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Art. 223 - Astensione e ricusazione del perito

1. Quando esiste un motivo di astensione, il perito ha l’obbligo di dichiararlo.

2. Il perito può essere ricusato dalle parti nei casi previsti dall’articolo 36 a eccezione di quello previsto dal comma 1 lettera h) del medesimo articolo.

3. La dichiarazione di astensione o di ricusazione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell’incarico e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che il perito abbia dato il proprio parere.

4. Sulla dichiarazione di astensione o di ricusazione decide, con ordinanza, il giudice che ha disposto la perizia.

5. Si osservano, in quanto applicabili, le norme sulla ricusazione del giudice.

Rassegna giurisprudenziale

Astensione e ricusazione del perito (art. 223)

L’equilibrio fra la necessità di assicurare l’assoluta imparzialità dell’ausiliare del giudice e l’esigenza di non interferire nell’accertamento peritale si assicura solo se si interpreta l’art. 223, nella parte in cui determina il limite ultimo per la proposizione dell’istanza, nel momento in cui il perito, all’interno del procedimento, ha esternato le sue valutazioni, anche se in modo provvisorio e limitatamente ai consulenti di parte e quindi alle parti.

Una diversa interpretazione che fissi il termine per la proposizione della ricusazione per motivi conosciuti successivamente al conferimento dell’incarico, nel momento in cui il parere definitivo viene portato alla conoscenza del giudice, con il deposito della relazione allorquando vi sia stato precedente invio della bozza alle parti, implica il venir meno del limite sostanziale imposto dall’art. 223 che mira proprio ad impedire il condizionamento dell’accertamento peritale agli interessi delle parti  (Sez. 4, 2356/2018).

Sebbene, in forza dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 223 comma 2, le disposizioni che regolamentano i casi di astensione e ricusazione del giudice - esclusa l’ipotesi di cui all’art. 36, comma l, lett. h), riguardante le “gravi ragioni di convenienza”- debbano certamente applicarsi al perito, delineandone la posizione processuale, tuttavia, non sussiste alcuna ragione di incompatibilità idonea a giustificarne la ricusazione nell’ipotesi in cui l’ausiliario del giudice sia stato chiamato ad esprimere il proprio parere tecnico in relazione allo stesso oggetto di accertamento ma in riferimento alle posizione di concorrenti nel medesimo reato: tanto perché nella stessa situazione non ricorrerebbe alcuna incompatibilità neppure per il giudice.

Né d’altro canto la soluzione negatoria dell’incompatibilità, in ipotesi di nomina dello stesso esperto allorché sia disposta la rinnovazione in dibattimento della perizia già assunta nell’incidente probatorio nei confronti dei concorrenti nel reato, sarebbe tale da vulnerare la tutela sostanziale del diritto di difesa, apprestata dalle norme di cui agli art. 401 e 403 con il sancire la inutilizzabilità dibattimentale della perizia nei confronti degli imputati raggiunti solo successivamente all’incidente probatorio da indizi di colpevolezza, i cui difensori non hanno partecipato alla sua assunzione.

Deve sostenersi, infatti, che la inutilizzabilità della perizia nei confronti degli imputati i cui difensori non abbiano partecipato alla sua assunzione deriva esclusivamente dal mancato controllo esercitato da questi sulla corretta assunzione della prova, assicurato, invece, dal contraddittorio tra le parti nel corso dell’espletamento della nuova perizia e nell’esame del perito in dibattimento (Sez. 5, 33013/2017).

La dichiarazione di ricusazione del perito deve intervenire fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell’incarico e, quando si tratti di motivi sopravvenuti o conosciuti successivamente, al più tardi “prima che il perito abbia dato il proprio parere”. L’inosservanza di tali termini e del modo di presentazione della dichiarazione determina l’inammissibilità della stessa (Sez. 2, 52014/2016).

Non costituisce causa di ricusazione del perito ai sensi delle lett. a) e d) dell’art. 36 il fatto che questi sia stato oggetto di denunzia penale da parte del ricusante, poiché il sentimento di grave inimicizia, per risultare pregiudizievole, deve essere reciproco, deve cioè nascere o essere ricambiato dal perito e deve trarre origine da rapporti di carattere privato, estranei al processo, non potendosi desumere dal mero trattamento riservato in tale sede alla parte, anche se da questa ritenuto frutto di mancanza di serenità, mentre l’interesse personale come causa di ricusazione deve circoscriversi all’influenza che per la sfera patrimoniale del ricusato (intesa in senso lato) possa avere la soluzione in un certo senso della controversia, la quale non consegue al fatto della presentazione di una denunzia a carico del perito (Sez. 5, 6805/2015).

Le norme in materia di ricusazione dei periti prevedono che si osservino, in quanto applicabili, le norme sulla ricusazione del giudice (art. 223 comma 5). È di conseguenza inammissibile l’istanza di ricusazione presentata non dalla parte personalmente, ma dal difensore non munito di mandato o procura speciale.

Difatti, le Sezioni Unite hanno affermato che, ai sensi dell’art. 37, il giudice può essere ricusato soltanto dalla parte, per cui è da escludere un’autonoma parallela legittimazione del difensore il quale, pur potendo validamente proporre l’atto di ricusazione, deve avere indefettibilmente ricevuto a tal fine apposito mandato, anche se non necessariamente nelle forme della procura speciale. Hanno osservato le Sezioni Unite, che l’art. 38 non prevede deroghe al carattere personale del potere di ricusazione, ma soltanto consente che esso possa essere esercitato per mezzo di altre persone: difensore o procuratore speciale (Sez. 4, 33827/2015).

La possibilità di ricusare il perito, ai sensi dell’art. 223, discende dal fatto che, essendo costui un ausiliario del giudice, deve avere anch’egli i requisiti della terzietà propri del soggetto processuale che gli affida l’incarico; in tema di impugnabilità dell’ordinanza con cui viene decisa l’istanza di ricusazione del perito, è ammissibile il ricorso per cassazione, in ragione dell’esplicito rinvio effettuato dall’art. 223, comma 5, all’osservanza delle norme sulla ricusazione del giudice “in quanto applicabili”, tra cui la disposizione posta dall’art. 41 in tema di ricorribilità della decisione sulla dichiarazione di ricusazione del giudice (Sez. 1, 17741/2014).