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Art. 203 - Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza

1. Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate.

1-bis. L’inutilizzabilità opera anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati né assunti a sommarie informazioni.

Rassegna giurisprudenziale

Informatori della polizia giudiziarie e dei servizi di sicurezza (art. 203)

L’art. 203 è norma posta a tutela della PG e degli appartenenti ai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica, di poter utilizzare i loro informatori senza essere obbligati a rivelarne l’identità; ma una volta che i soggetti di cui sopra decidono di riferire all’AG il contenuto delle dichiarazioni dell’informatore e la sua identità non vi è alcun limite per utilizzare tali dichiarazioni come quelle di un teste o di un collaboratore di giustizia, a seconda dei casi.

Nell’ambito del giudizio abbreviato, ai fini dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, non può costituire valido elemento di riscontro alla chiamata in correità il racconto fatto a un ufficiale di PG da un confidente rimasto anonimo, in quanto, ai sensi dell’art. 203, le dichiarazioni rese da un informatore anonimo non possono essere utilizzate neppure nelle fasi diverse dal dibattimento, sempre che lo stesso non sia stato assunto a sommarie informazioni (Sez. 2, 24461/2013).

Sono considerati informatori di polizia, i “confidenti”, cioè coloro che, agendo, di regola, dietro compenso di denaro o in funzione di altri vantaggi, forniscono alla PG occasionalmente, ma con sistematicità, notizie da loro apprese. Ai fini della configurabilità della veste soggettiva di informatore - confidente, sono necessari due requisiti.

Il primo è costituito dal carattere di segretezza, derivante dall’intento del dichiarante di rimanere nell’anonimato per ragioni di opportunità e di sicurezza personale. Il secondo è costituito dal rapporto fiduciario del confidente con le forze di polizia, cioè fra chi fornisce e chi riceve una determinata notizia. Il confidente si identifica con chi ha un rapporto tendenzialmente stabile con la PG, sinallagmatico, nel senso che, a fronte di informazioni ricevute, l’inquirente è in qualche modo tenuto al segreto sulla rivelazione della identità del delatore.

Non sono confidenti le persone informate sui fatti che, avvicinati dagli organi di PG, abbiano loro rilasciato dichiarazioni, rifiutandosi poi di sottoscriverle. Il divieto di utilizzazione a fini di valutazione del quadro indiziario delle notizie acquisite dalla PG presso informatori (art. 267 comma 1-bis in relazione all’art. 203 comma 1-bis.) non opera quando la stessa PG abbia indicato negli atti le generalità complete dell’informatore ovvero abbia precisato in una relazione di servizio il contenuto delle notizie da questi riferite, venendo meno in tal caso il carattere anonimo della fonte (Sez. 6, 42566/2017).

Le fonti anonime sono processualmente inutilizzabili, ai sensi dell’art. 203, anche nel procedimento di sorveglianza (Sez. 1, 18944/2013).

Non è utilizzabile la registrazione fonografica effettuata, all’insaputa dell’interlocutore, da appartenenti alla PG, durante colloqui intrattenuti con indagati, confidenti o persone informate dei fatti, allorché si tratti di informazioni confidenziali inutilizzabili a norma dell’art. 203 (Sez. 6, 31358/2015).