporanea, atteso che solo la pendenza in Italia di un procedimento penale per lo stesso fatto oggetto della richiesta di estradizione vieta di adottare una pronuncia di estradabilità (Sez. 6, 48628/2017).

L’estradizione viene accordata sulla base dell’esame dei soli documenti allegati alla domanda, nel senso che la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza va presunta dai documenti che la stessa convenzione indica e che devono essere allegati alla domanda. Il controllo riservato alla autorità giudiziaria italiana pertanto deve limitarsi alla verifica che dalla documentazione trasmessa risultino evocate le ragioni per le quali si ritiene probabile che l’estradando abbia commesso il reato oggetto dell’estradizione, ma non può di certo estendersi alla valutazione autonoma degli indizi (Sez. 6, 9758/2014).

L’estensione al merito delle attribuzioni della Corte di cassazione non può spingersi sino al punto di onerarla di attività istruttoria, restando fermo il principio che essa effettua solo l’esame cartolare, limitato peraltro alle informazioni allo stato acquisite (Sez. 2, 37023/2011).

Il principio dell’immutabilità del giudice, sancito dall’art. 525, comma 2, non è applicabile alla pronuncia sull’estradizione emessa dalla corte di appello. Ne consegue che, una volta rinviato il giudizio sull’estradabilità ad altra udienza per l’acquisizione di ulteriore documentazione, non è imposta la stessa composizione del collegio, dovendo la pronuncia essere resa in base alla documentazione trasmessa dallo Stato richiedente e a conclusione della discussione orale delle parti, nei limiti entro cui queste ultime intendano sviluppare argomenti ulteriori rispetto a quelli già risultanti dai documenti acquisiti agli atti e prodotti dalla difesa.

Linea interpretativa, questa, la cui portata applicativa è stata estesa, per le medesime ragioni, anche alla procedura d consegna basata sul MAE (Sez. 6, 7792/2014).

La mancata attivazione da parte della corte d’appello della procedura di richiesta di informazioni integrative ai sensi dell’art. 16 L. 69/2005 è certamente sindacabile, ove le informazioni mancanti risultino decisive ai fini della consegna (Sez. 6, 21774/2016).

A norma degli artt. 704, comma 1, e 708, la corte di appello deve limitarsi a verificare la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione, spettando all’autorità governativa ogni determinazione in merito all’effettivo accoglimento di quella domanda e alla conseguente consegna dell’estradando.

Ciò a differenza di quanto stabilito dalla L. 69/2005 che, con riferimento al differente sistema normativo del MAE, ha sostituito il meccanismo estradizionale nei rapporti tra gli Stati membri dell’Unione europea, prevede che a decidere sulla richiesta di consegna sia l’autorità giudiziaria, senza alcuna ulteriore mediazione da parte del Ministero della giustizia (Sez. 6, 49879/2013).

Relativamente al procedimento di estradizione, che presuppone un rapporto tra Stati, l’autenticità dei titoli giustificativi della relativa domanda è garantita dal carattere ufficiale della medesima, qualora gli atti prodotti siano ad essa allegati per farne parte integrante (Sez. 6, 13931/2017).

La richiesta ministeriale non è vincolante per l’autorità giudiziaria anche nell’ipotesi prevista dall’art. 704, comma 3, dovendo la misura cautelare essere comunque disposta in vista delle esigenze cautelari afferenti al procedimento di estradizione, da valutarsi autonomamente ai sensi dell’art. 714, comma 2 (Sez. 6, 846/1991, avallata da SU, 23156/2003, di recente ribadita da Sez. 6, 45516/2018).

In senso contrario: una volta che sia intervenuta la pronunzia favorevole all’estradizione la custodia cautelare deve essere invece applicata a semplice richiesta del Ministro della Giustizia, e dunque a prescindere dai presupposti richiesti e dai criteri di applicazione dettati nella normativa generale sull’applicazione delle misure cautelari (Sez. 6, 746/1999).

Le richieste formulate in materia cautelare dal Ministro della giustizia (ex artt. 704, comma 3, 714, comma 1, 715, comma 1, 716, comma 4 e 718, comma 2) dispiegano i loro effetti tipici all’interno della fase giurisdizionale del procedimento di estradizione, ma non costituiscono atti riservati alla sua esclusiva competenza personale, né di certo possono essere definiti come atti politici, in quanto non ineriscono all’esercizio della direzione suprema degli affari dello Stato, ne’ riguardano la formulazione in via generale e al massimo livello dell’indirizzo politico e programmatico del Governo, con la conseguenza che deve ritenersi legittima ed efficace una richiesta sottoscritta dal direttore generale del Ministero della giustizia in virtù di una delega amministrativa, anche di carattere generale, conferitagli dallo stesso Ministro (Sez. 6, 2657/2014).

In tema di estradizione per l’estero, l’inosservanza della disposizione contenuta nell’art. 201 Att. secondo cui le domande provenienti da un’autorità straniera, nonché i relativi atti e documenti sono accompagnati da una traduzione in lingua italiana, non dà a luogo ad alcuna ipotesi di nullità (Sez. 6, 9896/2016).

Qualora la corte di appello pervenga ad una decisione favorevole all’accoglimento della relativa domanda, deve disporre la custodia in carcere dell’estradando sul solo presupposto della richiesta in tal senso formulata dal Ministro della giustizia, non assumendo più alcun rilievo le esigenze cautelari cui la misura è subordinata, a norma dell’art. 714, comma 2, quando la richiesta è valutata prima della sentenza favorevole all’estradizione (Sez. 6, 2657/2014).

Non è previsto da alcuna norma che la sentenza in materia di estradizione debba contenere i capi di imputazione, non trattandosi di sentenza di condanna (Sez. 6, 45717/2016).