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Art. 718 - Revoca e sostituzione delle misure

1. La revoca e la sostituzione delle misure previste dagli articoli precedenti sono disposte in camera di consiglio dalla corte di appello o, nel corso del procedimento davanti alla corte di cassazione, dalla corte medesima.

2. La revoca è sempre disposta se il Ministro della giustizia ne fa richiesta.

Rassegna giurisprudenziale

Revoca e sostituzione delle misure (art. 718)

Il tema della “competenza” in materia di revoca e sostituzione delle misure cautelari con riferimento alla procedura di estradizione risulta affrontato da due precedenti decisioni.

Secondo una sentenza (Sez. 2, 6809/1991), la competenza relativa ad applicazione, revoca e sostituzione delle misure cautelari spetta in linea generale alla corte d’appello, ed è derogata a favore della corte di cassazione solo se il procedimento è “in corso” davanti ad essa, a norma degli artt. 714, comma 5, e 718, comma 1. La decisione inoltre precisa che il procedimento è “in corso” quando il giudice ne abbia la disponibilità dovendo decidere una qualsiasi questione che rientri nella sua competenza, e che la deroga alla generale competenza della corte d’appello viene meno con la statuizione della corte di cassazione.

Una ordinanza, poi, ha disposto la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia in carcere, in conseguenza della trasgressione delle prescrizioni relative alla prima misura, dopo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza della corte d’appello che si era pronunciata in senso favorevole alla estradizione, in relazione ad una richiesta trasmessa nelle more tra la pronuncia del dispositivo ed il deposito delle motivazioni della decisione della Corte di cassazione, ritenendo la “competenza” di quest’ultima in quanto «gli atti non sono stati ancora trasmessi alla Corte territoriale» (Sez. 6, 15628/2008).

Nessuna delle due decisioni risulta aver esaminato specificamente l’ipotesi in cui la Corte di cassazione disponga degli atti del «procedimento» per ragioni diverse da quelle relative alla “competenza” per il giudizio concernente l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione.

Si ritiene al riguardo che l’ambito di “competenza” della Corte di cassazione quale primo giudice in materia di applicazione, sostituzione e revoca delle misure cautelari debba essere inteso in termini di eccezionalità e di stretta interpretazione, e, quindi, limitatamente all’ipotesi in cui gli atti del «procedimento» si trovino davanti alla Suprema Corte per il giudizio concernente l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione (Sez. 6, 17773/2018).

L’esaurimento del procedimento giurisdizionale relativo alla decisione sulla estradizione a richiesta di uno Stato estero non preclude il controllo giurisdizionale sulle misure cautelari: l’art. 718, infatti, stabilisce che la corte d’appello e la Corte di cassazione possono disporre la revoca e la sostituzione delle “misure previste dagli articoli precedenti” senza delimitazione alla fase antecedente alla decisione sulla estradizione, così come l’art. 714, comma 1, dispone che la persona della quale è domandata l’estradizione può essere sottoposta a misure cautelari “in ogni tempo (Sez. 6, 2931/1996).

Ai sensi dell’art. 718, comma 2, la revoca delle misure cautelari, siano esse di natura personale o reale, è sempre disposta quando sia il Ministro della giustizia, a farne richiesta (Sez. 6, 48284/2018).

La competenza a decidere sia sulla necessità del sequestro richiesto ed eseguito all’estero, sia sul suo mantenimento ai fini del procedimento penale, non può che essere dello Stato richiedente, il quale soltanto ha la possibilità di stabilire, in base al reato per cui procede e agli altri elementi in suo possesso, se il sequestro eseguito dall’AG straniera sia utile, o non, per il procedimento e si inquadri in uno dei casi in cui, secondo la propria legislazione, è consentito il sequestro di quella determinata cosa (Sez. 6, 48284/2018).

Il procedimento in camera di consiglio davanti alla corte d’appello chiamata a deliberare sulla richiesta di revoca o sostituzione della misura coercitiva disposta nei confronti dell’estradando deve svolgersi nelle forme partecipate previste dall’art. 127. Infatti, il richiamo contenuto nell’art. 718 alle forme della decisione in camera di consiglio per le istanze riguardanti le misure disposte nel corso della procedura di estradizione, non può che riferirsi al procedimento ex art. 127, l’unico previsto in via generale dall’ordinamento e la cui disciplina può essere disapplicata solo in caso di deroghe specifiche, mancanti per il caso in esame (Sez. 6, 40828/2018).

L’esaurimento del procedimento di estradizione, con decisione favorevole alla stessa, non ha efficacia preclusiva del controllo giurisdizionale sulla richiesta di revoca o sostituzione della misura coercitiva, sempre che la richiesta sia fondata su profili attinenti alla sopravvenuta inefficacia della misura o all’insussistenza delle esigenze cautelari, con particolare riguardo al pericolo di fuga (Sez. 6, 9924/2014).

In tema d’estradizione per l’estero, è legittimo il ripristino d’ufficio della custodia cautelare a fini estradizionali, a seguito della violazione delle prescrizioni degli arresti domiciliari (Sez. 6, 44116/2008).