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Art. 623 - Annullamento con rinvio

1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 620 e 622:

a) se è annullata un’ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l’ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento;

b) se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice di primo grado;

c) se è annullata la sentenza di una corte di assise di appello o di una corte di appello ovvero di una corte di assise o di un tribunale in composizione collegiale, il giudizio è rinviato rispettivamente a un’altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o, in mancanza, alla corte o al tribunale più vicini;

d) se è annullata la sentenza di un tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al medesimo tribunale; tuttavia, il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata.

Rassegna giurisprudenziale

Annullamento con rinvio (art. 623)

Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 623 comma 1 lettera a) e 34 nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 (Corte costituzionale, sentenza 183/2013).

Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 623 comma 1 lettera a) e 34 nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del concorso formale, ai sensi dell’art. 671 (Corte costituzionale, sentenza 183/2013).

Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di merito non è vincolato né condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, pertanto, fermo restando che non può riproporre una motivazione parimenti viziata dagli stessi difetti rilevati dalla sentenza di annullamento, ha il potere di rivalutare il materiale probatorio senza alcun condizionamento derivante da apprezzamenti contenuti nella sentenza di annullamento, che sono funzionali esclusivamente a dare conto dei difetti di quella motivazione e che non valgono al di fuori di quello specifico discorso giustificativo oggetto di scrutinio (Sez. 1, 26798/2022).

In tema di giudizio di rinvio, la cognizione del giudice riguarda il nuovo esame non solo del profilo censurato, ma anche delle questioni discendenti dalla sua rivalutazione secondo un rapporto di interferenza progressiva e dichiarate assorbite nella pronuncia di annullamento. L’assorbimento delle questioni indicate dalla Corte di cassazione nella pronuncia di annullamento altro non è che la sospensione della loro valutazione - e la loro restituzione alla rivalutazione del giudice di merito -derivante da un rapporto di pregiudizialità logica, rispetto alle questioni assorbite, del thema assorbente sul quale deve rinnovarsi l’esame e che, una volta risolto, impone la progressiva verifica delle questioni dipendenti che da quella premessa, rivalutata, traggono il loro caposaldo argomentativo (Fattispecie nella il tribunale per il riesame, in sede di rinvio, aveva omesso di esaminare il motivo dedotto dalla difesa in relazione alla ricorrenza delle esigenze cautelari; questione che, nella pronuncia di annullamento della prima ordinanza, era stata ritenuta assorbita dall’accoglimento di altro motivo di gravame. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio per nuovo giudizio sul punto al tribunale competente) (Sez. 2, 37638/2021).

Nel caso di annullamento con rinvio della sentenza per vizio di motivazione, il giudice di rinvio - pur restando libero di determinare il proprio apprezzamento di merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di fatto concernente il punto annullato - è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando vincolato ad una determinata valutazione delle risultanze processuali o al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, con il limite di non ripetere i vizi di motivazione rilevati nel provvedimento annullato (Sez. 2, 7181/2021).

In ipotesi di annullamento con rinvio per vizi della motivazione, la cognizione devoluta al giudice di merito - entro i motivi proposti con l’originario gravame - è limitata solo dalla preclusione derivante dall’obbligo di conformarsi all’interpretazione offerta dalla Corte di legittimità alle questione di diritto e dal divieto di ripetizione del percorso logico censurato dal giudice rescindente, mentre si estende, nell’ambito tracciato dai predetti limiti, alla rivalutazione integrale delle censure articolate nell’atto d’appello, comprese quelle non esaminate dalla Corte in quanto ritenute assorbite perché logicamente implicanti la necessaria rivalutazione della questione accolta (Sez. 5, 13817/2020).

In caso di annullamento da parte della Corte di cassazione di una sentenza della Corte di assise di appello che si sia pronunciata su un reato originariamente contestato come omicidio volontario e poi riqualificato in omicidio colposo, il giudice del rinvio va individuato nella Corte di assise, cioè un ufficio giudiziario equi-ordinato a quello che ha emesso la sentenza, ai sensi dell'art. 623 (Sez. 4, 19606/2022).

Con riguardo alla individuazione del giudice di rinvio, deve essere evidenziato che con specifico riferimento alle sentenze emesse (art. 623 comma 1, lett. c) da una Corte di appello, da una Corte di assise d’appello o da un Tribunale in composizione collegiale (per l’annullamento di un’ordinanza è addirittura previsto il rinvio al giudice che l’ha pronunciata ex art. 623, comma 1, lett. a), lo spostamento della competenza territoriale per la trattazione del giudizio di rinvio è previsto solo nelle ipotesi in cui presso i rispettivi uffici giudiziari non vi sia altra sezione di Corte o di Tribunale; in tal caso, il giudice di rinvio va individuato nella Corte o nel Tribunale più vicino rispetto all’ufficio giudiziario che ha emesso la sentenza cassata e per l’individuazione si seguono le regole dettate dall’art. 175 Att. Quindi, da un lato, lo spostamento della competenza ratione loci non è la regola e, dall’altro, la Corte di cassazione non ha alcuna discrezionalità nella determinazione del giudice di rinvio perché la direttiva n. 19 della L. 81/1987 (Legge Delega al codice di procedura penale) ha imposto al legislatore delegato la «predeterminazione di criteri oggettivi di scelta del giudice in seguito a rinvio per annullamento; previsione che la scelta del giudice di rinvio, ove non avvenga nell’ambito della stessa circoscrizione, sia fatta tra circoscrizioni contigue a quella del giudice la cui sentenza è stata annullata». E perciò nei casi previsti dall’art. 623, comma 1, lett. c), ossia nei casi appunto di mancanza di più sezioni istituite presso l’ufficio giudiziario investito dall’annullamento, l’art. 175 Att., chiarisce, siccome il rinvio deve essere disposto, come si è detto, alla corte o al tribunale più vicini rispetto al distretto o alla circoscrizione del giudice che abbia emesso il provvedimento cassato, che «per determinare ai fini del giudizio di rinvio la corte di appello, la corte di assise di appello, la corte di assise o il tribunale più vicino, si tiene conto della distanza chilometrica ferroviaria, e se del caso marittima, tra i capoluoghi del distretto o, rispettivamente, del circolo o del circondario». Mancando margini di discrezionalità, è stato quindi ritenuto, che, commesso un errore nell’individuazione del giudice di rinvio a seguito di annullamento, l’erronea determinazione si traduce in un errore materiale emendabile dalla stessa Corte di cassazione con il ricorso alla procedura prevista dall’art. 130Tuttavia il ricorso alla procedura della correzione dell’errore materiale presuppone risolta, a monte, la questione circa l’esistenza di un errore nella determinazione del giudice di rinvio da parte della Corte di cassazione, circostanza del tutto opinabile e decisamente da escludere nel caso di specie, atteso che la translatio iudicii è imposta solo nel caso di mancata istituzione di più sezioni e atteso che le disposizioni processuali non regolano la fattispecie del doppio rinvio. In sede di disciplina del giudizio di rinvio, la ratio legis è nel senso di evitare non tanto che il processo si svolga presso l’ufficio giudiziario che ha emesso la pronuncia cassata, quanto di scongiurare che la regiudicanda sia decisa da magistrati che si siano già pronunciati su di essa, inconveniente difficilmente evitabile negli uffici giudiziari di piccole dimensioni (con organi costituiti da una sezione unica e dunque con un numero di magistrati esiguo) e più facilmente evitabile negli uffici giudiziari di medie o grandi dimensioni con più sezioni di Corte o di Tribunale, dove è auspicabile che le regole tabellari assicurino che la fase rescissoria si svolga in diversa composizione potendo, in caso contrario, supplire gli istituti dell’astensione o della ricusazione, in presenza ovviamente dei relativi presupposti, non potendosi escludere ricadute sui principi del giusto processo (Sez. 1, 12298/2018).

È necessario approfondire l’ambito di applicazione della procedura di correzione degli errori materiali di cui all’art. 130 dei provvedimenti della Corte di cassazione, almeno per ciò che riguarda l’annullamento con rinvio. Il tema è, innanzitutto, quello della modificazione essenziale del contenuto dell’atto da emendare, modificazione che costituisce il limite esterno al potere del giudice di correggere un errore o un’omissione che non determini nullità. La ricerca di una maggiore precisione nel determinare la nozione di modificazione essenziale dell’atto assume specifica importanza ove si ritenga l’insussistenza di tale limite per i provvedimenti inoppugnabili e non revocabili e, quindi, per le decisioni della Corte di Cassazione, laddove invece per i provvedimenti impugnabili la correzione deve essere disposta dal giudice dell’impugnazione. La ragione precipua di esclusione della procedura di correzione nell’ipotesi di vizio comportante la nullità dell’atto è fondata, infatti, sulla possibilità di rimuovere il vizio attraverso l’ulteriore giudizio di impugnazione, inesistente per le decisioni della Corte di Cassazione. D’altra parte il generalizzato ampliamento di detta procedura (senza alcun limite) per i provvedimenti inoppugnabili finirebbe con contrastare con il principio dell’intangibilità del giudicato e con quello della definitività delle pronunce della Corte di Cassazione, teso a fornire certezza ai rapporti giuridici controversi, cui ha fornito adeguata risposta l’art. 625-bis, sicché detta preoccupazione è ormai insussistente, in quanto è legislativamente determinato il campo di intervento. Ciò premesso, deve essere ricordato che la procedura di correzione degli errori materiali è istituto generale, che, quindi, sia pure in determinate ipotesi, individuate ex adverso dall’esame dell’art. 625-bis, deve ritenersi applicabile anche in sede di legittimità in presenza di sentenze non definitive con l’unico limite, legislativamente non espresso ma desumibile dal sistema costituzionale e processuale, rinvenibile nell’esigenza di tutela dei soggetti implicati e della stessa possibilità di dare luogo al processo, quale strumento di garanzia dell’accertamento della verità nel rispetto del principio della ragionevole durata. Un primo tentativo per individuare il concetto di modificazione essenziale con specifico riferimento alle decisioni della Corte di Cassazione potrebbe consistere nel considerare modificazione essenziale del provvedimento quella che comporta un’alterazione della posizione giuridica dei soggetti interessati al processo o dello stesso regolare sviluppo di esso, modificazione intaccabile dall’eliminazione di irregolarità formali o dall’immediata rilevabilità dell’errore. In quest’ottica, dunque, non è privo di valore considerare come limite alla emendabilità dell’errore la incidenza della modificazione su posizioni soggettive o processuali diverse da quella dell’istante, sia con riguardo alla possibile lesione di interessi e diritti sostanziali di terzi che ne avrebbero pregiudizio, sia rispetto al regolare sviluppo del giudizio. La seconda tipologia di ostacoli può essere individuata, ad esempio, nell’irreversibile avanzamento dell’iter processuale conseguente alla pronuncia che si vuole correggere, la cui emenda determinerebbe un arresto o un ostacolo al regolare andamento del giudizio di rinvio. La giurisprudenza ha, in proposito, affermato che la correzione di errori materiali può essere disposta dal giudice che ha deliberato il provvedimento, non solo nella pendenza dei termini per l’impugnazione, ma anche fino a quando gli atti non siano ancora materialmente pervenuti nella sfera del giudice “ad quem”, con ciò valorizzando non solo il tema competenza funzionale a disporre la correzione, ma anche l’irretrattabilità del provvedimento che ha dato ingresso a una nuova fase processuale. Ciò posto, se anche vi fosse un errore nella individuazione del giudice di rinvio, la mancata tempestiva attivazione della procedura di correzione dell’errore materiale determina l’irretrattabilità della competenza. Il principio per il quale il giudice di rinvio non può in alcun caso declinare la competenza attribuita con la sentenza di annullamento (art. 627, comma 1), rappresenta un punto cardine dell’ordinamento processuale e preclude la possibilità dell’insorgenza di una situazione di contrasto tra la Corte di cassazione e il giudice di rinvio, il quale non può, pertanto, porre in discussione la propria competenza alla cognizione del processoSono dunque le parti (o la stessa Corte di cassazione d’ufficio) che hanno l’onere di attivare la procedura di correzione dell’errore materiale, che certamente può essere richiesta anche dal giudice di rinvio senza che lo stesso abbia alcun obbligo al riguardo, ma pur sempre prima che il giudizio di rinvio sia introdotto, restando, viceversa, la questione del tutto preclusa. Sebbene il principio di irretrattabilità del foro commissorio abbia suscitato diversi dubbi di legittimità costituzionale, con riguardo al divieto di porre in discussione la competenza attribuita con la sentenza della Cassazione, la Corte costituzionale ha ritenuto che la regola, in base alla quale non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Corte di cassazione, non lede il principio del giudice naturale (art. 25, comma 1, Cost.), costituendo detta sentenza il titolo della legittimazione dell’organo giudiziario a conoscere della causa nel caso concreto in sostituzione di altro giudice, con la conseguenza che la preclusione - a comprendere nel tema del dibattito, in sede di rinvio, la questione circa la competenza dell’organo all’uopo designato con la sentenza di annullamento pronunziata dalla Corte di cassazione - è intesa a rendere operante nel sistema positivo la irrevocabilità e la incensurabilità da parte di altro giudice delle decisioni della Corte di cassazione, essendo tali decisioni emanate dall’organo, cui la Costituzione e l’ordinamento processuale attribuiscono la funzione di giudice ultimo della legittimità e, in particolare, la funzione regolatrice della giurisdizione nonché delle competenze degli organi giudiziari. Sul rilievo quindi che non è consentito, per le suesposte ragioni, il dissenso del giudice di rinvio circa la statuizione della Corte di cassazione sul punto della competenza per il prosieguo del giudizio, la Consulta ha ritenuto essere priva di rilevanza, sul piano costituzionale e su quello processuale, il profilo della legittimità della limitazione apportata all’esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost., comma 2) che deve necessariamente essere adeguata e contemperata con la realtà di ciascuno stato e grado del procedimento. Si comprende, quindi, perché la procedura di correzione degli errori materiali delle sentenze di legittimità che abbiano disposto l’annullamento con rinvio non può essere attivata dopo che esso abbia avuto ingresso (Sez. 1, 12298/2018).

È principio pacifico - che ha già superato il vaglio di legittimità costituzionale (Corte costituzionale, sentenza 294/1995) - quello secondo cui la sentenza di annullamento, con la quale la Corte di cassazione devolve il giudizio al giudice del rinvio, è attributiva della competenza in favore di questi, senza che la corretta applicazione dei criteri per la sua individuazione, stante il disposto dell’art. 627, comma 1, possa essere in una qualunque sede sindacata. Ne consegue che la designazione, una volta intervenuta, non è suscettibile di revoca o modifica, neppure se risulta effettuata in violazione della legge. Da ciò discende che il giudice di rinvio non può in alcun caso declinare la competenza attribuitagli con la sentenza di annullamento (art. 627 comma 1) poiché il foro cd. commissorio risulta irretrattabile, secondo un principio cardine dell’ordinamento processuale. Esso tende, cioè, a precludere la l’insorgenza di una situazione di contrasto tra la Corte di cassazione e il giudice del rinvio, il quale non può porre in discussione la propria competenza alla cognizione del processo (Sez. 1, 53395/2017).

Nel caso di concreta mancanza grafica della motivazione si è in presenza di una palese nullità della sentenza (125 comma 3), in tal modo formata e depositata per gli effetti di cui all’art. 548. La detta nullità non può che travolgere e vanificare lo stesso dispositivo (fedele o meno che sia rispetto al decisum), al pari di quanto avviene per tutte le ipotesi di annullamento previste dall’art. 623. In altri termini l’omessa redazione della motivazione della sentenza, pur non dando luogo alla giuridica inesistenza della pronuncia, ne produce la nullità, rilevabile in quanto tale unicamente se dedotta mediante impugnazione della sentenza-documento, come è avvenuto nel caso dei ricorrenti. Con la conseguenza che detta nullità diviene efficacemente emendabile soltanto attraverso la rituale rinnovazione dell’intero giudizio di appello nel pieno contraddittorio delle parti (Sez. 2, 47684/2018).

L’art. 623 non prescrive alcunché in ordine alla necessità del mutamento della persona fisica del giudice che abbia concorso a pronunciare il provvedimento annullato, in ragione delle esigenze di “continuità” e di “globalità” del procedimento che contraddistinguono la fase incidentale (Sez. 39960/2018).

L’art. 569 comma 4 prevede che solo nei casi in cui il ricorrente abbia proposto ricorso per saltum, e fuori dei casi in cui nel giudizio di appello si sarebbe dovuta annullare la sentenza di primo grado, la Corte di Cassazione, quando pronuncia l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata a norma del comma 1, dispone che gli atti siano trasmessi al giudice competente per l’appello. Non essendo proponibile l’appello avverso la sentenza di condanna emessa nel giudizio abbreviato, ai sensi dell’art. 623 lett. d), l’accoglimento del ricorso determina l’annullamento con rinvio al medesimo tribunale che ha pronunciato la sentenza annullata; tuttavia, il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata (Sez. 3, 32173/2018).

Quando il giudice di appello, a seguito di gravame proposto dall’imputato e dalla parte civile, abbia confermato la sentenza di condanna di primo grado, omettendo di esaminare l’impugnazione della parte civile, la Corte di cassazione deve annullare la sentenza con rinvio allo stesso giudice penale che ha emesso il provvedimento impugnato e non al giudice civile competente per valore in grado di appello, ai sensi dell’art. 622 (Sez. 2, 28924/2014).

In tema di patteggiamento, allorquando la Corte di cassazione annulli la pronuncia del giudice relativamente alla liquidazione delle spese a favore della parte civile, il rinvio va fatto al giudice penale “a quo” se la relativa statuizione manchi del tutto; mentre l’annullamento va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello, in base all’art. 622, laddove l’annullamento riguardi la statuizione circa il diritto della parte civile alla liquidazione delle spese ovvero il “quantum” effettivamente liquidato dal giudice (Sez. 5, 14335/2014).

Nel caso in cui il giudice di appello dichiari non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato senza motivare adeguatamente in ordine alla responsabilità dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, l’accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall’imputato impone l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 (Sez. 6, 5888/2014).

Il rinvio al giudice civile ex art. 622 opera tutte le volte che, decorso il tempo per l’accertamento del reato e venuti meno gli interessi penali del procedimento alla sanzione del reo, non essendo più competente il giudice penale ex art. 579, qualora l’accertamento penale si sia già esaurito, la responsabilità penale sia già stata acclarata e in ogni caso di statuizioni penalmente rilevanti come la declaratoria di intervenuta prescrizione (Sez. 6, 7083/2013).

In ogni caso in cui il giudice di appello abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato (o per intervenuta amnistia), senza motivare in ordine alla responsabilità dell’imputato ai fini delle statuizioni civili, a seguito di ricorso per cassazione proposto dall’imputato, ritenuto fondato dalla corte di cassazione, deve essere disposto l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 (SU, 40109/2013).

Quando è annullata con rinvio limitatamente alle statuizioni civili la sentenza del giudice di appello dichiarativa dell’estinzione del reato, il nuovo giudizio deve essere disposto davanti al giudice civile competente per valore, a norma dell’art. 622., essendo venute meno le esigenze di economia processuale che determinano la deroga alla competenza propria in relazione all’esercizio di un’azione civile (Sez. 6, 16155/2013).

L’omessa pronuncia da parte del giudice di merito sulla richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena determina l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, poiché la decisione sul punto involge accertamenti in fatto e valutazioni di merito, anche con riferimento al giudizio prognostico indicato nell’art. 164 CP, che sono sottratti al giudice di legittimità (Sez. 3, 971/2019).