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Art. 415-bis - Avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari

1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell’articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore nonché, quando si procede per i reati di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale, anche al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa avviso della conclusione delle indagini preliminari.

2. L’avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.

2-bis. Qualora non si sia proceduto ai sensi dell’articolo 268, commi 4, 5 e 6, l’avviso contiene inoltre l’avvertimento che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di esaminare per via telematica gli atti depositati relativi ad intercettazioni ed ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche e che hanno la facoltà di estrarre copia delle registrazioni o dei flussi indicati come rilevanti dal pubblico ministero. Il difensore può, entro il termine di venti giorni, depositare l’elenco delle ulteriori registrazioni ritenute rilevanti e di cui chiede copia. Sull’istanza provvede il pubblico ministero con decreto motivato. In caso di rigetto dell’istanza o di contestazioni sulle indicazioni relative alle registrazioni ritenute rilevanti il difensore può avanzare al giudice istanza affinché si proceda nelle forme di cui all’articolo 268, comma 6.

3. L’avviso contiene altresì l’avvertimento che l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l’indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.

4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell’indagato, dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni.

5. Le dichiarazioni rilasciate dall’indagato, l’interrogatorio del medesimo ed i nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorché sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l’esercizio dell’azione penale o per la richiesta di archiviazione.

Rassegna giurisprudenziale

Avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis)

L’emissione dell’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari non è atto incompatibile con la proposizione della richiesta di giudizio immediato, dal momento che non obbliga il PM a richiedere il rinvio a giudizio. In effetti, la procedura ex art. 415-bis è solo prodromica alle decisioni da adottare ai sensi dell’art. 405 e compatibile con tutte le scelte possibili (in ordine alla richiesta di archiviazione piuttosto che all’esercizio dell’azione penale in una delle forme possibili tenuto conto delle caratteristiche proprie del procedimento concreto in trattazione), in particolare con quella di richiesta del giudizio immediato quando ricorrano le pertinenti condizioni in rito (Sez. 6, 8960/2015).

Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice – rilevata l’omessa notifica al difensore dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415-bis, in realtà ritualmente eseguita – dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al PM, trattandosi di un provvedimento che, lungi dall’essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo l’organo inquirente comunque disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso.

Al di là delle considerazioni concernenti la correttezza del provvedimento nel merito, qui precluse, deve ritenersi che il provvedimento adottato non si collochi al di fuori dell’ordinamento e della struttura del sistema processuale, rientrando fisiologicamente nelle attribuzioni del decidente (Sez. 4, 6399/2015).

Non è abnorme l’ordinanza con la quale il GIP, rilevata la mancata traduzione dell’avviso ex art. 415-bis. all’imputato alloglotta che abbia eletto domicilio presso il difensore, ne dichiari la nullità, unitamente agli atti ad esso successivi, e disponga la restituzione degli atti al PM, a prescindere dalla correttezza di tale decisione, posto che i provvedimenti del GIP che determinano una regressione del procedimento, anche se basati su un giudizio errato, costituiscono espressione tipica del suo potere e non producono alcuna stasi processuale, risultando sempre possibile alla pubblica accusa rinnovare l’atto (Sez. 5, 1399/2017).

La giurisprudenza di legittimità è in divisa sulla natura della nullità del decreto di citazione a giudizio prevista dall’art. 552, comma 3, perché non preceduto dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari ovvero per mancanza dell’invito all’indagato a presentarsi a rendere l’interrogatorio richiesto nel termine di cui all’art. 415-bis, comma 3.

Secondo un primo orientamento, si tratta di nullità relativa che deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 491, subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti (Sez. 5, 34515/2014). Secondo altro orientamento, l’inosservanza è riconducibile alle nullità di ordine di generale di cui all’art. 178, lett. c), a cosiddetto regime intermedio, sicché può essere dedotta, ai sensi dell’art. 180, prima della deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 6, 2382/2017).

Il decreto di irreperibilità emesso dal PM per la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ex art. 415-bis vale anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio (SU, 24527/2012).

Le notificazioni, le comunicazioni e gli avvisi devono essere indirizzati a colui che risulta come difensore della parte, d’ufficio o di fiducia, al momento in cui se ne dispone l’inoltro, senza alcun obbligo di rinnovazione in favore del difensore successivamente nominato (principio affermato con specifico riferimento alla notifica dell’avviso ex art. 415-bis) (Sez. 7, 37923/2018).

L’avviso di conclusione delle indagini è, in vero, atto dovuto del PM che serve a porre l’indagato in condizioni di interloquire, nel termine di 20 giorni sulla stessa deliberazione di chiusura delle indagini, mediante l’offerta di ragioni difensive di carattere sostanziale e tecnico, ostative dell’esercizio dell’azione penale e, a questo fine, non è possibile scindere la deliberazione personale del magistrato del PM di chiudere le indagini, per sé provvisoria e revocabile, dall’esecuzione da parte del suo ufficio della comunicazione ai soggetti legittimati a riceverla.

E qualora la persona sottoposta ad indagini abbia nominato un difensore di fiducia prima che l’avviso gli sia notificato, lo stesso avviso deve essere notificato anche a tale difensore, ancorché nel disporne la notifica dell’avviso il PM abbia indicato quale altro destinatario, oltre all’indagato, un difensore di ufficio non potendo l’AG sostituirsi all’imputato, ovvero all’indagato, nella scelta da questi compiuta, se non violando palesemente i principi fondamentali in tema di diritto alla difesa.

Dalla mancata notifica dell’avviso previsto dall’art. 415-bis nei termini appena descritti, consegue, a mente dell’art. 416, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio ovvero del decreto di citazione diretta a giudizio, ai sensi dell’art. 552, comma 2. Si tratta di una nullità a regime intermedio che deve essere eccepita prima della deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 1, 2382/2018).

Non è configurabile la nullità della richiesta di rinvio a giudizio che faccia riferimento ad un fatto diversamente qualificato rispetto a quello contenuto nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, sia perché i casi di nullità previsti dall’art. 416. sono tassativi, sia perché tale avviso, il quale prelude all’instaurazione del contraddittorio sul contenuto dell’accusa, deve contenere soltanto la sommaria enunciazione del fatto e delle norme di legge che si assumono violate, segno della sostanziale fluidità dell’accusa, a differenza della richiesta di rinvio a giudizio in cui l’enunciazione del fatto deve essere chiara e precisa, a dimostrazione della possibile progressività della formazione dell’accusa anche alla luce dell’esercizio delle facoltà attribuite all’indagato dall’art. 415-bis, comma 3.

Pertanto, deve essere considerato abnorme il provvedimento con cui il giudice ha annullato il decreto di citazione a giudizio sull’assunto che il fatto contestato appare diverso da quello indicato nell’avviso di deposito degli atti ex art. 415-bis, posto che la declaratoria di nullità della citazione a giudizio è prevista soltanto nell’ipotesi in cui manchi la notifica dell’avviso ex art. 415-bis e non quando la enunciazione del fatto sia ritenuta insufficiente (Sez. 2, 53808/2017).

L’avviso di conclusione delle indagini non svolge la funzione di contestare il fatto reato, ma riveste uno scopo eminentemente informativo, nel senso che il PM avvisa l’indagato, con riferimento ad una determinata vicenda, della conclusione delle indagini e della messa a sua disposizione degli esiti delle stesse. Lo scopo dell’avviso consiste nel porre l’indagato in condizioni di apprestare la sua difesa e di evitare, mediante l’immediata esposizione delle sue ragioni, un inutile processo.

Tali finalità sono conseguite con una sommaria enunciazione del fatto proprio in quanto lo scopo dell’istituto non consiste nella contestazione del reato, che avverrà in un momento successivo, ma l’individuazione del procedimento e del fatto sul quale si sono sviluppate le indagini (Sez. 1, 6619/2016).

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari contiene l’avvertimento che l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al PM il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

Se l’indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio, il PM deve procedervi, anche a mezzo di PG all’uopo delegata; in tal senso, infatti, la giurisprudenza si è espressa nei termini di un diritto potestativo, con efficacia vincolante per il PM (Sez. 2, 21779/2014).

Non è configurabile la nullità della richiesta di rinvio a giudizio nel caso in cui la stessa non sia preceduta dall’invito alla persona indagata a valersi della facoltà di rendere l’interrogatorio quando, ritualmente notificatole l’avviso di conclusione delle indagini contenente il predetto invito, l’interrogatorio non abbia poi, di fatto, avuto luogo, per il rifiuto dell’indagato di rispondere o per mancata presentazione di questi (Sez. 3, 38785/2015).

L’art. 416, comma 1 limita la previsione di nullità al caso della mancanza dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Previsione, questa, che non può essere estesa alle situazioni di carenza di singoli contenuti propri dell’avviso per il solo fatto che una distinta causa di nullità sia prevista per l’omissione riguardante il diverso ed eventualmente successivo atto dell’invito dell’imputato a presentarsi per rendere l’interrogatorio richiesto all’esito nella notifica dell’avviso di conclusione dalle indagini preliminari.

Al contrario, la specifica previsione di nullità per l’omissione dell’interrogatorio, e non anche per il mancato espletamento delle indagini richieste dall’imputato (Sez. 1, 16908/2009).