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Art. 410 - Opposizione alla richiesta di archiviazione

1. Con l’opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.
2. Se l’opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l’archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.
3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell’articolo 409 commi 2, 3, 4 e 5, ma, in caso di più persone offese, l’avviso per l’udienza è notificato al solo opponente.

Rassegna giurisprudenziale

Opposizione alla richiesta di archiviazione (art. 410)

Non sussiste una situazione di incompatibilità a decidere sulla opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla persona offesa a norma dell’art. 410 per il giudice che abbia già abbia pronunciato ordinanza di "imputazione coatta" ai sensi dell'art. 409, comma 5, in seguito annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione. In tal caso, infatti, non ricorre il pericolo che le valutazioni demandate al giudice siano o possano apparire condizionate dalla "forza della prevenzione", e cioè dalla naturale propensione a tenere fermo il giudizio precedentemente espresso sulla medesima res iudicanda, sia perché la precedente pronuncia non ha una reale portata di condizionamento, sia perché la successiva ha una portata poco più che processuale, inidonea a pregiudicare il merito della causa (Sez. 6, 14523/2022).

L’art. 410 configura un sistema di equilibrio tra il principio di obbligatorietà dell’azione penale e quello di economia processuale, tendente sia ad impedire inerzie e lacune investigative del pubblico ministero, sia indagini meramente pretestuose o dilatorie, offrendosi al giudice, in tale evenienza, lo strumento dell’archiviazione de planoPer l’effetto, dalla disciplina positiva deriva che, qualora sia stata proposta opposizione alla richiesta di archiviazione del PM, il GIP, ai sensi dell’art. 410, può disporre l’archiviazione con provvedimento de plano esclusivamente in presenza di due condizioni, delle quali deve dare atto con adeguata motivazione, e cioè l’inammissibilità dell’opposizione, per l’omessa indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva, e l’infondatezza della notizia di reato. Al di fuori di tali ipotesi, in presenza di opposizione della persona offesa, non può che ricorrersi al procedimento camerale, senza del quale il provvedimento di archiviazione deve considerarsi emesso con violazione della garanzia del contraddittorio e perciò impugnabile con il ricorso per Cassazione. Ai fini della corretta applicazione della richiamata disposizione, il giudice deve tenere conto della pertinenza (cioè la inerenza rispetto alla notizia di reato) e della rilevanza degli elementi di indagine proposti (cioè l’incidenza concreta sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari) senza però poter effettuare valutazioni anticipate di merito ovvero prognosi di fondatezza o meno di tali elementi di indagine. Cosicché eventuali ragioni di infondatezza dei temi indicati nell’atto di opposizione non possono costituire motivo legittimo di inammissibilità, neppure ove attengano ad una valutazione prognostica dell’esito della “investigazione suppletiva” e delle relative fonti di prova indicate dalla parte offesa (Sez. 5, 26607/2018).

È abnorme, e pertanto ricorribile per cassazione, l’ordinanza con la quale il GIP, all’esito dell’udienza camerale fissata sull’opposizione della persona offesa per il mancato accoglimento della richiesta di archiviazione del PM, dopo aver ordinato l’espletamento di nuove indagini, fissi contestualmente una nuova udienza di rinvio per l’ulteriore corso, in quanto crea un vincolo per le valutazioni conclusive del PM circa l’idoneità degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio (SU, 22909/2005).

Se la persona offesa ha l’onere di indicare, a pena di inammissibilità dell’opposizione, soltanto le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta del PM, il GIP è tenuto a valutare tali ragioni, le quali – salvo i casi di inammissibilità – impongono la fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 409, comma 2 (Sez. 5, 49046/2017).