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Art. 309 - Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva

1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento, l’imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero.

2. Per l’imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell’articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l’esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l’imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.

3. Il difensore dell’imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza che dispone la misura.

3-bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell’articolo 104, comma 3.

4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583.

5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell’articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.

6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi e l’imputato può chiedere di comparire personalmente. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell’inizio della discussione.

7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza.

8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall’articolo 127. L’avviso della data fissata per l’udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l’applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all’imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia.

8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura può partecipare alla udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7. L’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente.

9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l’inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma l’ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all’imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa.

9-bis. Su richiesta formulata personalmente dall’imputato entro due giorni dalla notificazione dell’avviso, il tribunale differisce la data dell’udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. In tal caso il termine per la decisione e quello per il deposito dell’ordinanza sono prorogati nella stessa misura.

10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell’ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata. L’ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può disporre per il deposito un termine più lungo, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione.

Rassegna giurisprudenziale

Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva (art. 309)

Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 309 e 310 nella parte in cui non prevedono la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell’ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell’art. 429 (Corte costituzionale, sentenza 71/1996).

È costituzionalmente illegittimo l’art. 309 in quanto interpretato nel senso che la deducibilità, nel procedimento di riesame, della retrodatazione della decorrenza dei termini di durata massima delle misure cautelari, prevista dall’art. 297, comma 3, del medesimo codice, sia subordinata – oltre che alla condizione che, per effetto della retrodatazione, il termine sia già scaduto al momento dell’emissione dell’ordinanza cautelare impugnata – anche a quella che tutti gli elementi per la retrodatazione risultino da detta ordinanza (Corte costituzionale, sentenza 293/2013).

Effetto devolutivo del riesame

La regola della devoluzione propria del giudizio di appello nel processo di merito è stata ritenuta, applicabile all’appello nel processus libertatis, di cui all’art. 310. Mentre il giudizio di riesame, di cui all’art. 309, ha carattere totalmente e pienamente devolutivo e non ha bisogno del sostegno di motivi, quello di appello, di cui al successivo art. 310, è condizionato dall’esplicitazione delle ragioni di doglianza (Sez. 2, 36958).

Plurimi atti di impugnazione

In tema di riesame avverso una misura cautelare è ammissibile la reiterazione di più atti di impugnazione da parte dello stesso difensore, anche con diverso contenuto, purché al momento della rituale e tempestiva presentazione dell'ulteriore richiesta di riesame non sia già intervenuta una decisione in ordine a quella in precedenza proposta (Sez. 3, 24414/2022).

Interesse all’impugnazione

In tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale, nelle more revocata, permane l'interesse a coltivare l'impugnazione solo se la parte intende servirsi dell'eventuale pronuncia favorevole ai fini della richiesta di riparazione per l'ingiusta detenzione, purché tale interesse sia manifestato dall'interessato – personalmente o tramite procuratore speciale - e debitamente motivato (Sez. 3, 5312/2022).

È ravvisabile l’interesse, concreto ed attuale, del soggetto nei cui confronti sia stata emesso un provvedimento limitativo della libertà personale, di ottenere, indipendentemente dalla esecuzione dello stesso, l’immediato controllo di legalità in quanto in ogni caso incidente negativamente sulla persona sotto il profilo del pregiudizio non solo morale e psicologico, ma spesso anche di natura patrimoniale che la sola emissione del provvedimento cautelare comporta (Sez. 4, 24627/2004).

Sussiste l’interesse del parlamentare nei cui confronti era stata emessa la misura della custodia cautelare in carcere a proporre istanza di riesame sin dal momento in cui ha conoscenza del provvedimento, anche attraverso la richiesta di autorizzazione all’arresto rivolta alla Camera di appartenenza, dell’esistenza del correlativo provvedimento a suo carico (Sez. 5, 22421/2003).

Sottoscrizione della domanda di riesame

In tema di impugnazioni nel vigore della disciplina emergenziale pandemica da COVID-19, non costituisce causa d'inammissibilità dell'impugnazione l'accertata mancata rilevazione, da parte del programma informatico in dotazione dell'ufficio giudiziario, della firma digitale apposta dal difensore (Sez. 4, 19622/2022).

Termine di presentazione della domanda di riesame

Nell’ambito del procedimento incidentale di riesame, la previsione di un dies a quo per l’impugnazione ha il solo scopo di rendere invalicabile il termine finale ma non quello di fissare il momento prima del quale l’impugnazione non possa essere esercitata. Il procedimento cautelare presenta, infatti, aspetti peculiari posto che l’art. 309, comma 6, prevede la possibilità di separare il negozio processuale di impugnazione dalla enunciazione dei motivi, con la conseguente inapplicabilità della particolare disposizione dell’art. 581, lett. c) che impone, a pena di inammissibilità, l’indicazione dei motivi di impugnazione contestualmente alla presentazione del gravame, stante la facoltatività prevista dal sesto comma dell’art. 309, della indicazione dei motivi a sostegno e, quindi, della inapplicabilità della regola del «tantum devolutum quantum appellatum» (SU, 16/1994).

La richiesta del difensore di riesame del provvedimento di custodia non può essere dichiarata inammissibile, in deroga all’ art. 173, facendo decorrere il termine per proporla, invece che dalla notificazione dell’avviso di deposito di cui all’art. 309, comma 3, dalla sua partecipazione all’interrogatorio previsto dall’art. 294, o da fatto consistente in atto previsto a diverso fine, seppure se ne desuma la sua conoscenza altrimenti conseguita del provvedimento (SU, 18751/2003).

La rinuncia all’avviso di deposito comporta la decorrenza del termine di cui all’art. 309, comma 3, trattandosi di atto che è funzionale e servente rispetto all’accessibilità agli atti - la richiesta del PM e gli atti presentati al giudice - posti a fondamento della misura e che offre univocamente pari certezza legale di conoscenza reale da parte del destinatario di tutto quanto è oggetto di deposito (Sez. 6, 26045/2018).

Si segnala che la sesta sezione penale ha rimesso alle Sezioni unite il seguente quesito: "se, in tema di misure cautelari personali, nel caso di giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura coercitiva ex art. 309, comma 9, il termine di “dieci giorni dalla ricezione degli atti” previsto dall’art. 311, comma 5-bis, entro il quale il giudice del rinvio ha l’obbligo di decidere a pena di inefficacia della misura, decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente e gli atti allegati, perviene alla cancelleria generale del tribunale competente o alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame ovvero dalla data in cui il tribunale riceve “nuovamente” gli atti dall’autorità procedente richiesti ai sensi dell’art. 309, comma 5 (Sez. 6, 4125/2020).

Termine di presentazione della domanda per l’imputato latitante

In caso di latitanza, la notificazione al difensore, ai sensi dell’art. 296 comma 2, dell’avviso di deposito in cancelleria dell’ordinanza applicativa della misura cautelare rimasta ineseguita non equivale alla notifica della stessa ordinanza da effettuarsi nei confronti dell’imputato a norma dell’art. 165, adempimento, quest’ultimo, dal quale, ai sensi dell’art. 309 comma 2 decorre per il latitante il termine per proporre richiesta di riesame; quando manchi tale adempimento, il termine per proporre richiesta di riesame decorre dalla data di esecuzione dell’ordinanza cautelare; nello stesso termine, alla luce della regola generale recata dall’art. 585 comma 3, secondo la quale, in caso di diversa decorrenza dei termini per l’imputato e il suo difensore, vale per entrambi quello che scade per ultimo, è ammessa la richiesta di riesame anche da parte del difensore, sempre che questi non abbia già impugnato la medesima ordinanza (Sez. 6, 18636/2015).

L’art. 309, comma 2 stabilisce che il termine per proporre riesame delle ordinanze che dispongono l’applicazione di misure coercitive decorre, per l’imputato latitante, dalla data di notificazione eseguita a norma dell’articolo 165, sebbene sia previsto che, nel caso in cui sopravvenga l’esecuzione della misura, detto termine decorra da tale momento quando l’imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento. In tale ultimo caso è richiesta, la prova in positivo di fatti concreti dai quali possa desumersi con certezza la mancata di tempestiva ed involontaria conoscenza del provvedimentoIl riferimento, inoltre, non riguarda la conoscenza legale, conseguibile solo a seguito della ricezione di copia integrale del provvedimento, bensì la notizia, anche sommaria, della emissione della ordinanza coercitiva, tale da consentire all’interessato diligente di venire in possesso del provvedimento medesimo, eventualmente a mezzo del proprio difensore (Sez. 3, 12539/2015).

Deposito in cancelleria della domanda di riesame

Qualora la richiesta di riesame sia presentata nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti o davanti a un agente consolare all’estero, a norma dell’art. 582, comma 2, ovvero sia proposta con telegramma o mediante raccomandata, il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al TDR, a norma dell’art. 309, comma 5, decorre dal giorno in cui la richiesta stessa perviene alla cancelleria del TDR, e non già dal giorno della sua presentazione o proposizione, non potendo ipotizzarsi, a carico del presidente del tribunale, l’adempimento dell’obbligo di immediato avviso prima della ricezione della richiesta. Il principio enunciato nella sentenza 232/1998 della Corte costituzionale, in virtù del quale il termine in questione decorre dal giorno stesso della presentazione della richiesta, è riferito solo al caso, esplicitamente previsto dall’art. 309, comma 4, prima parte, di presentazione della richiesta direttamente al tribunale competente a decidere su di essa, al quale va assimilata l’ipotesi della presentazione, a norma dell’art. 123, da parte di imputato detenuto, in stato di arresto o detenzione domiciliare, ovvero custodito in luogo di cura (Sez. 6, 51917/2017).

Nel caso in cui la richiesta di riesame sia presentata in una cancelleria diversa da quella del giudice del riesame, spetta all’ufficio presso il quale l’atto risulta essere depositato scegliere il mezzo per l’inoltro al tribunale competente e, ai fini del decorso del termine perentorio di cinque giorni di cui all’art. 309 comma 5, non rileva la mera anticipazione informale dell’inoltro, avvenuta mediante comunicazione via fax, priva dei requisiti formali di equipollenza stabiliti dalla legge ex art. 64, comma 3 Att., restando a carico delle parti richiedenti il lasso di tempo intercorrente tra la presentazione o spedizione e la ricezione della richiesta da parte di quest’ultimo ufficio (Sez. 3, 2616/2016).

La violazione dei provvedimenti organizzativi adottati dal dirigente dell'ufficio giudiziario in ordine alla destinazione dei singoli indirizzi di posta elettronica certificata (PEC) assegnati all'ufficio medesimo per il deposito degli atti difensivi non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione cautelare, in quanto tale sanzione processuale è prevista dall'art. 24, comma 6-sexies, lett. e), DL 137/2020, convertito con modificazioni dalla L. 176/2020, esclusivamente per il caso del mancato rispetto delle indicazioni contenute nel provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia, emesso ai sensi del precedente comma 4 della medesima disposizione, pubblicato il 9.11.2020 (e dunque solo in caso di utilizzo di indirizzi PEC di destinazione non ricompresi nell'Allegato 1 del citato provvedimento direttoriale) (Sez. 5, 24953/2021).

Notifica dell’avviso d’udienza all’indagato

E' violato l'art. 5, § 4 CEDU per lesione del diritto di difesa allorché il destinatario della misura cautelare della custodia in carcere, residente all'estero all'atto della sua emissione, non sia messo a conoscenza del provvedimento e sia quindi impossibilitato a presenziare all'udienza di riesame e ad esporre le sue difese  (Corte EDU, 5 settembre 2019, Rizzotto c. Italia). Nella procedura conseguente ad istanza di riesame, qualora non si riesca nell’intento di notificare l’avviso di udienza all’indagato o all’imputato, in quanto non rintracciato in nessuno dei luoghi di cui all’art. 161 comma 1, e in ogni altro conoscibile recapito, va applicata la procedura. che prevede la esecuzione della notificazione mediante consegna di copia dell’atto al difensore (Sez. 3, 3234/1990).

Nel procedimento di riesame l’inosservanza del termine di tre giorni liberi che devono intercorrere tra la data di comunicazione o notificazione dell’avviso di udienza e quella dell’udienza stessa è causa di nullità generale (a regime intermedio) dell’atto che, se tempestivamente eccepita, ne impone la rinnovazione, non essendo sufficiente la concessione di un ulteriore termine ad integrazione di quello originario (Sez. 5, 20370/2022).

La mancata indicazione della data di udienza sulla copia notificata al difensore è una mera irregolarità, suscettibile di sanatoria per effetto della comparizione della parte interessata, cioè del sostituto processuale del difensore di fiducia (Sez. 6, 38632/2018).

La proroga di diritto del termine stabilito a giorni che scada in un giorno festivo, prevista al terzo comma dell’art. 172 non si applica ai termini dilatoriDi conseguenza, la prescrizione che nel procedimento di riesame gli avvisi siano comunicati e notificati almeno tre giorni prima della relativa udienza camerale (art. 309, comma 8) può dirsi osservata anche quando sia festivo l’ultimo dei tre giorni liberi rimasti a disposizione delle parti (Sez. 2, 28202/2018).

Qualora l’imputato sia assistito da due difensori, ad entrambi è dovuto, a pena di nullità, l’avviso di fissazione dell’udienza di riesame e che la violazione dell’art. 309, comma 8, attiene all’intervento ed alla difesa della parte e quindi comporta, se violata, una nullità di ordine generale a regime cd. “intermedio” la cui efficacia invalidante, se tempestivamente eccepita, si estende al provvedimento che definisce il procedimento incidentale, per giurisprudenza costante la nullità dell’ordinanza di riesame dovuta all’omesso avviso della data dell’udienza camerale al difensore non comporta l’inefficacia del provvedimento impugnato se il tribunale si sia pronunciato entro il termine di cui all’art. 309, comma 10, posto che tale sanzione è collegata solo alla circostanza che nessun provvedimento sia stato adottato dal tribunale entro dieci giorni dalla ricezione degli atti (SU, 33540/2001).

La notifica al difensore dell’avviso della data fissata per l’udienza camerale non può essere considerata equipollente alla notifica all’indagato espressamente prevista dall’art. 127, la cui omissione, in quanto attinente alla mancata citazione dello stesso, determina una nullità assoluta, insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 3, 9233/2015).

A norma dell’art. 127, commi 1 e 5, richiamato dall’art. 309, comma 8, l’avviso dell’udienza camerale del procedimento di riesame è notificato, a pena di nullità, alle parti e ai difensori. In proposito, le Sezioni unite hanno di recente ribadito come sia «consolidata la giurisprudenza di legittimità che riconduce la omissione della notifica della citazione alla “omessa citazione” che, ai sensi dell’art. 179, determina una nullità assoluta e insanabile, ciò in quanto il procedimento di notificazione è strumentale alla conoscenza della citazione stessa», rimarcando, anche con specifico riferimento all’udienza dinanzi al Tribunale del riesame, «l’assimilazione dell’avviso alla citazione» (SU, 7697/2016). Si pone in questa prospettiva l’orientamento secondo cui, nel procedimento di riesame delle misure cautelari personali, l’omessa notificazione dell’avviso della data d’udienza camerale determina una nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179, comma 1 (Sez. 5, 16224/2017).

Atti trasmessi dal PM

La trasmissione degli atti effettuata ai sensi dell'art. 309, comma 5, non è atto idoneo a consentire la messa a disposizione della difesa dei supporti delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate. E ciò, perché è necessario distinguere la trasmissione degli atti al Tribunale ai sensi dell'art. 309, comma 5, dalla loro «messa a disposizione della parte affinché possa procedere all'ascolto dei files audio originali. Mentre la trasmissione degli atti è funzionale alla conoscibilità di essi da parte del giudice del riesame ed alla facoltà delle parti di estrarne copia ai sensi del combinato disposto degli artt. 309, comma 8, e 43 disp. att. c.p.p. occorre escludere che tale atto procedimentale sia sufficiente a dare seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale, che ha riconosciuto non la facoltà ma il diritto incondizionato della difesa ad accedere ai supporti informatici delle trascrizioni (Sez. 4, 20622/2022).

In tema di misure cautelari personali, la mancata trasmissione al TDR dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al GIP non determina la perdita di efficacia della misura, ma, eventualmente, solo l'inutilizzabilità degli esiti delle operazioni di captazione, qualora i decreti siano stati adottati fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni previste dagli artt. 267 e 268, commi primo e terzo,  ma sempre che la difesa dell'indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità (Sez. 6, 21872/2020).

Non sussiste a carico del PM l’onere di trasmettere, prima al GIP e poi al TDR, tutti gli atti di indagine compiuti, nella loro integralità, in quanto resta ferma la sua discrezionalità nella selezione di tale materiale, mentre l’obbligo di una trasmissione completa ed integrale sussiste solo per gli elementi a favore dell’imputato e per le eventuali deduzioni e memorie difensive (Sez. 2, 35472/2018).

In tema di riesame, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” di ascolto e dei files audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o inutilizzabilità, dovendosi ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del PM, di una documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle conversazioni riferite negli atti della PG, fatto salvo l’obbligo del Tribunale di fornire congrua motivazione in ordine alle difformità specificamente indicate dalla parte fra i testi delle conversazioni telefoniche richiamati negli atti e quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei relativi files audio. Di conseguenza, deve ritenersi l’utilizzabilità di conversazioni oggetto di attività di captazione il cui contenuto sia stato reso conoscibile al GIP ai fini dell’applicazione della misura solo mediante sintesi esposta in una richiesta di proroga delle intercettazioni (Sez. 6, 22570/2017).

L’obbligo per il PM di trasmettere al tribunale tutti gli atti rilevanti non si estende alla certificazione della data di iscrizione del procedimento, salvo che sussistano elementi che fanno sorgere dubbi sulla inutilizzabilità degli atti stessi per violazione dei termini di durata massima delle indagini ex art. 407, comma 3 atteso che gli istituti di decadenza, inutilizzabilità e inefficacia non sono suscettibili di interpretazione estensiva, e nessuna disposizione di legge prevede che quella certificazione debba essere acclusa ai documenti trasmessi al GIP e al TDR, ferma restando la possibilità per la difesa di richiedere alla cancelleria una specifica attestazione (Sez. 2, 32285/2001).

Qualora l’indagato si dolga della mancata trasmissione da parte del PM di atti o documenti per sé favorevoli, egli ha l’onere di indicare compiutamente gli elementi di qualificazione in senso a lui favorevole presenti negli atti non trasmessi, non potendo sostenerne apoditticamente la rilevanza ai fini della perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell’art. 309, comma decimo (Sez. 4, 12896/2019).

L’interrogatorio di garanzia previsto dall’art. 294 deve ritenersi incluso tra gli elementi favorevoli sopravvenuti, per i quali l’art. 309, comma 5 impone l’obbligo di trasmissione da parte dell’autorità procedente al TDR, soltanto quando abbia un contenuto oggettivamente favorevole all’indagato e non si limiti alla mera contestazione delle accuse e detta valenza dell’atto - ove si voglia sostenere che dalla sua mancata trasmissione derivi la caducazione della misura cautelare - deve essere specificatamente indicata dalla parte nel ricorso al TDR (Sez. 5, 54017/2017).

Visione e copia degli atti

Nel procedimento cautelare alla parte interessata non è garantito il diritto di estrarre copia degli atti, essendo i diritti della difesa adeguatamente tutelati dalla possibilità di prenderne visione. Nelle procedure ex artt. 309 e 310 non sussiste un diritto della parte interessata ad ottenere de plano copia degli atti di indagine poiché i diritti della difesa risultano comunque tutelati adeguatamente dalla possibilità di esaminare gli atti depositati in cancelleria e, quindi, di estrarne copia informale, mentre il riconoscimento di un diritto in senso tecnico ad ottenere copia degli atti del procedimento, oltre ad essere escluso dalla lettera della legge, urterebbe contro lo stesso interesse dell’indagato a una rapida decisione in ordine al suo status libertatis (Sez. 3, 31196/2020).

Diritto dell’indagato di partecipare personalmente all’udienza

Quesito posto alle Sezioni unite: «se, nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale ai sensi dell’art. 309, comma 8-bis, deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente alla proposizione dell’impugnazione cautelare, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione, ai fini del regolare svolgimento del procedimento di cui all’art. 309» (Sez. 5, 2019).

Informazione provvisoria delle Sezioni unite, all'esito della camera di consiglio del 27 febbraio 2020: nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari coercitive la persona detenuta o internata ovvero sottoposta a misura in concreto limitativa della possibilità di partecipare all’udienza camerale può esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza stessa solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, con l’istanza di riesame, ferma restando la facoltà di chiedere di essere sentita su specifici temi con l’istanza di differimento ai sensi dell’art. 309 comma 9-bis.

Il diritto a partecipare all’udienza ora previsto in modo esplicito dal comma 8-bis dell’art. 309 impone di ritenere definitivamente superata la giurisprudenza che riteneva che il diritto di difesa, nella sua declinazione di diritto a partecipare ed a essere sentito personalmente nel corso del procedimento di riesame delle misure cautelari personali, potesse essere tutelato anche attraverso la comparizione innanzi al magistrato di sorveglianzaSi ribadisce pertanto che non sono applicabili, nel corso dell’incidente cautelare, le disposizioni di cui agli artt. 127, comma 3 e 101 Att., che prevedono il diritto dell’interessato detenuto o internato fuori dal circondario ad essere sentito dal magistrato di sorveglianza. Tale interpretazione, peraltro, risulta coerente con le indicazioni, risalenti ma ancora attuali, autorevolmente offerte dalla Corte costituzionale secondo cui «il diritto dovere del giudice di cognizione di sentire personalmente l’imputato e il diritto di quest’ultimo di essere ascoltato dal giudice che dovrà giudicarlo rientrano nei principi generali d’immediatezza e di oralità cui s’ispira l’attuale sistema processuale (Sez. 2, 12854/2018).

La tesi secondo cui il termine di fase potrebbe essere sospeso anche per la contemporanea presenza, accanto al legittimo impedimento dell’imputato, di ulteriori situazioni che abbiano giustificato il rinvio del procedimento, si pone in contrasto con il principio che consente l’adozione di misure processuali sfavorevoli all’imputato soltanto quando siano allo stesso riferibili (Sez. 1, 37181/2019).

Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, per effetto della modifica dei commi 6 e 8-bis dell’art. 309, operata dalla L. 47/2015, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale può esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, nell’istanza di riesame (Sez. 5, 9976/2018).

Ogni volta che le condizioni di salute dell’indagato costituiscano uno degli elementi prospettati ai fini del sindacato sul grado delle esigenze cautelari da soddisfare (art. 275), il tribunale del riesame non può sottrarsi al dovere di prenderle in considerazione e motivare anche sotto tale profilo il rigetto dell’impugnazione. Non è preclusa infatti all’indagato, in sede di riesame, la produzione di documentazione afferente le condizioni di salute quando le medesime dispieghino incidenza sulle esigenze cautelari e sui criteri di applicazione delle stesse (Sez. 5, 27965/2020).

 

Rinvio dell’udienza dinanzi al TDR

In tema di riesame di misure coercitive, non può trovare applicazione il termine a difesa (“non inferiore a cinque giorni”) previsto dall’art. 184, comma 2, essendo questo incompatibile con il termine perentorio di cui all’art. 309, comma 9, sicchè il rinvio dell’udienza non soggiace a termini o a regole ben stabilite, potendo addirittura essere fissato “ad horas” (Sez. 6, 38632/2018).

Il rigetto da parte del TDR dell’istanza di differimento della data dell’udienza camerale, presentata ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis, non può essere ritenuto provvedimento impugnabileDeve, invero, ritenersi che è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito la concessione o meno del rinvio dell’udienza ai sensi della citata norma. Occorre, sotto altro profilo, considerare che l’omessa concessione di tale termine, ancorché in assenza di una specifica motivazione da parte del tribunale, non può essere fatta valere come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, apparendo non applicabile alla fattispecie in esame il disposto di cui all’art. 125 comma 3 che fa riferimento all’obbligo di motivazione dell’ ordinanza, tipologia di provvedimento non previsto dalla disposizione in esame, ovvero del decreto nei soli casi previsti dalla legge (Sez. 2, 35659/2018).

 

Atti utilizzabili per la decisione dal TDR

La facoltà, riconosciuta al TDR dall’art. 309, comma 9, di utilizzare ulteriori elementi per la decisione è subordinata alla duplice condizione che tali elementi, i quali se documentati, assumono la qualità di atti del procedimento, gli siano offerti dalle parti, e che ciò avvenga nel corso dell’udienza, e quindi anche in sede di discussione orale, quando è ancora possibile l’instaurarsi tra le parti di un contraddittorio anche sul loro contenuto (Sez. 3, 4647/2015).

 

Autonoma valutazione di indizi, esigenze cautelari e elementi difensivi

In tema di misure cautelari personali vale il principio per cui, una volta intervenuta la sentenza di condanna anche non definitiva, la valutazione, in sede di riesame o di appello, degli elementi rilevanti ai fini del giudizio incidentale, deve mantenersi nell'ambito della ricostruzione operata dalla pronuncia di merito, non solo per quel che attiene all'affermazione di colpevolezza, ma anche con riferimento alla qualificazione giuridica e alle circostanze del fatto, che non possono essere apprezzate in modo diverso dal giudice della cautela (Sez. 4, 18426/2022).

Nel caso in cui una memoria articoli specifiche deduzioni difensive che non si limitino ad approfondire sul piano argomentativo quelle eventualmente formulate con la richiesta presentata ai sensi dell'art. 309, ma contengano autonomi ed inediti contenuti di censura del provvedimento impugnato, il giudice del riesame deve prenderle in considerazione e la motivazione della sua decisione deve articolare le ragioni per cui vengono disattese - ovviamente nella misura determinata dal loro spessore ed anche in forma sintetica - risultando altrimenti carente (Sez. 5, 11579/2022).

Il tribunale del riesame è tenuto a valutare il contenuto della consulenza tecnica prodotta dalla parte, e, ove sussista un contrasto con altri elaborati tecnici su punti decisivi del tema cautelare, è tenuto a dar conto sinteticamente delle ragioni della prevalenza dei rilievi difensivi su quelli posti a fondamento del provvedimento cautelare o viceversa, onde non incorrere nel vizio di violazione di legge per assoluta mancanza di motivazione, essendo insufficiente il generico richiamo alla consulenza tecnica dell'una o dell'altra parte (Sez. 3, 15252/2022).

La preclusione processuale determinata dal cosiddetto "giudicato cautelare" opera solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell'imputazione provvisoria, non conseguendo tale effetto, invece, alle decisioni che definiscano l'incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali (Sez. 5, 28356/2021).

Il potere integrativo del giudice del riesame, previsto dall'art. 309, comma 9, come novellato dalla legge 47/2015, non opera per le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, cioè priva del necessario contenuto dimostrativo dell'effettivo esercizio di una autonoma valutazione da parte del giudice, perché in tali casi il legislatore ha individuato un vizio di motivazione del titolo cautelare genetico non emendabile, mancando, in tal caso, un sostrato su cui sviluppare il contraddittorio tra le parti: tuttavia, sussiste il potere-dovere del tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impositivo della misura qualora questo sia assistito da una motivazione che enunci le ragioni della cautela, anche in forma stringata o espressa per relationem in adesione alla richiesta cautelare (Sez. 3, 15323/2021).

In sede di riesame cautelare, il mancato esame di una questione giuridica sollevata dalla difesa durante la discussione orale, rilevante al fine di valutare la gravità complessiva degli addebiti (oltre che per inquadrare giuridicamente il fatto contestato), non solo incide nel giudizio sull’effettiva completezza e sulla tenuta della motivazione del provvedimento genetico assegnato al giudice del riesame adito ex art. 309, ma fa anche venir meno la legittimità della sequenza procedimentale tipizzata dalla norma citata, impedendo all’indagato di contrastare con i prescritti rimedi processuali il compendio indiziario offerto dall’accusa nel contraddittorio delle parti, anche sotto l’aspetto della sua sussunzione in una specifica fattispecie incriminatrice anziché in un’altra, con evidenti conseguenze anche in tema di durata della custodia cautelare (Sez. 1, 4462/2021).

La previsione di un obbligo di autonoma valutazione dei presupposti dell’intervento cautelare si traduce non tanto nel divieto della motivazione per relationem (o di riproduzione di atti probatori o anche di parti della richiesta del PM), quanto piuttosto nel condizionamento della validità del provvedimento applicativo alla dimostrazione che il giudice, nel riportarsi al contenuto di un atto del procedimento ovvero nel riprodurlo nel corpo della motivazione, ne abbia non solo preso cognizione ma, altresì, effettivamente soppesato la coerenza con la decisione assuntaPeraltro, se l’impugnazione non sia stata limitata ad un solo aspetto afferente i presupposti applicativi della misura ma è stata articolata su diversi rilievi specifici, l’obbligo motivazionale deve ritenersi esaustivo solo se il provvedimento risponde a tutte le censure della difesa, non potendo il TDR limitarsi a richiamare l’ordinanza applicativa ribadendo l’adeguatezza della motivazione ovvero a reiterare le stesse argomentazioni, senza rispondere in maniera congrua, logica e corretta alle deduzioni proposte nell’interesse dell’indagato (Sez. 5, 6817/2019).

Il requisito dell’autonoma valutazione del materiale indiziario prescinde dalla forma stilistica o dalla tecnica espositiva dell’ordinanza cautelare, che ben può rimandare o riportare integralmente gli elementi illustrati nella domanda cautelare, specie nel caso in cui la base probatoria si sostanzi in intercettazioni telefoniche, non essendo necessario che il giudice ne parafrasi il contenuto o lo sintetizzi per dimostrare di averne valutato i contenuti, in quanto l’autonoma valutazione si sostanzia nel giudizio espresso sull’idoneità di quel materiale indiziario a qualificare in termini di gravità l’ipotesi di reato formulata a carico dell’indagato nei limiti prognostici di qualificata probabilità di colpevolezza, propri della fase cautelare (Sez. 6, 3067/2017).

In tema di misure cautelari personali, la necessità di un’autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall’art. 292, comma primo, lett. c), così come modificato dalla L. 47/2015, deve ritenersi assolta quando l’ordinanza, benché redatta con la tecnica del c.d. copia-incolla, accolga la richiesta del PM solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne (Sez. 2, 25750/2017).

L’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, in cui sia stata trasfusa integralmente e alla lettera la richiesta del PM, non può essere considerata nulla per mancanza assoluta di motivazione, se risulta che il giudice abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell’atto richiamato, ritenendole coerenti alla sua decisione e sia possibile instaurare, nel procedimento incidentale, un effettivo e trasparente contraddittorio tra le parti, assicurando concretamente all’indagato il diritto di difesa e permettendo al giudice sovraordinato di controllare la rilevanza, la pertinenza e la concludenza degli elementi posti a base del giudizio di probabile reità e l’iter logico attraverso il quale si perviene alla decisione (Sez. 6, 26050/2016).

In tema di procedimento di riesame di misure cautelari personali, sussiste l'obbligo del tribunale di esaminare compiutamente ogni censura difensiva sollevata all'udienza ex art. 309 c.p.p. con la conseguenza che è da ritenersi affetta da vizio di motivazione l'ordinanza che, a fronte di un'eccezione ritualmente proposta, non contenga una compiuta disamina della stessa (Sez. 4, 21374/2020).

Il TDR può confermare il provvedimento applicativo della misura cautelare sulla base di una differente qualificazione giuridica, ma non può formulare autonome ipotesi ricostruttive sulla base di dati di fatto diversi, risultando altrimenti nulla la decisione per difetto dell’iniziativa del PM (Sez. 5, 23116/2020).

Termine di deposito del dispositivo dell’ordinanza del TDR

In materia di impugnazione di misure cautelari personali, il termine entro il quale deve intervenire la decisione sulla richiesta di riesame e quello per il deposito della successiva ordinanza del tribunale, il cui mancato rispetto determina, ai sensi dell’art. 309, comma 10, come sostituito dall’art. 11 L.  47/2015, la perdita di efficacia dell’ordinanza applicativa della misura coercitiva, devono essere intesi nel senso che il dispositivo contenente la decisione sulla richiesta di riesame deve essere depositato entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, mentre l’ordinanza del tribunale recante la motivazione deve essere depositata entro trenta giorni dal deposito del dispositivo (Sez. 6, 22818/2016).

 

Termine di deposito dell’ordinanza del TDR

Il termine di trenta giorni per il deposito dell’ordinanza del tribunale del riesame, il cui mancato rispetto determina, ai sensi dell’art. 309, comma 10, la perdita di efficacia dell’ordinanza applicativa della misura coercitiva, decorre dalla data del deposito del dispositivo e non dalla data della deliberazione in camera di consiglio (Sez. 2, 19313/2017).

 

Modalità di notifica delle ordinanze del TDR

Le ordinanze emesse dal TDR a norma degli artt. 309 e 310 non devono essere notificate per intero, bensì attraverso avviso di deposito del provvedimento stesso e da tale notifica decorre il termine per proporre ricorso per cassazione (Sez. 2, 35482/2018).

 

Rinnovazione dell’ordinanza dichiarata inefficace

L’ordinanza applicativa in rinnovazione di una misura dichiarata inefficace deve contenere, nel rispetto della prescrizione di cui al comma 10 dell’art. 309 una espressa e specifica motivazione in ordine alla sussistenza di eccezionali esigenze cautelari.

La norma (introdotta dall’art.11 della legge n. 47 del 2015) infatti dispone «Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell’ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata».

La Corte Costituzionale, allorché con sentenza n.233 del 3/11/2016, ha disatteso i dubbi di costituzionalità avanzati con riferimento alla disposizione in questione, le ha attribuito la funzione di impedire che l’ordinanza che dispone la misura coercitiva fosse rinnovata, cioè riemessa con la stessa motivazione, nonostante la perdita di efficacia.

Il legislatore aveva cioè ritenuto, in modo incensurabile, di contemperare l’esigenza di difesa sociale con quella di non frustrare le garanzie della persona raggiunta dal provvedimento coercitivo, evitando che nei casi indicati dall’art. 309, comma 10, si potesse «semplicisticamente» provvedere alla rinnovazione della misura caducata.

La norma assolve quindi allo scopo di contrastare prassi distorsive, verificatesi in passato, come quella dell’adozione di una nuova ordinanza cautelare prima ancora della scarcerazione dell’interessato o quella della successione di «ordinanze-fotocopia», caducate e non controllate (Sez. 5, 23229/2018).

In tema di misure cautelari personali, in caso di perdita di efficacia dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 309, comma 10, qualora il GIP, nel rinnovare la misura abbia omesso di motivare specificamente in ordine alla ricorrenza di eccezionali esigenze cautelari, il vizio motivazionale del provvedimento impugnato non può essere sanato dal TDR i cui poteri integrativi, previsti dal nono comma del predetto art. 309, possono operare esclusivamente allorquando la motivazione non sia totalmente mancante (Sez. 2, 24798/2016).