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Art. 311 - Ricorso per cassazione

1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura, l’imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell’articolo 309.

2. Entro i termini previsti dall’articolo 309 commi 1, 2 e 3, l’imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.

3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l’ordinanza. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione.

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla corte di cassazione, prima dell’inizio della discussione.

5. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall’articolo 127.

5-bis. Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell’imputato, un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l’ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell’ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l’ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia, salvo che l’esecuzione sia sospesa ai sensi dell’articolo 310, comma 3, e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata.

Rassegna giurisprudenziale

Ricorso per cassazione (art. 311)

In materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali del giudice di merito sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se adeguatamente motivate e immuni da errori logico-giuridici, posto che non può contrapporsi alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale probatorio; inoltre, la denuncia di inesistenza di gravi indizi di colpevolezza o di assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l'indicazione precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l'indicazione puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito (Pertanto, puntualizza la Corte, il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest'ultima: a) sia "effettiva", ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", perché 'sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente "contraddittoria", ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente "incompatibile'' con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico) (Sez. 1, 31416/2021).

Il ricorso cautelare per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall’art. 311, comma 2, del giudice che ha emesso l’ordinanza, ponendosi a carico del ricorrente il rischio che l’impugnazione, presentata ad un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo (SU, 1626/2021).

Il ricorso per cassazione ex art. 311 è consentito contro le decisioni che, se non dichiarano inammissibile la richiesta, annullano, confermano o riformano l’ordinanza oggetto del riesame. Non è invece consentito contro i provvedimenti interlocutori, fatta eccezione per quelli abnormi, cioè tali da determinare una stasi del procedimento e emessi al di fuori del sistema organico della legge processuale (Sez. 2, 29456/2018).

Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, stante la portata generale della norma, che disciplina il ricorso per cassazione e trova ragione nella peculiare natura e nell’elevato livello di complessità tecnica del giudizio di legittimità (SU, 8914/2018).

In sede di legittimità è deducibile unicamente la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, che si risolva nell’assenza di motivazione o nella impossibilità di comprendere il ragionamento probatorio e, pertanto, si traduca in violazione di legge, sono inammissibili i motivi che censurano la valutazione probatoria, rimessa ai giudici di merito, o la contraddittorietà della motivazione (Sez. 4, 18795/2017).

Il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606, lettera e) pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali. (SU, 5876/2004).

La mera apparenza della motivazione consiste nell’assenza dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 2, 18951/2017).

Il giudice di legittimità, investito del controllo sulla motivazione della decisione impugnata, può e deve considerare il primo provvedimento che sia stato condiviso da quello pronunciato in sede di gravame, ma non può conoscere direttamente gli atti processuali né integrare la motivazione delle decisioni di merito (Sez. 1, 32616/2018).

Il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (SU, 47289/2003).

Nel procedimento di riesame non è deducibile, né rilevabile d’ufficio, la questione inerente all’inefficacia della misura coercitiva per asserita mancanza, tardività o comunque invalidità dell’interrogatorio previsto dall’art. 294, a nulla rilevando che essa sia proposta unitamente ad altre questioni relative a vizi genetici del provvedimento impugnato, sicché la stessa non può costituire oggetto di ricorso per cassazione ex art. 311 (Sez. 2, 33775/2016).

In tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal TDR riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini. Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 5, 34537/2018).

L’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive, principio che fa onere al ricorrente di indicare in fase di impugnazione quale argomento decisivo per la ricostruzione del fatto le memorie contenevano, altrimenti peccando di genericità il motivo di gravame proposto sul punto. L’influenza della memoria difensiva sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione non può determinare il vizio di omessa pronuncia  al quale si riferisce l’omessa pronuncia su una richiesta della parte  mentre l’omessa trattazione di un argomento può fondare il vizio di omessa motivazione soltanto se esso rivesta il carattere di decisività (Sez. 6, 3724/2015).

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si eccepisce l’ inutilizzabilità delle informative di PG, per decorrenza del termine di durata delle indagini preliminari, senza, tuttavia, individuare con precisione l’atto specifico, in esse contenuto, asseritamente inutilizzabile, non spettando alla Corte, in mancanza di specifiche deduzioni, di verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che, non apparendo manifeste, implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente. (Sez. 5, 19553/2014).

Il ricorso per saltum è previsto dall’art. 311, comma 2 unicamente avverso l’ordinanza che dispone una misura cautelare, essendo tutti gli altri provvedimenti impugnabili ex art. 310 con l’appello. Nessun’altra norma in materia cautelare prevede il ricorso diretto avverso un provvedimento di rigetto di un’istanza de libertate (Sez. 6, 38254/2018).

Avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione delle misure cautelari, è ammesso esclusivamente il rimedio dell’appello, previsto dall’art. 310, in quanto il ricorso immediato per cassazione, ai sensi dell’art. 311, comma 2, può essere proposto soltanto contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva e solo nel caso di violazione di legge, nonché, ai sensi dell’art. 568, comma 2 contro i provvedimenti concernenti lo “status libertatis” non altrimenti impugnabili (Sez. 1, 9657/2016).

L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, anche in materia di misure cautelari, dovendo il sindacato essere limitato al riscontro dell’esistenza di un logico apparato argomentativo, sia in ordine alla sussistenza del quadro indiziario, che in ordine alle esigenze che sottese all’adozione della misuraRestano, invece, fuori dal vaglio del giudice di legittimità, dunque, le censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, 37142/2018).