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Art. 285 - Custodia cautelare in carcere

1. Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l’imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria.

2. Prima del trasferimento nell’istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione.

3. Per determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare subita si computa a norma dell’articolo 657, anche quando si tratti di custodia cautelare subita all’estero in conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma dell’articolo 11 del codice penale.

Rassegna giurisprudenziale

Custodia cautelare in carcere (285)

Ai fini della sostituzione della misura della custodia cautelare carceraria con quella degli arresti domiciliari e comunque con altra meno grave, il mero decorso del tempo non è elemento rilevante perché la sua valenza si esaurisce nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa, e quindi necessita di essere considerato unitamente ad altri elementi idonei a suffragare la tesi dell’affievolimento delle esigenze cautelari (Sez. 1, 34724/2016).

Il riconoscimento – in sede peritale – della necessità di periodici controlli, clinici e strumentali, preordinati alla valutazione nel tempo delle condizioni patologiche riscontrate e alla pianificazione della terapia farmacologica più congrua, anche a mezzo di brevi ricoveri presso ambiente specialistico esterno al circuito carcerario, non determinano di per sé uno stato di incompatibilità rilevante, ex art. 275, comma 4, ai fini dell’operatività del divieto di custodia in carcere - che richiede lo stato morboso in atto - potendo essere salvaguardate ex art. 11 Ord. Pen., in virtù del provvedimento del magistrato di sorveglianza atto a disporre il trasferimento del detenuto in idonei centri clinici dell’amministrazione penitenziaria o in altri luoghi di cura esterni, con il conseguente diritto a ottenere, in tal caso, detti trasferimenti (Sez. 1, 26069/2018).