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Art. 720 - Domanda di estradizione

1. Il Ministro della giustizia è competente a domandare a uno Stato estero l’estradizione di un imputato o di un condannato nei cui confronti debba essere eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tal fine il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto si procede o è stata pronunciata la sentenza di condanna ne fa richiesta al Ministro della giustizia, trasmettendogli gli atti e i documenti necessari.

2. L’estradizione può essere domandata di propria iniziativa dal ministro di grazia e giustizia.

3. Il Ministro della giustizia può decidere di non presentare la domanda di estradizione o di differirne la presentazione, quando la richiesta può pregiudicare la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato, dandone comunicazione all’autorità giudiziaria richiedente.

4. Il Ministro della giustizia è competente a decidere in ordine all’accettazione delle condizioni eventualmente poste dallo Stato estero per concedere l’estradizione, purché non contrastanti con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. L’autorità giudiziaria è vincolata al rispetto delle condizioni accettate.
5. Il Ministro della giustizia può disporre, al fine di estradizione, le ricerche all’estero dell’imputato o del condannato e domandarne l’arresto provvisorio.

Rassegna giurisprudenziale

Domanda di estradizione (art. 720)

La commutazione dell’ergastolo in attuazione di una condizione apposta in un provvedimento di estensione dell’estradizione, adottato da uno Stato estero il cui ordinamento non ammette la pena perpetua, esplica i suoi effetti soltanto in relazione alla pena oggetto della condizione, nell’ambito della relativa procedura di estensione, senza operare con riguardo ad altra pena dell’ergastolo – oggetto di un cumulo con la prima – irrogata con una condanna per la cui esecuzione sia stato in precedenza emesso altro provvedimento di estradizione non condizionato (SU, 30305/2021).

Per quanto concerne, il particolare rilievo formulato dalla difesa del ricorrente, secondo la quale, nel procedimento di espulsione, formalmente regolare, si annidi una procedura di estradizione mascherata, eseguita in violazione degli artt. 720 e 721, è sufficiente ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato, da tempo risalente, che l’espulsione costituisce atto di portata più ampia rispetto a quello dell’estradizione perché tronca ogni rapporto di ospitalità o di residenza con lo Stato che provvede alla consegna e dimostra, in tal modo, di non avere più ragione per proteggere tale soggetto, con la conseguenza che tali provvedimenti non pongono limiti all’esercizio dell’azione penale in Italia e non comportano l’applicazione della procedura dell’estradizione.

Ne consegue che, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere ad indagato espulso o consegnato allo Stato italiano in assenza di espletamento della procedura di estradizione, non può farsi questione di violazione del principio di specialità il quale diviene inapplicabile (Sez. 1, 10630/2018).

L’irrogazione dell’ergastolo, rispetto ad imputato estradato sotto la condizione, recepita dallo Stato italiano ai sensi dell’art. 720, comma 4, che gli fosse applicata pena detentiva solo temporanea, configura un’ipotesi di pena illegale. Da un lato, l’anzidetta disposizione integra il parametro normativo legale che fonda l’esercizio della potestà punitiva statuale.

Tale disposizione concorre, insieme alla norma incriminatrice interna, a delimitare, nella specie, la cornice edittale astratta del reato, che risulterà dalla combinazione della previsione di pena originariamente stabilita con gli adattamenti e le limitazioni che formano oggetto della condizione internazionalmente stabilita.

È chiaro che quest’ultima, dovendo rispettare i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, tra cui l’art. 25 comma 2 Cost., non potrà importare aggravamenti del trattamento sanzionatorio; mentre ne sarà possibile la mitigazione, se accettata dall’Italia al fine di assicurare comunque la “giustiziabilità” interna della vicenda e nel quadro della reciproca cooperazione tra Stati in materia estradizionale.

Quest’ultimo rilievo sottende l’ulteriore considerazione per cui, nell’ipotesi di estradizione concessa sotto condizione, l’inosservanza di quest’ultima costituisce inadempimento ad obblighi internazionali convenzionali, la cui tutela poggia oggi direttamente (non diversamente da quanto accada per gli obblighi derivanti dalla CEDU) sull’art. 117, comma 1, Cost., onde la conclusione che l’illegalità della pena assume qui una dimensione sovranazionale di portata realmente non dissimile da quella oggetto della citata sentenza (SU, 18821/2014).

L’approdo, cui è pervenuto l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità più recente, deve dunque ricevere continuità, dovendosi affermare conclusivamente: che, nei confronti di imputato estradato sotto condizione dell’inflizione (in caso di condanna) di pena non eccedente un prestabilito limite, è illegale la pena eventualmente determinata, in violazione della condizione, in misura superiore; che, all’illegalità eventualmente intervenuta in sede di cognizione, deve porre rimedio il giudice dell’esecuzione, investito dal condannato nelle forme di cui agli artt. 666 e 670, riconducendo la pena nei limiti consentiti ed esercitando a tali fini i necessari poteri di accertamento e valutazione (Sez. 1, 1776/2018).

In tema di estradizione dall’estero, le forme del controllo sulla ritualità della procedura con la quale l’autorità straniera concede l’estradizione, per il principio di sovranità territoriale, sancito dall’ordinamento internazionale generale cui si conforma quello nazionale a norma dell’art. 10 Cost., sono esclusivamente regolate dalla legge dello Stato richiesto, di guisa che solo dinanzi alle autorità di quest’ultimo l’interessato può far valere le sue doglianze, principio questo in seguito ulteriormente ed autorevolmente confermato e ribadito dalle stesse sezioni unite della corte (Sez. 1, 30769/2012).

Il provvedimento concessivo dell’estradizione è l’atto processuale con il quale l’Autorità straniera attesta di avere compiuto la positiva verifica delle condizioni di legge indispensabili al riconoscimento della legittimità dell’esercizio della giurisdizione del paese richiedente. La piena espansione della giurisdizione del paese richiedente con la caducazione delle preclusioni alla procedibilità o proseguibilità dell’azione penale, si verifica nel momento stesso della pronuncia di estradizione da parte dell’autorità estera richiesta.

L’invio (da parte del paese richiesto) o la ricezione (presso il paese richiedente) degli incartamenti del procedimento di estradizione non hanno alcun ulteriore effetto sull’efficacia della pronuncia di estradizione (Sez. 2, 18014/2014).

L’art. 14 della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957 e ratificata dall’Italia con L. 300/1963, nel sancire il principio di “specialità”, per cui la persona estradata non può essere perseguita, giudicata, arrestata per fatto anteriore alla consegna e diverso da quello che ha dato luogo all’estradizione, consente tuttavia l’estensione dell’estradizione già concessa, ove richiesta nelle forme e con il corredo della documentazione in generale prescritta dal precedente art. 12 e di “un processo verbale giudiziario contenente le dichiarazioni dell’estradato”, previsto dallo stesso art. 14, comma 1, lett. a), della citata Convenzione; ed è stato chiarito che, essendo la domanda di estradizione atto dello Stato quale soggetto dotato di personalità nella sfera internazionale, spettante, di regola, al Ministro della Giustizia (art. 720), il procedimento che conduce alla sua formazione e trasmissione allo Stato richiesto ha natura amministrativa ed è, come tale, sottratto alle garanzie giurisdizionali, applicabili soltanto alle attività presupposte compiute da autorità giudiziarie nazionali (Sez. 1, 12919/2014).