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Art. 708 - Provvedimento di estradizione. Consegna

1. Il Ministro della giustizia decide in merito all’estradizione entro quarantacinque giorni dalla ricezione del verbale che dà atto del consenso all’estradizione ovvero dalla notizia della scadenza del termine per l’impugnazione o dal deposito della sentenza della corte di cassazione.

2. Scaduto tale termine senza che sia intervenuta la decisione del ministro, la persona della quale è stata chiesta l’estradizione, se detenuta, è posta in libertà.

3. La persona medesima è altresì posta in libertà in caso di diniego dell’estradizione.

4. Il Ministro della giustizia comunica senza indugio allo Stato richiedente la decisione e, se questa è positiva, il luogo della consegna e la data a partire dalla quale sarà possibile procedervi, dando altresì precise indicazioni circa le limitazioni alla libertà personale subite dall’estradando ai fini dell’estradizione.

5. Il termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, su domanda motivata dello Stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni. Il termine per la consegna è sospeso in caso di sospensione dell’efficacia della decisione del Ministro della giustizia da parte del competente giudice amministrativo e riprende a decorrere dalla data di deposito del provvedimento di revoca del provvedimento cautelare o del provvedimento con cui è accolto il gravame proposto avverso il provvedimento cautelare o della sentenza che rigetta il ricorso ovvero della decisione che dichiara l’estinzione del giudizio.

6. Il provvedimento di concessione dell’estradizione perde efficacia se, nel termine fissato, lo Stato richiedente non provvede a prendere in consegna l’estradando; in tal caso quest’ultimo viene posto in libertà.

Rassegna giurisprudenziale

Provvedimento di estradizione. Consegna (art. 708)

Dopo la pronuncia definitiva favorevole all’estradizione, le ipotesi di inefficacia sopravvenuta della misura sono solo quelle «specificamente previste dall’art. 708: se scade inutilmente il termine di 45 giorni senza che sia intervenuta la decisione del Ministro in merito all’estradizione (comma 2) ovvero in caso di diniego della stessa (comma 3), ed altresì se nel termine fissato lo Stato richiedente non provveda a prendere in consegna l’estradando (comma 6)», mentre «non è previsto alcun termine perentorio (“senza indugio”: art. 708, comma 4) per la comunicazione della decisione del Ministro allo Stato richiedente e, se positiva, del luogo e della data della consegna [...]», così come è possibile per il Ministro «sospendere l’esecuzione dell’estradizione per una durata indefinita e destinata a protrarsi nel tempo».

Si aggiunge, anzi, che, proprio evidenziando il possibile perdurare della restrizione in vinculis dell’estradando in attesa di consegna, le Sezioni Unite hanno ritenuto consentito anche in questa fase il controllo giurisdizionale sulla richiesta di revoca o di sostituzione della misura coercitiva nell’ambito del procedimento incidentale de libertate.

Peraltro, la sentenza citata precisa che il controllo è ammesso «purché la richiesta si fondi su motivi attinenti alla sopravvenuta inefficacia della misura o all’insussistenza delle esigenze cautelari, con particolare riguardo al pericolo di fuga, e la persona non sia già stata consegnata allo Stato richiedente, e sempre che sulla questione non sia intervenuta, nel procedimento principale di estradizione, la decisione definitiva sulla questione de libertate che determina una preclusione endoprocessuale sul punto» (SU, 26156/2003, richiamata da Sez. 6, 17773/2018).

Se è vero che la mancanza di uno specifico complesso di norme paragonabile a quello esistente in Italia in tema di “protezione” dei collaboranti di giustizia nello Stato straniero richiedente l’estradizione di un suo cittadino trova ragionevole spiegazione in differenti, comprensibili, valutazioni di politica legislativa, corrispondenti alle esigenze ritenute prioritarie ed opportune da parte di ciascuno Stato, e dunque non esclude ex se la possibilità di concedere l’estradizione anche in mancanza di tale complesso di norme (Sez. 6, 1354/1998), è pur vero, sotto altro ma connesso profilo, che occorre verificare, anche nella fase giurisdizionale della procedura, se da parte di tale Paese possano essere adottate particolari misure protettive di singoli cittadini, qualora se ne dovesse ravvisare la necessità o l’opportunità, specie a fronte della rilevata consistenza e peculiarità del tipo di collaborazione offerta, incidendo anche tale profilo di merito sul vaglio delibativo inerente al necessario rispetto, in concreto, delle forme e garanzie di tutela dei diritti fondamentali dell’estradando (Sez. 6, 6488/2015).

Una volta divenuta definitiva la sentenza favorevole alla estradizione, per il soggetto in atto sottoposto a misure cautelari si produce ex lege una estensione temporale della coercizione personale finalizzata esclusivamente alla esecuzione della estradizione, entro i limiti inderogabili stabiliti dall’art. 708 (Sez. 6, 28033/2004).

Nell’ipotesi in cui la mancata consegna derivi da un impedimento giuridico legato alla pronuncia di un’ordinanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento ministeriale, non può certo prodursi la perdita di efficacia del decreto di estradizione (art. 708, comma 6, prima parte), che dunque potrebbe nuovamente essere posto in esecuzione, con la conseguente riapertura dei termini per la consegna, una volta che il procedimento davanti al giudice amministrativo si concludesse con il rigetto del ricorso.

Ciò che inevitabilmente si produce è, invece, il dovere dell’autorità giudiziaria di porre in libertà il soggetto estradando, in base all’ultima parte della citata disposizione di cui all’art. 708, comma 6 (Sez. 6, 24382/2014).

Quando l’efficacia del decreto di estradizione venga sospesa da un’ordinanza del giudice amministrativo emessa mentre è già iniziata la fase della consegna, e alla consegna non si faccia luogo proprio in ragione di tale pronuncia, l’estradando, se detenuto, deve essere rimesso in libertà, poiché la legge non prevede l’intervento del giudice amministrativo come causa di sospensione o di proroga dei termini della misura restrittiva applicata, che non possono in nessun caso superare quelli inderogabili previsti per la consegna.

Si è precisato, peraltro, che il provvedimento di estradizione non perde in modo irreversibile la sua efficacia, sicché rimane integra la possibilità di porlo nuovamente in esecuzione, con la conseguente riapertura dei termini per la consegna, nel caso in cui il procedimento dinanzi al giudice amministrativo dovesse concludersi con il rigetto del ricorso.

All’interno di siffatta prospettiva, dunque, l’estensione temporale ex lege del trattamento cautelare applicato all’estradando (a seguito della definitività della decisione giudiziale favorevole alla consegna) deve considerarsi rigorosamente finalizzata alla sola esecuzione della consegna allo Stato richiedente, “entro i limiti inderogabili stabiliti dall’art. 708.

Ne discende che, una volta intervenuto il decreto di estradizione, lo status detentionis dell’estradando non può essere prolungato sine die, oltre gli stretti limiti indicati dall’art. 708, finanche in presenza di una causa di sospensione della consegna rappresentata da una pronuncia del giudice amministrativo, poiché una durata della coercizione personale che si protragga senza limiti temporali definiti dalla legge si porrebbe in palese contrasto con i principi fondamentali fissati dall’art. 13 della Costituzione.

A fronte di tali evenienze, dunque, la conseguenza da trarre – nel caso dell’intervenuta scadenza dei termini fissati dall’art. 708 – non può che essere quella della revoca della misura cautelare in atto e della coeva scarcerazione dell’estradando, secondo una linea interpretativa che, ponendosi in sostanziale adesione con le argomentazioni già sviluppate dalle Sezioni unite (SU, 41540/2006), appare maggiormente rispettosa delle implicazioni de libertate sottese al quadro di principii e di garanzie delineato dalla Costituzione.

Un diverso orientamento giurisprudenziale (Sez. 6, 12451/2011) ha affermato, di contro, la perdurante efficacia dello stato di coercizione cautelare dell’estradando, la cui consegna sia sospesa per decisione del giudice amministrativo, muovendo dal presupposto che, a causa di tale ostacolo giuridico, è impedita l’ulteriore fissazione del termine per la consegna di cui all’art. 708, comma 5, sicché non può operare la perdita di efficacia della custodia prevista dal successivo comma 6, ma esclusivamente quello  generale e desumibile dal rinvio operato dall’art. 714  connesso alla scadenza del termine massimo di durata delle misure coercitive di cui agli artt. 303 e 308.

Secondo tale indirizzo, pertanto, si è in presenza di un ostacolo o di una causa di forza maggiore rispetto alla valida prosecuzione della procedura esecutiva estradizionale, che non può ritenersi assimilabile alla ipotesi di sospensione prevista dall’art. 709 (decisa dal Ministro per esigenze di giustizia nazionale), né al caso di una eventuale inerzia ministeriale. Inoltre, l’argomento usato nella su menzionata decisione SU, 41540/2006 non viene ritenuto condivisibile sul duplice assunto che la mera impugnazione del decreto ministeriale dinanzi alla giurisdizione amministrativa non fa venir meno l’attualità dell’esigenza cautelare del pericolo di fuga, connesso alla immediatezza della consegna, e che la sospensione disposta dal giudice amministrativo dipende da una mera istanza dell’estradando, la quale può celare una finalità meramente dilatoria, con la conseguenza che in tale ipotesi si rendono applicabili i termini di cui all’art. 303, ovvero la sospensione dei termini di cui all’art. 304 (Sez. 6, 10110/2006).

Siffatto contrasto giurisprudenziale, già portato all’attenzione delle Sezioni unite con l’ordinanza di rimessione Sez. 6, 30215/2011, non è stato risolto con la sentenza SU, 6624/2012, poiché le Sezioni unite ebbero a dichiarare l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Al riguardo, in linea generale, v’è da osservare che né l’art. 708, comma 5, né l’art. 18, comma 4, della Convenzione europea di estradizione del 1957 stabiliscono alcunché per l’ipotesi, che viene qui in rilievo, in cui l’efficacia del decreto ministeriale venga sospesa dal tribunale amministrativo regionale, in accoglimento dell’istanza formulata dall’estradando.

Con sentenza 123/2007, inoltre, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 708, comma 2, e 715, comma 6, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost.

Sul punto, deve osservarsi come la Corte costituzionale abbia significativamente rilevato che i rimedi, in linea astratta, potrebbero essere molteplici, e derivare “o da una diversa interpretazione delle disposizioni in oggetto o da interventi del legislatore sulle procedure previste dalla legge in tema di libertà personale dell’estradando. Manca, in definitiva, ad avviso del Giudice delle leggi, “una soluzione costituzionalmente obbligata del dubbio prospettato dal giudice rimettente.

Nel caso in questione, invero, deve sottolinearsi come i peculiari effetti dell’evenienza procedimentale correlata alla sospensione della esecuzione della consegna a seguito di una decisione assunta dal giudice amministrativo non siano espressamente regolati dalla legge ai fini della durata della restrizione cautelare dell’estradando, né gli stessi paiono riconducibili, in via analogica, ad ipotesi di sospensione dei termini legate ad iniziative di parte direttamente incidenti sul procedimento in corso, derivando piuttosto dal concreto esercizio di forme di tutela giurisdizionale che lo stesso ordinamento giuridico espressamente riconosce all’estradando.

Il decreto ministeriale di estradizione, infatti, è ritenuto un atto di alta amministrazione di regola sindacabile da parte del giudice amministrativo, pur all’interno di limiti che lo stesso Consiglio di Stato ha rigorosamente tracciato, allorquando ha sottolineato che l’ordinamento vigente non consente al giudice amministrativo di acclarare la concedibilità tecnico-giuridica dell’estradizione e di ripercorrere ex novo – nel giudizio innescato dall’impugnazione del provvedimento amministrativo discrezionale che la concede – quelle stesse questioni di diritto soggettivo che hanno già formato compiuto oggetto dell’esame dell’autorità giudiziaria ordinaria nella pregressa fase giurisdizionale della procedura (Cons. Stato, Sez. IV n. 3286 del 12 giugno 2007).

Entro tale prospettiva, dunque, rimane precluso al giudice amministrativo ogni tipo di accertamento che si traduca nel riesame di provvedimenti giurisdizionali adottati dal giudice penale (allorché questi ha riscontrato la sussistenza delle condizioni tecnico-giuridiche di estradabilità), trattandosi di questioni concernenti lo status libertatis e comunque posizioni di diritto soggettivo coinvolte e vulnerate dalla procedura di estradizione (Cons. Stato, Sez. IV n. 1996 del 2000).

Parimenti preclusa al giudice amministrativo rimane ogni indagine che esorbiti dal riscontro in seno al decreto di profili estrinseci di abnormità o illogicità, suscettibili in quanto tali dì essere apprezzati anche nella giurisdizione di legittimità.

Ne discende, in definitiva, che tale sindacato può riguardare i soli aspetti del provvedimento che siano discrezionali e, quindi, potenzialmente lesivi di interessi legittimi (non sussistendo in materia alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva), ma non può comunque investire il merito intrinseco di una scelta che l’ordinamento configura come ampiamente discrezionale.

In definitiva, deve ritenersi che, una volta intervenuto il decreto ministeriale di estradizione, la coercizione personale non può permanere oltre i limiti indicati dall’art. 708, anche se intervenga una causa di sospensione della consegna, come quando l’estradando debba essere giudicato nel territorio dello Stato o ivi scontare una pena (art. 709), o quando, come verificatosi nel caso di specie, l’esecutività del decreto ministeriale sia sospesa da una pronuncia adottata dall’autorità giudiziaria amministrativa (questa ricostruzione sistematica si deve a Sez. 6, 4338/2015).