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Art. 682 - Liberazione condizionale

1. Il tribunale di sorveglianza decide sulla concessione e sulla revoca della liberazione condizionale.

2. Se la liberazione non è concessa per difetto del requisito del ravvedimento, la richiesta non può essere riproposta prima che siano decorsi sei mesi dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto.

 

Rassegna giurisprudenziale

Liberazione condizionale (art. 682)

Ai fini della concessione della liberazione condizionale, il tribunale di sorveglianza è chiamato a formulare un giudizio prognostico sul comportamento futuro del condannato, fondato sulla disamina di indici comportamentali concreti, tenendo conto del fatto che la nozione di ravvedimento comprende il complesso dei comportamenti concretamente tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo dell’esecuzione della pena, obiettivamente idonei a dimostrare, anche sulla base del progressivo percorso trattamentale di rieducazione e di recupero, la convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali e a formulare in termini di “certezza” – o di elevata e qualificata “probabilità” confinante con la certezza – un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita del condannato all’osservanza delle leggi, in precedenza violate con la commissione dei reati per i quali quest’ultimo ebbe a subire la sanzione penale.

In quest’ordine di idee, debbono essere valutate con cura, sotto il profilo soggettivo le manifestazioni di effettivo interessamento dello stesso condannato per la situazione morale e materiale delle persone offese ed i tentativi fatti, nei limiti delle sue possibilità, di attenuare, se non riparare, interamente i danni provocati (Sez. 1, 34946/2012).

Il rigetto della domanda di ammissione alla liberazione condizionale proposta non può essere motivato sulla base del solo mancato assolvimento da parte del condannato dell’onere risarcitorio nei confronti delle persone offese, se si è in presenza di una condizione economica di quello tale non consentirgli di adempiere alle obbligazioni civili nascenti dal reato. E ove tale condizione di oggettiva impossibilità sia allegata, si impone uno specifico accertamento preliminare rispetto all’eventuale provvedimento di rigetto (Sez. 1, 83/1989).

Il presupposto dell’adempimento delle obbligazioni civili previsto dall’art. 176, comma 4, Cod. pen. richiede una valutazione concreta delle possibilità economiche del condannato da parte del Tribunale di sorveglianza, non essendo ammissibile né il ricorso a forme stereotipate né il riferimento a generiche presunzioni collegate alle ipotesi di reato per le quali il richiedente è stato condannato.

È quindi pacifico il principio che l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili nascenti dal reato, quale eccezione al divieto di concessione della liberazione condizionale per l’inadempimento di dette obbligazioni civili, deve intendersi non soltanto come materiale e assoluta impossibilità economica, ma va comunque valutata in senso relativo, essendo necessaria la comparazione tra le condizioni economiche del condannato e l’entità pecuniaria delle obbligazioni rimaste inadempiute (Sez. 1, 25155/2011).