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Art. 409 - Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione

1. Fuori dei casi in cui sia stata presentata l’opposizione prevista dall’articolo 410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l’archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare.
2. Se non accoglie la richiesta, il giudice entro tre mesi fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127. Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia.
3. Della fissazione dell’udienza il giudice dà inoltre comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello.
4. A seguito dell’udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse, altrimenti provvede entro tre mesi sulle richieste.
5. Fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell’imputazione, il giudice fissa con decreto l’udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419.

6. (abrogato).

Rassegna giurisprudenziale

Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione (art. 409)

Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e restituisca al pubblico ministero gli atti perché effettui nuove indagini consistenti nell’interrogatorio dell’indagato, trattandosi di provvedimento che non solo non risulta avulso dall’intero ordinamento processuale, ma costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento. (La Corte, nella fattispecie, ha escluso l’abnormità anche nel caso in cui l’interrogatorio debba espletarsi con riguardo ad un reato diverso da quello per il quale è stata richiesta la archiviazione, essendo dovuta, in tale caso, la previsa iscrizione nel registro di cui all’art. 335 (SU, 10728/2022).

È ricorribile per cassazione, anche dalla persona sottoposta ad indagine, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell’art. 409, comma 5, al PM di formulare l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta, trattandosi di atto abnorme (SU, 40984/2018).

È abnorme il provvedimento con il quale il GIP revochi, su richiesta del PM, il decreto di archiviazione, atteso che i rimedi esperibili avverso detto provvedimento sono esclusivamente la riapertura delle indagini su istanza del PM ex art. 414 e il reclamo della persona offesa ex art. 410-bis per omesso avviso della richiesta (Sez. 5, 377/2022).

Il merito della decisione adottata all’esito dell’udienza camerale fissata per discutere dell’archiviazione resta interamente sottratto al sindacato di legittimità. Non è infatti ammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto o l’ordinanza di archiviazione per vizio di motivazione o per travisamento dell’oggetto o per omessa considerazione di circostanze di fatto già acquisite e non possono essere censurate né le valutazioni espresse dal giudice a fondamento della ordinanza di archiviazione e neppure le considerazioni in base alle quali il PM abbia richiesto l’archiviazione, essendo il giudice investito della richiesta del tutto libero di motivare il proprio convincimento anche prescindendo dalle valutazioni dell’organo titolare dell’azione penale. In sintesi: non è consentito il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di archiviazione per motivi attinenti alla valutazione del merito della notitia criminisNel caso in cui il provvedimento di archiviazione venga emesso all’esito del contraddittorio camerale attivato in seguito alla proposizione dell’opposizione all’archiviazione, la persona offesa ha potuto contestare la scelta di inazione effettuata dal pubblico ministero esponendo le sue ragioni al fine di ottenerne un riesame. L’esercizio di tale facoltà consente di ritenere il nostro sistema processuale coerente con le richieste della direttiva europea che prescrive misure minime in teme di partecipazione e tutela delle vittime nell’ambito del processo penale indicando la necessità che sia prevista la possibilità di riesaminare la «decisione di non esercitare l’azione penale» (art. 11 § 3 Direttiva 2012\29\UE). Tale opportunità di riesame giudiziale della scelta di inazione rappresentata dalla richiesta di archiviazione consente di ritenere rispettato il livello minimo di tutela indicato dalla normativa sovranazionale (Sez. 2, 54147/2018).

L’art. 409 stabilisce che il GIP, se non accoglie la richiesta di archiviazione del PM, presentata ai sensi dell’art. 408 entro i termini di durata delle indagini, o non reputi inammissibile l’opposizione presentata dalla persona offesa dal reato a norma dell’art. 410, fissa la data dell’udienza in camera di consiglio. All’esito della stessa il giudice, se non ritiene di accogliere la richiesta di archiviazione, alternativamente può indicare al PM le nuove indagini che ritenga necessarie, fissando un termine per il loro espletamento, o ordinare al PM di formulare l’imputazione entro il termine di dieci giorni. Tale ipotesi ovviamente ricorre allorché il GIP reputi che sussistano, allo stato degli atti, gli estremi per esercitare l’azione penale. La legittimità del descritto potere di intervento del GIP sull’esercizio dell’azione penale è stata reiteratamente sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, che, dichiarando infondate le questioni sottoposte al suo esame, ha sempre affermato che i confini tracciati dal legislatore sui poteri dei due organi che si occupano delle indagini preliminari sono ben definiti e conformi ai principi costituzionali dell’obbligatorietà dell’azione penale e della attribuzione della titolarità del suo esercizio in capo all’organo inquirente/requirente. In particolare, il giudice delle leggi, con sentenza 88/1991, ha affermato che il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale esige che nulla sia sottratto al controllo di legalità del giudice, sicché appaiono giustificati sia il potere del giudice di ordinare nuove indagini sia l’ordine di formulare l’imputazione rivolto al PMIl controllo di legalità esercitato dal giudice, inoltre, in attuazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, investe l’intera vicenda processuale e riguarda l’integralità dei risultati delle indagini, senza la possibilità di imporre limiti devolutivi in relazione alla domanda del PM (Corte costituzionale, sentenza 478/1993). In tale ambito, tuttavia, l’azione del giudice non contrasta con i principi del sistema accusatorio, essendo demandato a esso solo l’atto di impulso, che non esorbita dalla funzione di controllo, mentre il concreto promovimento dell’azione penale, che si esplica nella formulazione dell’imputazione, resta di esclusiva competenza del PM. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato, peraltro sulla scia della copiosa giurisprudenza costituzionale citata, che rientra tra i poteri del GIP anche quello di effettuare un controllo completo sulle indagini svolte dal PM, non limitato, sotto il profilo oggettivo, alle imputazioni iscritte nel registro delle notizie di reato e, sotto il profilo soggettivo, alle persone indagate ed iscritte nel relativo registro, con la conseguenza che, se le sue valutazioni non concordino con le richieste conclusive del PM, egli potrà invitare quest’ultimo a compiere nuove indagini e, qualora queste debbano essere estese a persone non indagate, ne potrà ordinare l’iscrizione nel registro delle notizie di reato. Si può, pertanto, affermare, sulla scia dell’indirizzo interpretativo già espresso dalle Sezioni Unite, che le disposizioni dell’art. 409 commi 4 e 5, concernenti i poteri di intervento del GIP sull’esercizio dell’azione penale, devono formare oggetto di interpretazione estremamente rigorosa, al fine di evitare qualsiasi ingerenza dell’organo giudicante nella sfera di autonomia della pubblica accusaÈ, inoltre, opportuno ribadire che è abnorme il provvedimento del GIP, nella parte in cui, oltre a ordinare al PM l’iscrizione nel registro delle notizie di reato di una persona non sottoposta ad indagini, disponga nei confronti di quest’ultima anche la formulazione dell’imputazione coattaAlle stesse conclusioni si deve pervenire con riferimento all’ipotesi in cui il GIP ravvisi a carico della persona indagata fatti costituenti reato diversi da quelli per i quali è stata formulata la richiesta di archiviazioneAnche in tale ipotesi, infatti, l’ordine di imputazione coatta obbligherebbe il PM a contestare i fatti, così come emersi dalle indagini già espletate, precludendogli la possibilità di adottare autonome determinazioni all’esito delle ulteriori indagini che la pubblica accusa ritenga di espletare sulle diverse ipotesi di reato rilevate dal giudice a seguito della iscrizione delle stesse nel registro di cui all’art. 335 (Sez. 1, 14017/2016).

Il decreto di archiviazione ha efficacia (limitatamente) preclusiva solo nei confronti dell'autorità giudiziaria che ha provveduto all'archiviazione. Invero, l'autorizzazione alla riapertura delle indagini, rimuovendo gli effetti della precedente valutazione di infondatezza della notizia di reato e quindi ponendosi giuridicamente come atto equipollente alla revoca, non può che provenire dallo stesso giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione ed inerire ad un sindacato sul potere di esercizio dell'azione penale di cui è titolare il pubblico ministero presso quell'ufficio giudiziario, sicché nessun ostacolo incontra l'autorità giudiziaria di altra sede a compiere accertamenti su fatti oggetto del provvedimento di archiviazione (Sez. 2, 37479/2019).

È inammissibile l’impugnazione proposta con ricorso per cassazione dall’indagato, avverso il provvedimento del GIP che non accolga la richiesta di archiviazione e disponga la formulazione dell’imputazione, ex art. 409, comma 5, in quanto unico soggetto legittimato ad impugnare è, in tal caso, il PM. Infatti, non è previsto nell’ordinamento giuridico un diritto dell’indagato (o dell’indagando) ad impugnare l’ordine del GIP che disponga l’imputazione coatta, ancorché il PM non abbia ancora proceduto all’iscrizione del nominativo nel registro degli indagati, perché, in questa fase, l’interlocuzione è esclusivamente tra il GIP ed il PM il quale, nella specie, è evidente che ha prestato implicitamente acquiescenza all’ordine del GIP, procedendo alla preventiva iscrizione del ricorrente a modello 21, ed esercitando conseguentemente l’azione penale. Tale soluzione non contrasta con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (SU, 4319/14) che  dopo aver ricostruito il sistema del rapporto tra il GIP ed il PM, anche alla luce dei principi costituzionali, precisando che il GIP non può limitarsi al semplice esame della richiesta finale del PM, ma deve esercitare il suo controllo sul complesso degli atti rimessigli dallo stesso PM, non potendo prendere l’iniziativa di esercitare l’azione penale in nome e per conto del PM (Sez. 3, 15251/2017).

Costituisce atto abnorme il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, nel respingere la richiesta di archiviazione, ordini al pubblico ministero l’imputazione coatta anche per un reato diverso “in alternativa” a quello oggetto della richiesta (Sez. 5, 44926/2021).

Esorbitano dai poteri del GIP e costituiscono, pertanto, atto abnorme, sia l’ordine di imputazione coatta ex art. 409, comma 5, nei confronti di persona non indagata, sia il medesimo ordine riferito all’indagato per fatti diversi da quelli per i quali il PM abbia chiesto l’archiviazioneSiffatti provvedimenti costituirebbero, infatti, un’indebita ingerenza del giudice nei poteri dell’organo inquirente relativamente allo svolgimento delle indagini e al conseguente esercizio dell’azione penale. L’ordine di imputazione coatta nei confronti di un soggetto non sottoposto ad indagini determina, in particolare, una lesione dei diritti di difesa dello stesso, non essendo questo destinatario dell’avviso ex art. 409, comma 1, e non avendo egli partecipato all’udienza camerale. Ad analoghe conclusioni si giunge con riferimento all’ipotesi in cui il GIP ravvisi a carico dell’indagato fatti costituenti reato diversi da quelli per i quali è stata formulata la richiesta di archiviazione. In tale ipotesi, infatti, l’ordine di imputazione coatta preclude al PM la possibilità di adottare autonome determinazioni all’esito delle indagini (SU, 4319/2014).

Non costituisce atto abnorme l’ordine di iscrizione della persona non sottoposta ad indagini nel registro delle notizie di reato in relazione a fatti che emergano a suo carico in conseguenza delle indagini già espletate. Tale ordine risulta, infatti, ricompreso nel potere del giudice di ordinare nuove indagini cui fa riferimento, nel suo complesso, l’art. 409, perché l’attività di indagine presuppone la necessaria iscrizione dell’indagato nel registro di cui all’art. 335. E, per le stesse ragioni, l’iscrizione relativa a nuovi fatti di reato può anche riguardare soggetti già. In tali ipotesi, però, il giudice non può imporre al PM un termine per la conclusione delle indagini, perché l’azione penale, comprensiva delle indagini stesse, rientra nella completa disponibilità del PM secondo le regole ordinarie. Ne consegue che deve essere ritenuto abnorme il provvedimento con cui il GIP, nell’accogliere la richiesta di archiviazione formulata nei confronti dell’indagato, e nell’ordinare contestualmente l’iscrizione di quest’ultimo per altri titoli di reato, ritenuti configurabili nel fatto investigato, assegni al PM un termine per lo svolgimento delle nuove indagini, in quanto in tale ipotesi non è applicabile la disposizione di cui all’art. 409, comma 4, (Sez. 2, 40308/2015).