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Art. 254-bis - Sequestro di dati informatici presso fornitori di servizi informatici, telematici e di telecomunicazioni

1. L’autorità giudiziaria, quando dispone il sequestro, presso i fornitori di servizi informatici, telematici o di telecomunicazioni, dei dati da questi detenuti, compresi quelli di traffico o di ubicazione, può stabilire, per esigenze legate alla regolare fornitura dei medesimi servizi, che la loro acquisizione avvenga mediante copia di essi su adeguato supporto, con una procedura che assicuri la conformità dei dati acquisiti a quelli originali e la loro immodificabilità. In questo caso è, comunque, ordinato al fornitore dei servizi di conservare e proteggere adeguatamente i dati originali.

Rassegna giurisprudenziale

Sequestro di dati informatici presso fornitori di servizi informatici, telematici e di telecomunicazioni (art. 254-bis)

Premessa esplicativa

La definizione di dato informatico è contenuta nell’art. 1 della Convenzione di Budapest del 23.11.2001, ratificata dall’Italia con la L. 48/2008.

Il testo della norma, tradotto in italiano dall’originaria versione in inglese, è il seguente: “dato informatico significa qualunque rappresentazione di fatti, informazioni o concetti in una forma adatta ad essere elaborata in un sistema informatico, incluso un programma in grado di consentire a un sistema informatico di svolgere una funzione”.

A sua volta l’art. 1 del D. Lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) contiene due ulteriori definizioni: a) copia informatica di documento informatico: è tale il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari; b) duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario.

È ammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l’interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati (SU, 40963/2017).

L’art. 254-bis non è applicabile allorché si intendano acquisire i dati telematici di cui alla messaggistica Blackberry tramite lo strumento processuale di cui all’art. 254-bis, in quanto questa norma riguarda il sequestro di “oggetti di corrispondenza” presso chi fornisce i servizi di telecomunicazioni, mentre è indubbio che i messaggi in questione costituiscono un “flusso di comunicazioni” relativo a sistemi telematici ovvero intercorrente tra più sistemi (Sez. 4, 32147/2017).

Non è in radice escluso «che a determinate e giustificate condizioni possa essere disposto un sequestro esteso a un intero sistema [informatico o telematico] se ciò è proporzionato rispetto alle esigenze probatorie o per altro motivo venga in questione l’intero sistema», così come non è escluso, «se necessario, il trasferimento fisico dell’apparecchio per poi procedere a perquisizione in luogo e con modalità più convenienti, anche per la necessaria disponibilità di personale tecnico per superare le protezioni del sistema dagli accessi di terzi (in modo, quindi, non dissimile da come può essere sequestrata una intera unità immobiliare in attesa delle condizioni tecniche per una adeguata perquisizione e l’apertura di un vano protetto)».

Può anche aggiungersi che un preciso elemento normativo da cui desumere la possibilità di sequestri documentali ad ampio “spettro” è offerto dall’art. 81, comma 2, secondo periodo, Att., il quale dispone che quando non è possibile procedere a numerazione delle “carte” sottoposte a vincolo, le stesse «sono rinchiuse in uno o più pacchi sigillati, numerati e timbrati». Ciò che assume rilievo centrale per l’ordinamento, invece, è che il vincolo apposto sui beni sia rispettoso dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, avendo riguardo alle finalità legittimamente perseguite dall’Autorità inquirente, ma anche agli interessi giuridicamente apprezzabili del privato.

Occorre perciò valutare, innanzitutto, se l’Autorità inquirente abbia titolo per disporre la perquisizione o comunque la ricerca con strumenti coercitivi di elementi di prova, e, poi, se la misura coercitiva sui beni individuati all’esito dell’attività di ricerca sia proporzionata rispetto alle esigenze di acquisizione degli elementi di prova.

In particolare, l’applicazione del principio di proporzionalità in materia di sequestri non solo risponde ad un’esigenza immanente al sistema processuale penale ed a criteri generali di ragionevolezza, ma trova riscontro specifico nelle disposizioni di cui agli artt. 254-bis e 258, comma 4: invero, dalla prima di esse, siccome prevede il sequestro di documenti che fanno «parte di un volume o di un registro», è plausibile desumere «come, di norma, non possa procedersi a sequestri di masse indistinte di documenti senza una specifica ragione»; dall’altra statuizione, poi, in quanto dispone l’acquisizione di dati presso i fornitori di servizi informatici, telematici o di comunicazioni mediante «copia di essi su adeguato supporto» ove ricorrano «esigenze legate alla regolare fornitura dei medesimi servizi», può inferirsi la necessità dell’individuazione di una forma di contemperamento tra le esigenze di prova e quelle attinenti ad interessi estranei all’accertamento penale.

Il principio di proporzionalità nella materia in esame, inoltre, risulta assumere rilievo anche sotto il profilo del fattore tempo. In questo senso, precisamente, può leggersi la disposizione di cui all’art. 262, comma 1, la quale prevede la restituzione delle cose sequestrate «quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova», e, nello stesso tempo, il potere per l’AG di prescrivere al soggetto che abbia ottenuto la restituzione del bene «di presentare a ogni richiesta le cose restituite» e di imporre a tal fine il versamento di una cauzione.

In effetti, la previsione appena citata, anche per il ricorso alla parola «mantenere», evoca l’ipotesi di un vincolo sulla cosa necessario, e quindi legittimo, in un determinato momento e non più necessario, e quindi, non più conforme alla legge, in un momento successivo. Il riferimento al principio di proporzionalità del sequestro in una sua prospettiva temporale si presenta utile allorché la ricerca degli elementi di prova debba essere effettuata esaminando una massa amplissima di dati, tutti potenzialmente rilevanti a priori, e l’accertamento non possa essere ragionevolmente eseguito nel luogo in cui si trovano le cose sulle quali detti dati sono impressi.

In questo caso, infatti, il contemperamento tra le contrapposte esigenze dell’Autorità inquirente e del privato può essere assicurato attraverso un sequestro delle cose contenenti i dati da esaminare – o, se possibile, solo di questi ultimi – che si protragga per il tempo strettamente necessario al compimento di tale verifica (per una valorizzazione del fattore tempo come parametro di valutazione della correttezza di un sequestro, a norma dell’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU (cfr., ad esempio, Corte EDU, sentenza 7 giugno 2007, Smirnov c. Russa, n. 71362/01, ma anche Corte EDU, 19 giugno 2014, Draghici c. Portogallo, n. 43620/10).

Di conseguenza, l’AG, al fine di esaminare un’ampia massa di dati i cui contenuti sono potenzialmente rilevanti per le indagini, potrà eventualmente disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, ma dovrà immediatamente restituire le cose sottoposte a vincolo non appena sarà decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti legittimamente in corso; ovviamente, poi, nel caso di mancata tempestiva restituzione di ufficio, l’interessato potrà comunque presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario, anche mediante i rimedi impugnatori offerti dal sistema (Sez. 6, 53168/2016).

È violato l’art. 8 CEDU allorché la PG ottenga in modo arbitrario i dati detenuti da un internet service provider (Corte EDU, sentenza 24 aprile 2018, Benedik c. Slovenia).