x

x

Art. 663 - Esecuzione di pene concorrenti

1. Quando la stessa persona è stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, il pubblico ministero determina la pena da eseguirsi, in osservanza delle norme sul concorso di pene.

2. Se le condanne sono state inflitte da giudici diversi, provvede il pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 comma 4.

3. Il provvedimento del pubblico ministero è notificato al condannato e al suo difensore.

Rassegna giurisprudenziale

Esecuzione di pene concorrenti (art. 663)

Il principio della unitarietà dell'esecuzione impedisce, una volta che sia intervenuto un provvedimento di cumulo, di considerare autonomamente ed isolatamente le singole pene in esso confluite per trarne conseguenze frammentate in punto di avvenuta - necessariamente parziale – espiazione; nel caso di provvedimento di unificazione di pene concorrenti tutte le pene vengono eseguite contemporaneamente come pena unica, ne consegue che, nel corso dell'esecuzione della pena cumulata, non è consentito lo scioglimento del cumulo per dichiarare, ad esempio, la prescrizione di alcune pene (il giudice, a parere della Corte, nella vicenda in esame ha errato nel non valutare che il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti costituisce nuovo e unitario titolo, comprensivo di tutte le sentenze in esso contenute che rende, dunque, impossibile la sospensione della esecuzione della pena inflitta dall'ultima sentenza posta in esecuzione, scindendone la posizione rispetto agli altri titoli) (Sez. 1, 23200/2022).

In tema di esecuzione di pene concorrenti inflitte con condanne diverse nei confronti di un soggetto che abbia commesso nuovi reati durante l’espiazione di una pena o dopo la sua interruzione, è necessario procedere alla formazione di cumuli parziali, raggruppanti, da un lato, le pene relative ai reati commessi sino alla data di quello cui si riferisce la pena parzialmente espiata (con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 c.p. e detrazione dal risultato del presofferto) e, dall’altro, la pena residua e le pene inflitte per i reati commessi in seguito, sino alla data della successiva detenzione, e, qualora una o più pene possano imputarsi a cumuli diversi in funzione dei criteri egualmente legittimi della data di commissione del reato o della data di inizio dell’esecuzione, occorre verificare le conseguenze derivanti in concreto dall’applicazione di ciascun criterio, dando preferenza alla soluzione meno gravosa per il condannato, in ossequio ad un principio di favore per il medesimo avente valenza generale nell’ambito penale (Sez. 1, 36897/2020).

Seppure la sua mancanza non costituisca causa di nullità o inefficacia dell’ordine di esecuzione emesso ai sensi dell’art. 656, il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti deve essere obbligatoriamente emesso dal PM ai sensi dell’art. 663 e, in caso di inadempimento, dal giudice dell’esecuzione; d’altro canto, l’art. 174, comma 2, Cod. pen. prevede che l’indulto si applichi ‘una sola volta, dopo cumulate le pene: previsione coerente con la norma procedurale richiamata; infine, solo il provvedimento ex art. 663, eventualmente con la formazione di cumuli parziali, permette di affrontare correttamente la questione dell’eventuale applicazione dei limiti di pena di cui all’art. 78 Cod. pen. (Sez. 1, 12947/2018).

Il caso della pluralità di provvedimenti da eseguire, pronunciati nei confronti di una stessa persona da diversi organi giurisdizionali, è regolato dal comma 4 dell’art. 665, secondo cui è per essi unicamente competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimoAbbandonando un suo più risalente indirizzo, la giurisprudenza di legittimità è venuta da tempo ad attestarsi sul principio per cui il giudice così individuato è competente a decidere indipendentemente dal fatto se detto ultimo provvedimento sia stato già oggetto di cumulo a norma dell’art. 663, ed anche se la questione da trattare non riguardi l’uno o l’altro ma attenga esclusivamente ad uno o più titoli antecedenti (Sez. 1, 9547/2018).

L’articolo 663 dispone che il PM, quando la stessa persona è stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, determini la pena da eseguirsi nel rispetto delle norme sul concorso di pene. Questa previsione di legge impone l’unicità del rapporto esecutivo, che esprime un forte contenuto di garanzia del condannato, sia perché consente l’applicazione in sede esecutiva del temperamento al cumulo materiale, di cui all’articolo 78 Cod. pen., sia perché impedisce la frantumazione delle situazioni esecutive che impedirebbe l’ordinato perseguimento delle finalità rieducative, alternando inevitabilmente periodo di esecuzione a periodi di libertà con ricadute negative anche sul piano psicologico. Il principio di unicità del rapporto esecutivo non può allora esser posto in discussione per il solo fatto che, come nel caso in esame, uno solo dei reati interessati dal cumulo rientri nella categoria di quelli ostativi alla sospensione dell’ordine di esecuzione, se non sussiste un interesse apprezzabile del condannato allo scioglimento del cumuloNel caso in esame, la revoca parziale, disposta perché in relazione ad una delle condanne è stata disposta la sospensione dell’ordine di esecuzione, non potrebbe realizzare alcun effetto di vantaggio, dal momento che il condannato sarebbe al contempo raggiunto dall’ordine di esecuzione relativo al reato per il quale non è ammessa sospensione, con conseguente impossibilità che per l’altra condanna possa attendere in stato di libertà le decisioni della magistratura di sorveglianza in ordine alla richiesta di misure alternative alla detenzione. Questa Corte ha ammesso, in deroga al principio generale, la scissione del cumulo per pene concorrenti, ove esso sia in grado di realizzare l’effetto vantaggioso della sospensione dell’ordine di esecuzione, ad esempio, per imputazione dell’indulto alla pena irrogata con condanna per reato che a detta sospensione sia di ostacolo. Al di fuori di ipotesi in cui per le specificità delle singole vicende sia possibile giungere alla sospensione integrale dell’ordine di esecuzione, il cumulo di pene concorrenti non può essere revocatoRiprende allora vigore il principio dell’unicità del rapporto esecutivo con mantenimento del cumulo, affermato da questa Corte pur quando si abbia un “... concorso di pene detentive brevi, ciascuna delle quali, singolarmente considerata, darebbe luogo a sospensione del provvedimento di carcerazione in vista della possibile applicazione di benefici penitenziari ...” , con la conseguenza che, unificata la pena, ove questa risulti superiore ai limiti di legge cui è subordinata la concessione delle misure alternative richiedibili, la sospensione dell’esecuzione prevista dall’art. 656, come modificato dalla L. 165/1998 non può essere più disposta (Sez. 1, 36035/2018).

Nel determinare, ai sensi dell’art. 663, la pena da eseguirsi nel caso di esistenza, a carico del medesimo soggetto, di pene temporanee detentive concorrenti, il giudice dell’esecuzione, a norma degli artt. 78 e 80 Cod. pen., deve dapprima scorporare dal cumulo materiale la somma delle pene non più concretamente eseguibili e solo successivamente applicare il criterio moderatore del cumulo giuridico, ponendosi tale criterio come temperamento legale del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, le quali, altrimenti, verrebbero a godere di un duplice abbattimento, dapprima fruendo dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 Cod. pen. e poi del loro scorporo integrale dal cumulo giuridico (Sez. 7, 28286/2018).

Ai fini dell’esecuzione delle pene concorrenti, vanno inserite nel provvedimento ex art. 663 non solo tutte le pene che non risultano ancora espiate alla data di sua redazione, ma anche quelle già espiate, che possano comunque avere un riflesso sul criterio moderatore previsto dall’art. 78 Cod. pen. e sul cumulo materiale, anche in vista della maturazione dei requisiti temporali per l’ammissione ad eventuali benefici penitenziari; trovando il principio dell’unità del rapporto esecutivo deroga, solo qualora durante l’espiazione di una determinata pena, o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato (dovendosi in tal caso procedere a cumulo interno parziale, in modo che quello finale comprenda, oltre alla pena inflitta per il nuovo reato, la parte risultante dal cumulo precedente, rimanendo solo tale sommatoria sottoposta alle limitazioni previste dall’art. 78 Cod. pen. (Sez. 1, 20207/2018).

L’effettuazione del cumulo delle pene è doverosa allorché il condannato possa avervi interesse in relazione all’incidenza del criterio moderatore di cui all’art. 78 Cod. pen.; ma quest’ultimo  secondo cui la pena da applicare nel caso di concorso di reati che importino pene detentive temporanee non può superare il limite massimo di trent’anni di reclusione  non opera illimitatamente, ma solo con riguardo alla somma tra il residuo della pena da espiare all’atto della reiterazione del reato, in stato di libertà o in detenzione, e la pena per quest’ultimo inflitta, e può non venire in gioco affatto se, anteriormente alla manifestazione di recidivanza, le pene pregresse fossero state, tutte e per intero, già espiate. È allora onere del condannato mettere convenientemente in luce gli aspetti a sostegno del citato interesse, da cui dipende il suo diritto ad ottenere la formazione del cumulo ex art. 663 (comprensiva, se del caso, dei sotto-cumuli parziali, onde consentire le sommatorie differenziate). Il concreto interesse deve essere cioè rappresentato, in uno con i presupposti che lo concretano, mediante allegazioni sufficientemente puntuali, che non si riscontrano nell’originaria istanza dell’odierno ricorrente, genericamente riferita a tutte le pregresse e numerose condanne da lui riportate e ad una indistinta carcerazione, unitariamente presentata, da assoggettare a preteso invalicabile tetto (che viceversa non sussiste, perché l’art. 78 Cod. pen. non impedisce, sotto i profili già considerati, che, nel corso della vita, un soggetto possa essere detenuto per un tempo complessivamente eccedente il limite di pena trentennale (Sez. 1, 28291/2018).

L’unificazione in sede di esecuzione delle pene concorrenti, ai sensi dell’art. 80 Cod. pen., deve avvenire - nel rispetto dei criteri moderatori stabiliti dalle antecedenti disposizioni, che individuano i limiti legali al cumulo materiale delle pene stesse - avendo riguardo a ciascuna delle singole pene della stessa specie che al reo sono state inflitte (per reati commessi antecedentemente all’inizio dell’esecuzione) con le varie sentenze di condanna in corso d’ininterrotta espiazioneIl giudice dell’esecuzione è tenuto, dapprima, a sciogliere i cumuli già operati in sede di cognizione da ogni singola sentenza pluricapitaria; e poi ad identificare, nel caso devoluto al suo esame, i distinti reati, le pene rispettivamente inflitte e (se del caso) la più grave tra di esse. Nel far ciò il giudice deve riferirsi alla pena a suo tempo in concreto determinata in relazione a ciascun singolo reato, risultante dalla pena fissata come pena base, aumentata o diminuita per eventuali aggravanti o attenuanti all’esito del giudizio di bilanciamento; non si deve tener viceversa conto, nell’addivenire a questa identificazione, dell’eventuale aumento per la continuazione, che va distintamente imputato (come tale) al reato o ai reati cui esso si riferisce. Le pene, così isolate, debbono essere oggetto di nuovo cumulo unitario, nel rispetto dei criteri e dei limiti previsti dagli artt. 71 ss. Cod. pen. (Sez. 1, 28289/2018).

In tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, qualora, durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrentiVanno, invece, formati dei cumuli parziali e quindi il cumulo delle pene inflitte per i reati commessi sino alla data del reato cui si riferisce la pena parzialmente espiata, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 Cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto; deve seguire la formazione di un nuovo cumulo, comprensivo della pena residua da espiare e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva detenzione, e così via fino all’esaurimento delle pene concorrenti irrogate per reati successivamente commessi, previa detrazione, per ciascuna condanna, della pena già espiata in custodia cautelare o della pena di cui è cessata l’esecuzione. Ne discende che il criterio moderatore della pena, previsto dall’art. 78 Cod. pen., non opera nel caso, disciplinato dal successivo art. 80, di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se differiscano anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari: si impone in tal caso la formazione di cumuli differenti ed il predetto criterio è applicabile, nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati nella norma predetta. La considerazione unitaria delle pene concorrenti ne suppone, pertanto, l’integrale cumulabilità, riscontrabile soltanto se le pene si riferiscano a reati commessi in epoca antecedente all’inizio della esecuzione di una di esse. Al contrario, se si sia in presenza di una pluralità di condanne e di periodi di detenzione sofferti in tempi diversi, non è possibile procedere a un unico cumulo delle pene concorrenti e detrarre, poi, da detto cumulo, la somma complessiva dei periodi di presofferto o la pena condonabile, qualora i periodi di carcerazione si riferiscano a condanne per reati commessi in tempi diversi, prima, durante e dopo la detenzione, poiché tale modalità di computo delle pene concorrenti si porrebbe in contrasto con il principio stabilito dall’art. 657 comma 4, secondo cui l’esecuzione della pena non può precedere la commissione del reato (Sez. 1, 7978/2018).

Nel determinare la pena da eseguirsi, ai sensi dell’art. 663, le pene eventualmente coperte da condono vanno scorporate prima di applicare il criterio moderatore del cumulo giuridico di cui all’art. 78 Cod. penLa ratio di siffatta modalità di computo è stata spiegata con la considerazione che il criterio moderatore del cumulo giuridico vale soltanto per le pene da eseguirsi effettivamente; se, invece, si accedesse alla soluzione di posticipare all’applicazione del temperamento legale del cumulo la detrazione per condono, si avrebbe l’irragionevole risultato di operare un doppio abbattimento sulle pene condonabili. Siffatta scelta interpretativa non è stata messa in discussione, né ovviamente mutata, per effetto delle argomentazioni delle Sezioni unite (SU, 36837/2010), per la parte in cui è stato affermato che il condono è applicabile “solo ed esclusivamente in relazione a pene suscettibili di esecuzione, tant’è che esso viene a ripartirsi su tutte le pene cumulate (art. 174 comma 2 Cod. pen.) dopo che dal cumulo siano state escluse le pene già eseguite, quelle estinte e quelle non eseguibili per qualsiasi causa. Questa precisazione, infatti, non può essere letta al di fuori del contesto argomentativa in cui è stata collocata, esclusivamente al fine di attestare l’impossibilità di applicare l’indulto contemporaneamente ad una decisione di sospensione della pena ex art. 163 Cod. pen., e quindi in relazione a una pena non suscettibile in quel momento di esecuzione (Sez. 7, 41624/2018).

Non si può in forza di provvedimento di cumulo fare retroagire il periodo di espiazione del reato più grave ad un periodo addirittura antecedente a quello di passaggio in giudicato della relativa sentenzaSi tratta di principio non desumibile dalla normativa, laddove, invece, si afferma che il cumulo ai sensi degli artt. 80 Cod. pen. e 663 unifica le pene (espiate e da espiare), con il solo limite che non si può imputare ad una condanna un periodo di esecuzione sofferta prima della commissione del reato per il quale è stata pronunciata la condanna. La normativa delineata dagli artt. 73, 76 e 78 Cod. pen., applicabili in sede esecutiva per effetto della norma di cui all’art. 80 Cod. pen., afferma il principio della unicità della pena in esecuzione, e preclude di poter imputare un certo periodo di detenzione alla porzione di pena inflitta con una condanna piuttosto che a un’altra L’istituto è ispirato dal favor rei, in quanto deroga, per effetto della norma di cui all’art. 78 Cod. pen., al principio del cumulo materiale delle pene, e trova la sua ratio nell’esigenza di evitare conseguenze pregiudizievoli al condannato nei cui confronti non venga tempestivamente operato il cumulo delle pene. Unico limite alla unificazione delle pene inflitte è costituito dalla necessaria anteriorità della data di commissione del reato rispetto all’inizio della esecuzione, per evitare che l’istituto, che ha un effetto mitigatore del quantum sanzionatorio, possa determinare impunità per reati commessi dopo l’esecuzione di pena per precedenti condanne (Sez. 1, 10210/2018).

È ammissibile, in quanto non meramente ripropositiva, la domanda relativa a fatti, successivamente ricompresi insieme ad altri in un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti ex art. 663 abbiano già formato oggetto di una precedente istanza, respinta, di applicazione della continuazione, costituendo la sopravvenienza di un provvedimento di cumulo, ancorché comprensiva di reati per i quali l’esistenza del vincolo sia stata esclusa, un nuovo elemento che impone la valutazione del nesso ideativo e volitivo tra tutti i fatti in esso confluiti (Sez. 1, 55057/2017).

L’art. 80 Cod. pen. prevede l’applicazione delle “disposizioni degli articoli precedenti” anche quando, nei confronti di una stessa persona, si devono eseguire più sentenze di condanna; tra tali disposizioni è compreso anche l’art. 72 Cod. pen., che contempla l’ipotesi del concorso di reati che importano l’ergastolo e di reati che importano pene detentive temporaneeIl secondo comma di tale articolo dispone che, se l’ergastolo concorre con pene detentive temporanee complessivamente superiori a cinque anni di reclusione, si applica la pena dell’ergastolo con isolamento diurno da due a diciotto mesi; se, invece, le pene detentive temporanee sono complessivamente di durata inferiore, restano assorbite da quella perpetua. Ne consegue che, nel caso di cumulo di pene detentive temporanee con la pena dell’ergastolo, la decorrenza di quest’ultima è sempre quella della data di inizio della carcerazione per il reato cui si riferisce, in quanto trova applicazione il principio di assorbimento delle pene temporanee di cui all’art. 72 Cod. pen. In definitiva, non esiste alcun ostacolo ad un cumulo tra la pena dell’ergastolo e le pene detentive temporanee (Sez. 1, 52621/2017).