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Art. 443 - Limiti all’appello

1. L’imputato e il pubblico ministero non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento.

2. (abrogato).

3. Il pubblico ministero non può proporre appello contro le sentenze di condanna, salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo del reato.

4. Il giudizio di appello si svolge con le forme previste dall’articolo 599.

Rassegna giurisprudenziale

Limiti all’appello (443)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 443 comma 1 nella parte in cui esclude che l’imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità derivante da vizio totale di mente (Corte costituzionale, sentenza 274/2009).

È costituzionalmente illegittimo l’art. 443 comma 1, come modificato dall’art. 2 della L. 46/2006, nella parte in cui esclude che il PM possa appellare le sentenze di proscioglimento emesso a seguito di giudizio abbreviato (Corte costituzionale, sentenza 320/2007).

La previsione contenuta nell’art. 6, par. 3, lett. d) della CEDU, relativa al diritto dell’imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU – che costituisce parametro interpretativo delle norme processuali interne – implica che il giudice di appello, investito della impugnazione del PM avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilità penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 603, comma 3, a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado.

A non dissimile approdo deve coerentemente pervenirsi nel caso di impugnazione del PM contro una pronuncia di assoluzione emessa nell’ambito del giudizio abbreviato, ove questa sia basata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive dal primo giudice e il cui valore sia posto in discussione dall’organo dell’accusa impugnante [...] essendo irrilevante che gli apporti dichiarativi siano stati valutati in primo grado sulla base dei soli atti di indagine ovvero a seguito di integrazione probatoria a norma dell’art. 438, comma 5, o dell’art. 441, comma 5 (SU, 27620/2016).

Il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado emessa all’esito di giudizio abbreviato, sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio (SU, 18620/2017).

In tema di giudizio abbreviato condizionato, il giudice di appello deve valutare la legittimità del rigetto della richiesta presentata in primo grado dall’imputato, verificando, alla luce della prospettazione operata dal richiedente, la ricorrenza dei requisiti di novità e decisività della prova richiesta, secondo una valutazione “ex ante”, in considerazione della situazione esistente al momento della valutazione negativa, provvedendo ad applicare la diminuente prevista per il rito solo se tale rigetto non risulti fondato (Sez. 5, 10085/2018).