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Art. 284 - Arresti domiciliari

1. Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta.

1-bis. Il giudice dispone il luogo degli arresti domiciliari in modo da assicurare comunque le prioritarie esigenze di tutela della persona offesa dal reato.

1-ter. La misura cautelare degli arresti domiciliari non può essere eseguita presso un immobile occupato abusivamente.

2. Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.

3. Se l’imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa.

4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l’osservanza delle prescrizioni imposte all’imputato.

5. L’imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare.

5-bis.  Non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede, salvo che il giudice ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di lieve entità e che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con tale misura. A tale fine il giudice assume nelle forme più rapide le relative notizie.

Rassegna giurisprudenziale

Arresti domiciliari (art. 284)

Fatti salvi i casi in cui vigono le presunzioni cautelari, il giudizio prognostico sull’inadeguatezza degli arresti domiciliati, sia pure corredati da cautele accessorie, a salvaguardare i pericula libertatis deve essere formulato sulla base di elementi specifici, ossia non congetturali, meramente assertivi o astratti, desumibili dalle evidenze processuali disponibili e sulla cui base fondare il giudizio di inidoneità del luogo degli arresti a salvaguardare le esigenze cautelari del caso concreto e/o a ritenere che sia possibile prevedere che l’indagato, sottraendosi all’osservanza dell’obbligo di non allontanarsi dal domicilio e contravvenendo alle eventuali cautele accessorie aggiuntive, ponga ulteriormente in pericolo o leda gli interessi sulla base dei quali la restrizione della libertà personale è stata disposta ed il suo sacrificio reso indispensabile in attesa della definizione del procedimento o della cessazione dei pericula (Sez. 3, 34154/2018).

Ai fini della sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, è onere dell’interessato privo di un’abitazione (nella specie, perché senza fissa dimora nel territorio dello Stato), fornire tutte le indicazioni necessarie circa la concreta disponibilità di uno dei luoghi di esecuzione indicati dall’art. 284, comma 1, con la conseguenza che, in mancanza di queste, il Tribunale del riesame, in quanto sprovvisto di poteri istruttori, può legittimamente rigettare la richiesta di applicazione della forma di cautela meno afflittiva pur in presenza di una prognosi di condanna a pena non superiore tre anni di reclusione. Pur potendo il sottoposto alla misura custodiate, in mancanza di abitazione propria, scontare la pena anche in altro luogo di privata dimora ospite di terzi, occorre ciò nondimeno la dimostrazione che costoro siano in condizioni economiche e materiali di provvedere al suo mantenimento (Sez. 3, 14574/2018).

L'autorizzazione ad assentarsi dal luogo ove si scontano gli arresti domiciliari, prevista dall'art. 284 comma  3, risolvendosi in una modalità di carattere permanente che incide in misura apprezzabile sul regime cautelare, deve qualificarsi come ordinanza in materia di misure cautelari; conseguentemente, avverso detto provvedimento deve ritenersi ammissibile l'impugnazione di merito e quindi il ricorso in cassazione (Sez. 4, 28190/2021).

L’autorizzazione ad assentarsi dal luogo ove si scontano gli arresti domiciliari, prevista dall’art. 284, comma 3, risolvendosi in una modalità di carattere permanente che incide in misura apprezzabile sul regime cautelare, deve qualificarsi come “ordinanza in materia di misure cautelari”; conseguentemente, avverso detto provvedimento deve ritenersi ammissibile l’impugnazione di merito e quindi il ricorso in cassazione (Sez. 4, 11406/2016).

La disposizione del divieto di comunicare con persone estranee al nucleo familiare accede a quella che dispone gli arresti domiciliari ma ha una sua propria autonomia, per la specifica e aggiuntiva efficacia afflittiva, per la quale è ammissibile l’appello avverso il provvedimento con il cui il GIP rigetti l’istanza di revoca del divieto di comunicare con persone terze, imposto ex art. 284, trattandosi non di mera modalità accessoria, ma di misura che incide gravemente sulla afflittività della misura cautelare principale). Ciò implica che tanto la sua adozione che sue eventuali modifiche devono essere oggetto di espressa e motivata statuizione, senza che l’una o le altre possano ritenersi implicite in altre statuizioni (Sez. 4, 20380/2017).

In tema di misure cautelari, il TDR, nel valutare la inadeguatezza degli arresti domiciliari rispetto al pericolo di recidiva deve adeguatamente motivare le ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere tutelate con l’impiego del cosiddetto “braccialetto elettronico” che consente di monitorare continuamente la presenza dell’indagato nel perimetro entro il quale gli è consentito di muoversi.

La prescrizione del braccialetto elettronico non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma la modalità di esecuzione degli arresti domiciliari, e per applicarla non vi è necessità di motivazione (Sez. 3, 21653/2018).

La valutazione da compiere ai fini della concessione dell’autorizzazione ad assentarsi dal luogo di detenzione ai sensi dell’art. 284, comma 3, deve essere improntata a criteri di particolare rigore e porre precipua attenzione alla compatibilità dell’attività lavorativa proposta rispetto alle esigenze cautelari poste a base della misura coercitiva (Sez. 2, 9004/2015).

L'autorizzazione al lavoro ha presupposti diversi dalla stessa sottoposizione al braccialetto elettronico e può negarsi (nella sussistenza delle altre condizioni di legge - "indispensabili esigenze di vita" -) solo ove la stessa determini continui e incontrollabili spostamenti snaturando il regime stesso della custodia domestica (Sez.3, 513/2022).

Ai fini dell'autorizzazione dell'imputato sottoposto agli arresti domiciliari ad assentarsi per svolgere un'attività lavorativa, la valutazione del giudice in ordine alla situazione di assoluta indigenza dello stesso deve essere improntata, stante l'eccezionalità della previsione, a criteri di particolare rigore, che non possono, però, spingersi fino alla richiesta di dimostrazione di una totale impossidenza tale da non consentire neppure la soddisfazione delle primarie esigenze di vita, essendo sufficiente che le condizioni reddituali del soggetto non gli consentano, in assenza dei proventi dell'attività lavorativa per il cui svolgimento è chiesta l'autorizzazione, di provvedere agli oneri derivanti dalla educazione, istruzione e necessità di cura propria e dei soggetti della famiglia da lui dipendenti (Sez. 3, 28443/2021).

La situazione di assoluta indigenza cui fa riferimento l’art. 284 comma 3 deve essere valutata, stante l’eccezionalità della previsione, secondo criteri di particolare rigore, che non possono però spingersi sino a pretendere una sorta di prova legale della condizione di impossidenza del nucleo familiare dell’indagato, pur essendo legittimo rifiutare l’autorizzazione in assenza di qualsiasi documentazione che dimostri lo stato economico prospettatoQuanto alla nozione di indispensabili esigenze di vita, inoltre, si è pure precisato che essa va intesa non in senso meramente materiale o economico, bensì tenendo conto della necessità di tutelare i diritti inviolabili della persona individuati dall’art. 2 Cost., ma la valutazione del giudice può risultare positiva solo in presenza di situazioni obiettivamente riscontrabili che impediscano al soggetto ristretto di poter far fronte in altro modo all’esigenza di vita rappresentata (Sez. 4, 22815/2018).

Qualora colui che abbia trasgredito le prescrizioni degli arresti domiciliari, allontanandosi dal domicilio, venga arrestato per evasione, in forza dell’art. 3, DL 151/1991, non potrà essere poi sottoposto a custodia cautelare in carcere in relazione a tale delitto, salvo che gli arresti domiciliari non possano essere disposti per sopravvenuta mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’articolo 284, comma 1 (Sez. 6, 18856/2018).