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Art. 550 - Casi di citazione diretta a giudizio

1. Il pubblico ministero esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 415-bis. Per la determinazione della pena si osservano le disposizioni dell’articolo 4.

2. La disposizione del comma 1 si applica anche quando si procede per uno dei seguenti reati:

a) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336 del codice penale;

b) resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 337 del codice penale;

c) oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell’articolo 343, secondo comma, del codice penale;

d) violazione di sigilli aggravata a norma dell’articolo 349, secondo comma, del codice penale;

e) rissa aggravata a norma dell’articolo 588, secondo comma, del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime;

e-bis) lesioni personali stradali, anche se aggravate, a norma dell’articolo 590-bis del codice penale;

f) furto aggravato a norma dell’articolo 625 del codice penale;

g) ricettazione prevista dall’articolo 648 del codice penale.

3. Se il pubblico ministero ha esercitato l’azione penale con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare e la relativa eccezione è proposta entro il termine indicato dall’articolo 491, comma 1, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.

Rassegna giurisprudenziale

Casi di citazione diretta a giudizio (art. 550)

È abnorme, in quanto determina una indebita regressione del processo, il provvedimento del GIP il quale, investito della richiesta di rinvio a giudizio per un reato che preveda la celebrazione dell’udienza preliminare, disponga, previa riqualificazione giuridica del fatto, la restituzione degli atti al PM, ai sensi dell’art. 33-sexies, perché proceda con citazione diretta (Sez. 5, 10531/2018).

In senso contrario: non è abnorme il provvedimento del GIP il quale, investito della richiesta di rinvio a giudizio per un reato che preveda la celebrazione dell’udienza preliminare, disponga, previa riqualificazione giuridica del fatto, la restituzione degli atti al PM, ai sensi dell’art. 33-sexies, perché proceda con citazione diretta (Sez. 6, 41037/2009).

La trattazione da parte del giudice onorario di un procedimento penale diverso da quelli relativi ai reati previsti dall’art. 550 non è causa di nullità, in quanto la disposizione ordinamentale di cui all’art. 43-bis, comma terzo, lett. b), dell’ordinamento giudiziario (RD 12/1941), introduce un mero criterio organizzativo dell’assegnazione del lavoro tra i giudici ordinari e quelli onorari (Sez. 3, 55119/2016).

Non è nulla la sentenza pronunciata in procedimento nel quale l’azione penale sia stata esercitata mediante richiesta di rinvio a giudizio, con successiva celebrazione dell’udienza preliminare, in ordine a reato per il quale avrebbe dovuto procedersi con citazione diretta a giudizio.

La violazione del disposto di cui all’art. 550, che non ha alcuna implicazione rispetto alla violazione del principio del giudice naturale, non configura una patologia insanabile perché non correlata alla violazione di competenza per materia. Ne consegue che la mera violazione di legge non è più deducibile in presenza della definizione del procedimento con il rito abbreviato che opera un effetto sanante delle nullità ai sensi dell’art. 183 (Sez. 6, 57517/2017).

L’erronea instaurazione del rito con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare non dà luogo a nullità assoluta ed insanabile, ma solo ad una nullità a regime intermedio rilevabile, a pena di decadenza, subito dopo il compimento, per la prima volta, dell’accertamento della costituzione delle parti (Sez. 1, 5967/2014).

Il dato letterale normativo dell’art. 550 consenta l’esercizio dell’azione penale mediante citazione diretta per i reati puniti nel massimo con una pena non superiore ad anni quattro (comma 1) nonché per specifici reati, appositamente elencati, puniti con pena superiore (comma 2). In detto specifico elenco risulta espressamente previsto il furto aggravato, ex art. 625, ma non anche la condotta punita ai sensi dell’art 624-bis Cod. pen., non rientrante, quoad poenam, nella previsione dell’art. 550 comma 1.

Per colmare quella che viene ritenuta una “dimenticanza” del legislatore nel coordinare la novellato previsione delittuosa con la previsione circa il rito processuale, si è ritenuto, anche per il furto in abitazione o lo scippo, doversi procedere ai sensi dell’art 550 con la citazione diretta a giudizio, similmente per il “genus” delitto di furto sia semplice che comunque aggravato (Sez. 5, 7772/2018).

È abnorme il provvedimento emesso dal giudice del dibattimento di annullamento del decreto di citazione diretta a giudizio, sul presupposto che per il delitto previsto dall’art. 624-bis Cod. pen. si debba procedere mediante udienza preliminare (Sez. 5, 32160/2016).

La fattispecie ex art. 624-bis Cod. pen. deve considerarsi compresa nel catalogo di quelle per le quali è ammessa la procedura di sospensione del processo per messa alla prova, in ragione del combinato disposto degli artt. 168-bis comma 1 Cod. pen. e 550 comma 2 (Sez. 5, 43958/2017).

La fattispecie di cui all’art. 2, comma 3, D. Lgs. 74/2000 ha natura di circostanza attenuante del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, disciplinata dal primo comma dello stesso articolo e non costituisce una fattispecie autonoma di reato (Sez. 3, 5720/2016).

Ne discende che la pena edittale applicabile per il reato di cui al citato art. 2 è quella, prevista dal suo primo comma, della «reclusione da un anno e sei mesi a sei anni [...]». Pertanto, il reato è punito con una pena superiore nel massimo a quattro anni, con la conseguenza che, nel caso di specie, si fuoriesce dall’ambito applicativo dell’art. 550 (Sez. 1, 8659/2018).

In sede di riesame del provvedimento che dispone il sequestro conservativo, la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del “fumus” del reato è preclusa se sia stato disposto il rinvio a giudizio del soggetto interessato ma non anche quando vi sia la sola richiesta di rinvio a giudizio, poiché quest’ultima è atto della pubblica accusa, mentre la “ratio” della preclusione è collegata ad una valutazione del giudice sulla idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti per sostenere l’accusa in giudizio; per contro, la proponibilità della questione non è preclusa dalla circostanza che il PM abbia nel frattempo disposto la citazione diretta a giudizio dell’imputato e ciò perché l’ipotesi di instaurazione del processo di cui all’art. 550 differisce, sotto il profilo dell’effetto preclusivo di tale questione, da quella di rinvio a giudizio a seguito di udienza preliminare, nella quale l’esistenza degli elementi costituenti il “fumus” è già stata oggetto di un positivo scrutinio da parte di un organo giurisdizionale chiamato a vagliare la sostenibilità in giudizio dell’accusa e non può pertanto essere oggetto di successiva doglianza in sede cautelare (Sez. 4, 56115/2017).

La diffamazione a mezzo stampa è l’unica fattispecie del delitto ex art. 595 Cod. pen. che, a causa della pena edittale prevista - da uno a sei anni di reclusione - richiede l’esercizio dell’azione penale tramite richiesta di rinvio a giudizio e per la quale è necessario il passaggio attraverso il filtro dell’udienza preliminare (Sez. 5, 322/2018).

Ai sensi dell’art. 4, le circostanze aggravanti ad effetto speciale si considerano nel calcolo della pena, ai fini dell’eventuale ammissibilità della citazione diretta a giudizio (Sez. 3, 52647/2017).

Resta ferma la competenza di giudice di pace a conoscere dei reati, poi sussunti sotto la figura antigiuridica delle lesioni personali (colpose) stradali gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis Cod. pen., commesse in tempo antecedente alla vigenza della L. 41/2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2016 ed entrata in vigore il 25 marzo 2016 (Sez. 1, 48249/2017).

Nel caso del reato di cui al comma 2 dell’art. 610 Cod. pen. (violenza privata aggravata dalle condizioni previste dall’art. 339 Cod. pen.), la pena edittale da considerare, ai fini dell’esercizio dell’azione penale da parte del PM con la citazione diretta a giudizio, è quella della reclusione fino a quattro anni, non potendosi tener conto delle aggravanti ordinarie, che l’art. 4, cui fa rinvio l’art. 550, esclude espressamente dal computo della pena.

È dunque senza dubbio erroneo il provvedimento con il quale si dispone la restituzione degli atti al PM, sul presupposto che occorre l’udienza preliminare. Tale provvedimento va peraltro più specificamente qualificato abnorme (Sez. 5, 18524/2017).

Il legislatore, attribuendo ai giudici onorari di tribunale la trattazione di tutti i processi di cui all’articolo 550, senza alcuna distinzione tra fase di cognizione e fase di esecuzione, ha lasciato chiaramente intendere che nei processi in esame la loro cognizione è completa, altrimenti avrebbe espressamente escluso la funzione esecutiva, così come ha escluso quella di giudice dell’indagine preliminare o dell’udienza preliminare (Sez. 3, 55119/2016).

II delitto di cui all’art. 640 comma 2 n. 1 Cod. pen. costituisce una fattispecie di truffa aggravata e non un’autonoma fattispecie di reato; trattasi tuttavia di un’aggravante ad effetto speciale della quale deve tenersi conto ai fini della determinazione della competenza ai sensi dell’art. 4. Per tale delitto, punito con una pena superiore a quattro anni di reclusione, non è consentita la citazione diretta ex art. 550 ed è necessario procedere con richiesta di rinvio a giudizio (Sez. 2, 30302/2017).

In forza delle modifiche introdotte dalla L. 79/2014 all’art. 73, comma 5 DPR 309/1990, i fatti descritti ai commi 1 e 4 del medesimo articolo che siano caratterizzati dalla loro lieve entità danno luogo ad autonomo reato punito con pena detentiva non superiore a quattro anni e che ciò determina, in forza della previsione dell’art. 550, che l’ordinaria modalità di esercizio dell’azione penale è la citazione diretta a giudizio (Sez. 4, 11701/2014).