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Art. 254 - Sequestro di corrispondenza

1. Presso coloro che forniscono servizi postali, telegrafici, telematici o di telecomunicazioni è consentito procedere al sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza, anche se inoltrati per via telematica, che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere spediti dall’imputato o a lui diretti, anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa, o che comunque possono avere relazione con il reato.

2. Quando al sequestro procede un ufficiale di polizia giudiziaria, questi deve consegnare all’autorità giudiziaria gli oggetti di corrispondenza sequestrati, senza aprirli o alterarli e senza prendere altrimenti conoscenza del loro contenuto.

3. Le carte e gli altri documenti sequestrati che non rientrano fra la corrispondenza sequestrabile sono immediatamente restituiti all’avente diritto e non possono comunque essere utilizzati.

Rassegna giurisprudenziale

Sequestro di corrispondenza (art. 254)

Non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 con riferimento a messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro, in quanto questi testi non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito (Sez. 5, 1822/2018).

L’acquisizione della messaggistica, scambiata mediante sistema Blackberry, non necessita di rogatoria internazionale quando le comunicazioni sono avvenute in Italia, a nulla rilevando che per “decriptare” i dati identificativi associati ai codici PIN sia necessario ricorrere alla collaborazione del produttore del sistema operativo avente sede.

Inoltre, sono utilizzabili, senza necessità di rogatoria, gli esiti di intercettazioni di comunicazioni in “chat” protette tramite il servizio c.d. “pin to pin” gestito tramite “server” collocato in territorio estero, ma i cui dati siano stati registrati nel territorio nazionale, per mezzo di impianti installati presso la Procura della Repubblica; ciò proprio in relazione ad una fattispecie, analoga a quella in disamina, relativa a captazione, avvenuta con un “server” della società canadese che garantisce il servizio di dati telematici relativi a comunicazioni avvenute tra gli indagati, attraverso apparecchi “Blackberry” con il sistema c.d. “pin to pin”, poi trasmessi in originale dalla sede italiana del gestore direttamente sulla memoria informatica centralizzata degli uffici della Procura della Repubblica, dove sono stati letti, registrati e verbalizzati.

I rilievi del ricorrente in ordine all’asserita necessità di acquisire i dati telematici di cui alla messaggistica Blackberry tramite lo strumento processuale di cui all’art. 254-bis non colgono nel segno, in quanto questo strumento riguarda il sequestro di “oggetti di corrispondenza” presso chi fornisce i servizi di telecomunicazioni, mentre è indubbio che i messaggi in questione costituiscono un “flusso di comunicazioni” relativo a sistemi telematici ovvero intercorrente tra più sistemi (Sez. 4, 32147/2017).

I messaggi di posta elettronica non inviati dall’utente, ma salvati nella cartella “bozze” del proprio account o in apposito spazio virtuale (come Dropbox o Google Drive), accessibili solo digitando nome utente e password, costituiscono dei documenti informatici, ai sensi dell’art. 234, che, possono essere sequestrati nel luogo ove avviene l’accesso da parte dell’utente attraverso l’inserimento della password, indipendentemente dalla localizzazione all’estero del provider, dovendosi escludere che si tratti di corrispondenza, soggetta alla disciplina di cui all’artt. 254, o di dati informatici detenuti dal provider, sequestrabili nell’ambito della procedura prevista dall’art. 254-bis (Sez. 4, 40903/2016).

La sottoposizione a controllo e l’utilizzazione probatoria della corrispondenza epistolare non sono soggette alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, dovendosi invece seguire le forme del sequestro di corrispondenza di cui agli artt. 254 e 353 e, nel caso di corrispondenza di detenuti, anche le particolari formalità stabilite dall’art. 18-ter Ord. pen. (SU, 28997/2012).

Risulta chiaramente dalle disposizioni in materia (art. 254) ed è univocamente ritenuto dalla giurisprudenza sul punto (per tutte SU, 28997/2012) che la particolare tutela della corrispondenza riguarda il momento della trasmissione della comunicazione, come è reso evidente dalla previsione di specifiche modalità di intervento su tali oggetti ove questi si trovino presso i fornitori dei servizi, non richiamate quanto alla fase precedente o successiva, ove le missive assumono semplicemente la natura di documenti.

Conseguentemente, se a seguito del contatto della missiva con il destinatario questi ritiene di conservare tali atti, il loro reperimento secondo modalità legali, attraverso una perquisizione regolarmente disposta, non esclude l’utilizzabilità della documentazione sequestrata, la cui funzione è esclusivamente quella di dimostrare quanto già verificatosi, in una fase temporale esauritasi con la ricezione del contenuto dello scritto, e tale controllo non risulta ostacolo alla libera comunicazione tra le parti.

In tal senso risulta fuori luogo l’evocazione del diritto di tutela della corrispondenza, poiché pacificamente essa riguarda la fase della comunicazione, non quella dell’archiviazione di tali informazioni, in quanto tale concetto implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante la consegna del plico a terzi per il recapito (Sez. 6, 23734/2015).

La materia delle intrusioni investigative sulla corrispondenza, regolata dall’art. 254 (che costituisce disciplina speciale) ha ad oggetto il sequestro della corrispondenza presso gestori (anche privati) di servizi postali o, deve ritenersi, di quella che si trovi in luoghi accessori quali le cassette postali o che sia in via di recapito tramite il portalettere; mentre nessuna speciale ragione di tutela - salve le peculiari esigenze attinenti ai rapporti tra imputato e difensore (artt. 103 e 35 Att. e le limitazioni imposte alla PG nell’acquisizione di plichi sigillati o altrimenti chiusi, distinti dalla corrispondenza (art. 353, comma 1) - interferisce con l’adozione di un ordinario provvedimento di sequestro da eseguire in qualsiasi luogo ove si trovino lettere o pieghi non ancora avviati dal mittente al destinatario o già da quest’ultimo ricevuti, in quanto simili cose non sono appunto corrispondenza, implicando tale nozione un’attività di spedizione in corso o alla quale il mittente abbia dato comunque impulso consegnandola ad altri per il recapito (SU, 28997/2012).

I cosiddetti “pizzini” non sono annoverabili tra le forme di comunicazione scritta in cui si sostanzia la corrispondenza epistolare disciplinata dall’ art. 18-ter Ord. pen., proprio perché per loro natura rappresentano forme di comunicazione scritta finalizzate ad eludere la disciplina dettata dall’ ordinamento penitenziario in materia di corrispondenza (Sez. 2, 18065/2014).