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Art. 283 - Divieto e obbligo di dimora

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all’imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede.

2. Con il provvedimento che dispone l’obbligo di dimora, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi, senza l’autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest’ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall’articolo 274, l’obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell’ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora.

3. Quando dispone l’obbligo di dimora, il giudice indica l’autorità di polizia alla quale l’imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all’imputato di dichiarare all’autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti.

4. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all’imputato di non allontanarsi dall’abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro.

5. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell’imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell’ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua.

6. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all’autorità di polizia competente, che ne vigila l’osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.

Rassegna giurisprudenziale

Divieto e obbligo di dimora (art. 283)

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 283 comma 5 in relazione all’art. 3 Cost., con riferimento alla mancata equiparazione alla custodia cautelare, ai fini dell’indennizzo ex art. 314, della condizione di restrizione della libertà derivante da modalità particolarmente afflittive dell’obbligo di dimora, equiparazione invece prevista per gli arresti domiciliariDeve essere infatti ribadito il principio secondo cui, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della liquidazione equitativa del relativo indennizzo, il periodo durante il quale l’imputato è sottoposto a misure coercitive diverse dalla custodia detentiva non può essere considerato tra le conseguenze afflittive “indirette” dell’ingiusta detenzione subita in quanto, in tali casi, manca ab origine il presupposto giuridico per l’esistenza stessa del diritto alla riparazione. Peraltro, il limite tracciato dall’art. 314 (nella parte in cui letteralmente circoscrive l’istituto dell’equo indennizzo alla custodia cautelare subita) è del tutto coerente con le fonti sovranazionali: l’art. 5 CEDU, infatti, che tutela il diritto alla libertà e alla sicurezza, opera soltanto in caso di violazione delle prescrizioni da esso poste ai paragrafi 1, 2, 3 nei quali si fa espresso riferimento alla privazione della libertà (Sez. 4, 32233/2018).

L’art. 283 comma 5 prevede che “nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell’imputato”; la disposizione fa, dunque, riferimento ai luoghi indicati nel precedente comma 2 (territorio del comune di dimora abituale, o comune viciniore, o, in caso di inadeguatezza per la salvaguardia delle esigenze cautelari, un altro comune), in relazione ai quali può essere disposta la misura dell’obbligo di dimora con prescrizione di non allontanarsi (Sez. 5, 12379/2018).

La ratio dell’obbligo di dimora espressa dal tenore dell’art. 283 è funzionale all’esigenza di un più stretto ed efficace controllo del sottoposto, effettuabile, secondo il dato testuale della norma, soltanto in ambito comunale (sia esso quello di dimora abituale o viciniore, oppure diverso) o addirittura in quello, più limitato, di una frazione di uno di tali comuni (Sez. 5, 16117/2017).

Non viola il principio della domanda cautelare il giudice che, adito della richiesta di applicazione della misura cautelare dell'obbligo di dimora, d'ufficio prescriva all'indagato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, ai sensi dell'art. 283, comma 4 (Sez. 3, 19463/2022).

L’obbligo di dimora previsto dall’art. 283, comma 2, per il suo contenuto, è sostanzialmente una misura di sicurezza che non può avere una estensione superiore al territorio comunale, diversamente dal divieto di dimora ex art. 283, comma 1. È evidente che ampliare oltre la dimensione comunale l’obbligo di dimora riduce  come evidenziato dal Tribunale  le possibilità di controllo sugli spostamenti dell’interessato. Per questa ragione la norma stabilisce espressamente che lo spazio territoriale entro il quale il soggetto ha l’obbligo di dimorare deve coincidere col territorio del comune di dimora abituale, potendosi solo optare, ai fini di un più efficace controllo, per una frazione del comune o per un comune vicino o per la frazione dello stesso (anche in presenza di eccezionali esigenze cautelari, il territorio entro il quale è possibile disporre l’obbligo di dimora deve coincidere con quello di un comune o di una frazione di esso, preferibilmente nell’ambito della provincia di residenza e comunque mai quello della regione di residenza del soggetto). Ne deriva l’illegittimità della misura che delimiti lo spazio territoriale di dimora in modo diverso da quello indicato dalla disposizione con il tassativo riferimento al territorio del Comune di dimora abituale o di una sua frazione o di un Comune vicino o di una sua frazione (Sez. 6, 26647/2016).

La misura coercitiva dell’obbligo di dimora è perfettamente compatibile con la esecuzione della misura di prevenzione e con la osservanza delle relative prescrizioni e, oltretutto, la simultanea applicazione delle misure cautelare e di prevenzione risponde anche a un interesse del sottoposto, comportando la sovrapposizione, anziché la somma, dei relativi periodi di durata (Sez. 7, 30604/22017).

Non spetta al TDR decidere se l’indagato possa o non essere autorizzato a lavorare in un luogo diverso da quello della dimora: infatti, sulle modalità con le quali dev’essere rispettato l’obbligo di dimora decide, ex art. 283, il giudice che procede al quale, quindi, va rivolta ogni relativa istanza (Sez. 2, 8925/2017).

L’art 283 comma 2 nella parte in cui prevede che il giudice, al fine di assicurare un più efficace controllo possa prescrivere all’indagato di non allontanarsi dal territorio di una frazione comunale, indica chiaramente che la predetta prescrizione è relativa al piano operativo del presidio cautelare ed ai modi della sua realizzazione. La validità ed efficacia della norma suindicata resta, dunque, limitata all’ambito esecutivo dell’obbligo di dimora (Sez. 6, 27975/2016).

Non sussiste a carico dell’imputato, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione al giudice procedente dell’esistenza di un legittimo impedimento a comparire in udienza, derivante dalla detenzione ovvero dalla limitazione della libertà personale (nella specie obbligo di dimora) conseguente alla sua sottoposizione ad una misura cautelare personale, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata, come nel caso in esame, solo in udienza, precludendo tale evenienza la celebrazione del giudizio, anche quando risulti che l’imputato avrebbe potuto informare il giudice in tempo utile del sopravvenuto impedimento a comparire, a meno che l’imputato stesso non acconsenta alla celebrazione dell’udienza in sua assenza o, se detenuto, rifiuti di assistervi (Sez. 5, 7858/2018).

Ai fini della determinazione della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reato, la misura cautelare dell’obbligo di dimora, subita in relazione ad esso, non è fungibile, ai sensi dell’art. 657, con la pena inflitta, non potendo l’imputazione dei periodi di misure coercitive alla pena da espiare essere estesa a casi diversi da quelli tassativamente indicati. La stessa misura è tuttavia fungibile qualora sia accompagnata dall’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da renderla assimilabile alla misura degli arresti domiciliari (Sez. 1, 36231/2017).