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Art. 227 - Relazione peritale

1. Concluse le formalità di conferimento dell’incarico, il perito procede immediatamente ai necessari accertamenti e risponde ai quesiti con parere raccolto nel verbale.

2. Se, per la complessità dei quesiti, il perito non ritiene di poter dare immediata risposta, può chiedere un termine al giudice.

3. Quando non ritiene di concedere il termine, il giudice provvede alla sostituzione del perito; altrimenti fissa la data, non oltre novanta giorni, nella quale il perito stesso dovrà rispondere ai quesiti e dispone perché ne venga data comunicazione alle parti e ai consulenti tecnici.

4. Quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità, il termine può essere prorogato dal giudice, su richiesta motivata del perito, anche più volte per periodi non superiori a trenta giorni. In ogni caso, il termine per la risposta ai quesiti, anche se prorogato, non può superare i sei mesi.

5. Qualora sia indispensabile illustrare con note scritte il parere, il perito può chiedere al giudice di essere autorizzato a presentare, nel termine stabilito a norma dei commi 3 e 4, relazione scritta.

Rassegna giurisprudenziale

Relazione peritale (art. 227)

Il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d’ufficio, in difformità rispetto a quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell’obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica delle prime e dell’erroneità delle seconde, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente di parte.

Di conseguenza, può ravvisarsi vizio di motivazione, denunciabile in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo, lettera e), solo qualora risulti che le argomentazioni del perito siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante ed inconfutabile la fallacia delle conclusioni peritali recepite dal giudice (Sez. 5, 18975/2017).

In tema di prova, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se logicamente e congruamente motivato, come nel caso di specie, l’apprezzamento, positivo o negativo che sia, dell’elaborato peritale e delle relative conclusioni: il giudice del merito può attenersi alle conclusioni del perito, ove le condivida, rimettendo al suo elaborato il relativo supporto razionale. Certo, il giudice di merito ha l’obbligo dì motivare il proprio convincimento con criteri che rispondano ai principi scientifici oltreché logici.

Ma è altresì certo che il giudice stesso può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione della scelta, e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire.

Entro questi limiti, è del pari certo, in sintonia con il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, che non rappresenta vizio della motivazione, di per sé, l’omesso esame critico di ogni più minuto passaggio della perizia, poiché la valutazione delle emergenze processuali è affidata al potere discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamente all’onere della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento (Sez. 4, 38359/2018).

Il giudice – ove ritenga erroneo o comunque tecnicamente inadeguato il risultato della perizia – può sicuramente disattenderlo, fermo restando che incombe su di lui il dovere di motivare anche con riferimento ai criteri seguiti e, per il caso in cui sussista contrasto rispetto alle deduzioni delle parti, pure quello di contestare ogni singolo profilo di censura, del pari potendo il giudice che ritenga inadeguate le considerazioni tecniche e le conclusioni peritali disporre, sempre nel cono di funzioni strutturato dagli artt. 220 e ss., nuova perizia.

Circa, poi, la scelta degli esiti tecnici derivanti dalle conclusioni, non conformi fra loro, delle diverse perizie disposte, il giudice ha la possibilità di accettare le conclusioni dell’uno o dell’altro dei due elaborati peritali, ma ha in pari tempo l’obbligo di indicare nella motivazione, in modo adeguato e con rigore logico, le ragioni  di ordine scientifico o tecnico o di carattere fattuale  per le o quali la scelta del risultato tecnico è caduta sull’uno o sull’altro esito degli elaborati peritale, sicché non potrebbe limitarsi ad affermare in modo immotivato che egli reputa più persuasiva o più convincente l’uno piuttosto che l’altro (Sez. 1, 21945/2018).