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Art. 33-septies - Inosservanza dichiarata nel dibattimento di primo grado

1. Nel dibattimento di primo grado instaurato a seguito dell’udienza preliminare, il giudice, se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione diversa, trasmette gli atti, con ordinanza, al giudice competente a decidere sul reato contestato.

2. Fuori dai casi previsti dal comma 1, se il giudice monocratico ritiene che il reato appartiene alla cognizione del collegio, dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.

3. Si applica la disposizione dell’articolo 420-ter, comma 4.

Rassegna giurisprudenziale

Inosservanza dichiarata nel dibattimento di primo grado (art. 33-septies)

L’inosservanza delle disposizioni che regolano l’attribuzione dei reati al Tribunale in composizione monocratica ovvero in composizione collegiale, comporta, per regola generale, la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente senza regressione di fase e, quindi, senza restituzione degli atti al PM (SU, 29315/2015).

L’art. 33-septies deve essere interpretato nel senso che l’accertamento dell’inosservanza delle disposizioni che regolano l’attribuzione dei reati al giudice collegiale o al giudice monocratico comporta, per regola generale, la mera trasmissione degli atti al giudice competente, senza alcuna regressione di fase e, dunque, senza alcuna restituzione degli atti al PM. Solo nel caso, residuale, in cui all’imputato spettava il passaggio alla fase processuale dell’udienza preliminare e tale passaggio gli sia stato arbitrariamente negato, il giudice del dibattimento deve invece trasmettere gli atti al PM, così che l’imputato possa essere rimesso nella condizione di accedere all’udienza preliminare e di avanzare richiesta di riti alternativi nella sede che era per essi propria»; sicché il comma 2 dell’art. 33-septies va riferito esclusivamente all’ipotesi in cui il giudice del dibattimento rilevi non solo che il reato è stato erroneamente ritenuto tra quelli attribuibili alla cognizione del giudice in composizione monocratica anziché collegiale, ma che a causa di tale errore è stata altresì erroneamente omessa l’udienza preliminare (Sez. 2, 39079/2018).

Dalla lettura di quanto disposto dagli artt. 521, comma 2, 521-bis e 33-septies, comma 2, emerge con chiarezza che il giudice può in ogni stato e grado del procedimento dare una diversa qualificazione giuridica del fatto e non è per nulla necessario che ciò dipenda da un’attività di istruttoria dibattimentale. Anzi, se il giudice ritiene, sulla base degli atti a sua disposizione, di dover qualificare il fatto in modo diverso, ha il dovere di farlo subito per evitare che sia svolta un’attività istruttoria  a volte lunga e complessa  che verrebbe, poi, travolta dal dover rimettere gli atti al PM qualora  come nel caso di specie  dalla diversa definizione giuridica il reato risulti attribuito alla cognizione del tribunale collegiale per cui è prevista l’udienza preliminare (Sez. 2, 24779/2018).

Costituisce principio consolidato di interpretazione dei precetti rispettivamente recati dall’art. 33-septies quello secondo cui il giudice in composizione monocratica che rilevi che il reato appartiene alla cognizione del giudice in composizione collegiale deve disporre la trasmissione degli atti al PM solo quando l’imputato sia rimasto privo dell’udienza preliminare, a causa di una erronea valutazione addebitabile allo stesso PM e al fine di assicurare la garanzia della tale udienza; dovendo altrimenti trovare applicazione la regola generale secondo cui l’attribuzione dei reati al tribunale in composizione monocratica ovvero in composizione collegiale, comporta la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente senza regressione di fase (Sez. 1, 49795/2017).