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Art. 204 - Esclusione del segreto

1. Non possono essere oggetto del segreto previsto dagli artt. 201, 202 e 203 fatti, notizie o documenti concernenti reati diretti all’avversione dell’ordinamento costituzionale nonché i delitti previsti dagli articoli 285, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale. Se viene opposto il segreto, la natura del reato è definita dal giudice. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari su richiesta di parte.

1-bis. Non possono essere oggetto del segreto previsto dagli articoli 201, 202 e 203 fatti, notizie o documenti concernenti le condotte poste in essere da appartenenti ai servizi di informazione per la sicurezza. Si considerano violazioni della predetta disciplina le condotte per le quali, essendo stata esperita l’apposita procedura prevista dalla legge, risulta esclusa l’esistenza della speciale causa di giustificazione.

1-ter. Il segreto di Stato on può essere opposto o confermato ad esclusiva tutela della classifica di segretezza o in ragione esclusiva della natura del documento, atto cosa oggetto della classifica.

1-quater. In nessun caso il segreto di Stato è opponibile alla Corte costituzionale. La Corte adotta le necessarie garanzie per l segretezza del procedimento.

1-quinquies. Quando il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga di confermare il segreto di Stato, provvede, in qualità di Autorità nazionale per l sicurezza, a declassificare gli atti, i documenti, le cose o i luoghi oggetto di classifica di segretezza, prima che siano messi a disposizione dell’autorità giudiziaria competente.

2. Del provvedimento che rigetta l’eccezione di segretezza è data comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Rassegna giurisprudenziale

Esclusione del segreto (art. 204)

Nell’ambito del segreto di Stato il Presidente del Consiglio dei Ministri gode di un ampio potere discrezionale sul cui esercizio è escluso qualsiasi sindacato dei giudici comuni, perché il giudizio sui mezzi idonei a garantire la sicurezza dello Stato ha natura politica. Tanto induce una preminenza dell’interesse della salvaguardia della sicurezza nazionale rispetto alle esigenze dell’accertamento giurisdizionale, e ciò vale anche quando la fonte di prova segretata risultasse essenziale e mancassero altre fonti di prova.

Risulta quindi inibito agli organi dell’azione e della giurisdizione l’espletamento di atti che incidano – rimuovendolo – sul perimetro tracciato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nell’atto o negli atti con i quali ha indicato l’oggetto del segreto, un oggetto che soltanto a quell’organo spetta individuare (Corte Costituzionale, sentenza 24/2014).

Il segreto di Stato può essere opposto solo dai pubblici ufficiali, dai pubblici impiegati e dagli incaricati di pubblico servizio; esso è posto a tutela di interessi squisitamente pubblici, correlati alla sicurezza, alla indipendenza, al prestigio, appunto, dello Stato. E se i fatti coperti da tale segreto non possono essere rivelati all’AG, ovviamente non possono essere rivelati neanche al giornalista.

Al giornalista è consentita, nei confronti del giudice o del PM, la opposizione del solo segreto professionale; ma tale opposizione semplicemente lo legittima a non rivelare la fonte della notizia di cui egli sia venuto in possesso, ma non garantisce certamente la rispondenza al vero della notizia stessa.

Se tale fonte è un (infedele) funzionario dello Stato, il giornalista, appunto, può tutelarlo (e, indirettamente, tutelare la sua futura attività professionale), opponendo il segreto (professionale, non di Stato), ma, così facendo, assume il rischio derivante dalla impossibilità di provare la notizia che ha diffuso.

Così, ovviamente non commette, ad esempio, il reato di false dichiarazioni al PM (art. 371-bis Cod. pen.) il giornalista che si astenga dal fornire informazioni all’organo dell’accusa, opponendo - appunto- il segreto professionale in ordine alla indicazione di notizie che potrebbero condurre all’identificazione di coloro che gli hanno riferito fiduciariamente dati e circostanze.

Ma, sulla base di tale (autorizzata) reticenza, lo stesso non può poi pretendere che il giudice, per ciò solo, attribuisca il crisma della verità a ciò che il giornalista riferisce avere appreso dalla fonte che intende legittimamente mantenere riservata (Sez. 5, 10964/2013).