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Art. 620 - Annullamento senza rinvio

1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio:

a) se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se il reato è estinto o se l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita;

b) se il reato non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario;

c) se il provvedimento impugnato contiene disposizioni che eccedono i poteri della giurisdizione, limitatamente alle medesime;

d) se la decisione impugnata consiste in un provvedimento non consentito dalla legge;

e) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell’articolo 522 in relazione a un reato concorrente;

f) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell’articolo 522 in relazione a un fatto nuovo;

g) se la condanna è stata pronunciata per errore di persona;

h) se vi è contraddizione fra la sentenza o l’ordinanza impugnata e un’altra anteriore concernente la stessa persona e il medesimo oggetto, pronunciata dallo stesso o da un altro giudice penale;

i) se la sentenza impugnata ha deciso in secondo grado su materia per la quale non è ammesso l’appello;

l) se la corte ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio.

Rassegna giurisprudenziale

Annullamento senza rinvio (art. 620)

Dalla interpretazione sistematica delle disposizioni contenute negli articoli 620 e 621 si comprende che la sentenza di annullamento senza rinvio può assumere una duplice configurazione.

Essa si risolve in una decisione ad effetto meramente rescindente, quando si limita a cassare il provvedimento impugnato, oppure si risolve in una decisione rescindente con contestuale ingresso del giudizio rescissorio, quando la Corte di cassazione, annullando senza rinvio il provvedimento impugnato, è abilitata a sostituire la pronuncia gravata con una propria decisione.

In entrambi i casi, le diverse tipologie dell’annullamento senza rinvio trovano comune fondamento nel tradizionale criterio della non indispensabilità del rinvio della regiudicanda al giudice di merito, al quale non deve essere richiesto alcun accertamento di fatto o deve essere impartito alcun principio di diritto cui egli debba attenersi per la soluzione della res in iudicium deducta.

Tuttavia, le vicende che riguardano gli effetti regolativi del rapporto giuridico controverso possono risultare impregiudicati dalla sentenza di annullamento del primo tipo, ad effetto cioè puramente rescindente, situazione che si verifica quando non maturano dall’annullamento senza rinvio effetti preclusivi, conseguenti al riconoscimento del generale principio del “ne bis in idem”.

Pertanto, in mancanza di una tale preclusione che opera come sbarramento per la reintroduzione di un nuovo giudizio, il procedimento, cassata la pronuncia, può o deve ripartire e, a tale proposito, è necessario ritrasmettere gli atti al giudice competente per l’ulteriore corso. Al riguardo, l’articolo 625, terzo comma, dispone che, nel caso di annullamento senza rinvio, la cancelleria trasmette gli atti e la copia della sentenza al giudice che ha emesso la decisione impugnata.

Da ciò consegue che la trasmissione (restituzione) degli atti si configura come un mero adempimento esecutivo e non con un provvedimento tipico, quantunque accessorio alla decisione di annullamento.

A questo proposito, la dottrina non ha mancato di sottolineare come l’articolo 625, operando una semplificazione rispetto alle procedure delineate dall’articolo 550 del codice di procedura penale abrogato, contenga nella rubrica una inesattezza terminologica perché, siccome le attività disciplinate dalla norma in esame si configurano come meri adempimenti, escludono l’adozione di specifici provvedimenti e da qui l’inesattezza della rubrica che si riferisce ai “provvedimenti conseguenti alla sentenza”.

Da ciò deriva che dalla mancanza della statuizione non può trarsi argomento per ritenere la definitiva conclusione del rapporto giuridico, così come dalla loro presenza non può trarsi argomento per escludere che sia maturata una preclusione processuale in ordine alla res in iudicium deducta. a pronuncia della Corte di cassazione di annullamento senza rinvio dell’ordinanza di correzione dell’errore materiale, impugnata dalla parte privata per violazione del principio del contraddittorio e cassata per tale motivo, non preclude al giudice del merito (nel caso di specie al tribunale del riesame) di riattivare, d’ufficio, la procedura di cui all’articolo 130 del codice di procedura penale, anche nell’ipotesi in cui la Corte di cassazione, con la pronuncia di annullamento senza rinvio, abbia omesso di disporre la trasmissione degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato e successivamente cassato, in quanto, trattandosi di un adempimento meramente esecutivo previsto dal terzo comma dell’articolo 625, tale statuizione non deve essere necessariamente contenuta nel provvedimento di annullamento.  (Sez. 3, 38716/2018).

La possibilità, riconosciuta alla Corte di cassazione, di rideterminare direttamente la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito, procedendo ad un annullamento senza rinvio, è circoscritta alle ipotesi in cui alla situazione da correggere possa porsi rimedio senza necessità dell’esame degli atti dei processi di primo e secondo grado e della formulazione di giudizi di merito, obiettivamente incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità (Sez. 6, 44874/2017).

La Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando perciò necessari ulteriori accertamenti di fatto (SU, 3464/2018).

Nel patteggiamento l’illegalità sopraggiunta della pena determina la nullità dell’accordo e la Corte di cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza basata su tale accordo (SU, 33040/2015).

Nel giudizio di cassazione l’illegalità della pena conseguente a dichiarazione di incostituzionalità di norme riguardanti il trattamento sanzionatorio è rilevabile d’ufficio anche in caso di inammissibilità del ricorso, tranne che nel caso di ricorso tardivo (SU, 33040/2015).

Non sussiste la violazione del principio di ne bis in idem nel caso in cui le sanzioni penale ed amministrativa complessivamente irrogate rispettino il principio di “proporzionalità”, alla luce della recente giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE, causa C-524/15, Menci; causa C-537/16, Garlsson Real Estate e a.) e della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU, sent. 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia, ric. n. 24130/11 e 29758/11).

Delineati, dunque, i confini oltre i quali il sistema sanzionatorio del doppio binario si pone - secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza europea in contrasto con il divieto del doppio giudizio, si rende necessario, pur in assenza di un espresso motivo di ricorso su tale questione, accertare se il “giudizio di proporzionalità” delle sanzioni irrogate nell’ambito dei separati procedimenti costituisca una valutazione di esclusiva competenza del giudice di merito ovvero possa essere effettuata anche in sede di legittimità.

Occorre, cioè, stabilire se tale valutazione possa farsi rientrare nella previsione normativa di cui all’art. 620, lett. l) che, in tema di tipologie di esiti del giudizio di legittimità, disciplina le ipotesi di annullamento senza rinvio della decisione impugnata.

La previgente formulazione normativa (rispetto alle modifiche introdotte dalla L. 103/2017) prevedeva in sostanza due ipotesi: la superfluità del rinvio e la possibilità di diretta adozione in sede di legittimità dei provvedimenti necessari in conseguenza dell’annullamento della sentenza impugnata, che si configuravano come fattispecie residuali rispetto a quelle indicate nelle precedenti lettere dell’art. 620.

Nel vigore della precedente previsione normativa la giurisprudenza di legittimità aveva precisato che l’annullamento senza rinvio potesse essere disposto soltanto ove non fossero necessari nuovi accertamenti in fatto su circostanze controverse e valutazioni discrezionali sulle anzidette circostanze. La modifica introdotta dalla L. 103/2017 (con l’art. 1, comma 67) ha integralmente sostituito la disposizione di cui alla lett. l) dell’art. 620, sulla cui effettiva portata applicativa si sono di recente pronunciate le Sezioni unite (SU, 3464/2018).

Si è, quindi, precisato che «la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti».

In sostanza, in virtù della nuova formulazione normativa, i poteri decisori del giudice di legittimità in sede di annullamento senza rinvio risultano notevolmente ampliati, risultando essi preclusi unicamente dalla necessità di (ulteriori) accertamenti in fatto, nonché dall’obiettiva impossibilità di assumere le determinazioni necessarie senza ricorrere ad accertamenti e valutazioni discrezionali sul punto oggetto dell’annullamento della sentenza impugnata.

Ciò premesso, deve necessariamente concludersi, quindi, nel senso che, purché ricorrano le predette condizioni, non vi sono ragioni per escludere dal sindacato di questa Corte il giudizio di “proporzionalità” delle sanzioni (penale e amministrativa) irrogate nell’ambito di due separati procedimenti.

Del resto, in seguito alla pronuncia delle Sezioni unite, è stato più volte ribadito il principio per il quale la Corte di Cassazione ha la possibilità di provvedere ai sensi del nuovo testo dell’art. 620 lett. l) quando non siano necessari accertamenti in fatto ed anche nell’ipotesi in cui occorra una qualche valutazione discrezionale (Sez. 5, 45829/2018).

La questione della proponibilità dell’applicazione dell’art. 131-bis Cod. pen. in sede di legittimità è stata affrontata e positivamente risolta dalle Sezioni unite (SU, 13681/2016) che hanno affermato il seguente principio: «quando la sentenza impugnata sia anteriore alla novella, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza che si debba rinviare il processo nella sede di merito.

Ove esistano le condizioni di legge, l’epilogo decisorio è costituito, alla luce di quanto si è prima esposto ed alla stregua degli artt. 620, comma 1, lett. 1), e 129, da pronunzia di annullamento senza rinvio perché l’imputato non è punibile a causa della particolare tenuità del fatto». Risulta tuttavia evidente, da tale passaggio, che il principio espresso in motivazione dalle Sezioni Unite si riferisce al caso che la sentenza impugnata con il ricorso, sia anteriore alla entrata in vigore della legge introduttiva dell’art. 131-bis Cod. pen.

Con riferimento al caso che la sentenza impugnata con ricorso, non sia anteriore alla entrata in vigore del D. Lgs. 28/2015, la giurisprudenza prevalente di questa Corte, ha stabilito che la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis non possa essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3.

Si è precisato, in proposito, che la questione afferente all’applicazione dell’art. 131-bis postula un apprezzamento di merito precluso in sede di legittimità, che poteva essere proposto davanti al giudice procedente al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione, come motivo di appello, ovvero, almeno come sollecitazione in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado (Sez. 4931/2018).

L’inammissibilità del ricorso, conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità, a norma dell’art. 129, ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione (SU, 32/2001, richiamata da Sez. 4, 4931/2018).

In presenza di un ricorso per cassazione “cumulativo” riguardante plurimi ed autonomi capi di imputazione, per i quali sia sopravvenuto il decorso dei termini di prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di appello, l’ammissibilità del ricorso con riguardo ad uno o più capi, con conseguente declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, non comporta l’estinzione per prescrizione anche degli altri reati di cui ai distinti ed autonomi capi per i quali, viceversa, il ricorso risulti inammissibile (SU, 27.5.2016).

Dal momento che il riparto tra giudice ordinario e giudice militare appartiene alla giurisdizione e non alla competenza, in conformità all’art. 103, comma 3, Cost., va annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 comma 1 lett. b) l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione revoca una sentenza emessa dal giudice militare (Sez. 1, 38774/2018).

Accertata la tempestività dell’appello e, quindi, l’erroneità della dichiarazione di inammissibilità dello stesso, la sentenza impugnata, per questa parte deve essere annullata, e gli atti sono da trasmettersi per il giudizio alla Corte di appello competente.

L’annullamento è senza rinvio, a norma dell’art. 620, comma 1, lett. d), perché “la decisione impugnata consiste in un provvedimento non consentito dalla legge”. In giurisprudenza, invero, si è più volte osservato che all’annullamento da parte della Cassazione del provvedimento di inammissibilità dell’impugnazione, ancorché emesso con sentenza, consegue il rinvio allo stesso giudice che lo ha pronunciato, poiché si tratta di un provvedimento per il quale è normalmente prevista la forma dell’ordinanza e che ha impedito la prosecuzione del processo al giudice che avrebbe dovuto conoscere dell’impugnazione (Sez. 6, 27949/2016).