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Art. 557- Procedimento per decreto

1. Con l’atto di opposizione l’imputato chiede al giudice di emettere il decreto di citazione a giudizio ovvero chiede il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444 o presenta domanda di oblazione.

2. Nel giudizio conseguente all’opposizione, l’imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna.

3. Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto, in quanto applicabili.

Rassegna giurisprudenziale

Procedimento per decreto (art. 557)

I rapporti tra l’istituto dell’oblazione ed il procedimento per decreto sono disciplinati, principalmente, dall’art. 464 (e dalle omologhe disposizioni dettate per il procedimento pretorile dall’art. 557) nonché dall’art. 141 Att.; disposizioni che si fanno carico della necessità di contemperare le esigenze di deflazione dibattimentale e di rapida definizione del processo con quelle di favore verso una fattispecie estintiva del reato che realizza un contenimento della risposta sanzionatoria e dei suoi effetti desocializzanti e che, al contempo, attua una forma di reintegrazione dell’offesa recata dalla condotta di rilevanza penale.

Contemperamento che il codice di rito realizza attraverso una rigida scansione dei tempi processuali previsti per la presentazione dell’istanza di oblazione e la correlata previsione di un regime di preclusioni una volta che, nel procedimento per decreto penale, sia stata presentata formale opposizione. Infatti, a seguito della notifica del decreto penale di condanna, l’imputato può proporre opposizione, la quale deve essere presentata entro il termine di quindici giorni dalla notificazione, secondo quanto stabilito dall’art. 461, comma 1.

Nel caso in cui il PM non abbia avvisato la persona sottoposta alle indagini della facoltà di proporre istanza di oblazione, l’art. 141 Att. stabilisce che il decreto penale di condanna debba contenere menzione di tale facoltà. A questo punto, possono darsi due alternative.

La prima è che l’imputato formalizzi, ritualmente, dichiarazione di opposizione, senza però fare luogo all’istanza di oblazione. In questo caso, troverà applicazione la regola, chiaramente ispirata ad una esigenza di economia processuale, secondo cui nel giudizio conseguentemente instaurato, l’imputato non potrà presentare alcuna nuova richiesta di rito alternativo, né potrà presentare una domanda di oblazione (art. 464, comma 3).

Qualora, invece, l’imputato presenti, contestualmente alla dichiarazione di estinzione, istanza di oblazione, il giudice, ai sensi dell’art. 464, comma 2, sempre in omaggio ad una esigenza di economia processuale, deciderà sulla domanda in questione prima di pronunciarsi su eventuali ulteriori istanze di rito alternativo presentate a norma del comma 1 dello stesso art. 464.

In tal caso, quando la domanda di oblazione sia accolta, il giudice ovviamente pronuncerà sentenza di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato; mentre quando, viceversa, essa venga dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata potranno darsi due soluzioni.

La prima ipotesi ricorre nel caso in cui non sia presentata, a norma del citato comma 1 dell’art. 464, alcuna istanza di definizione alternativa al dibattimento, che conseguentemente, verrà ritualmente instaurato.

Ed in tal caso, la richiesta di oblazione, già rigettata, potrà essere ripresentata, atteso che in tal caso la rinnovazione costituisce lo strumento per un sindacato sulla precedente decisione reiettiva e non concreta quella domanda “presentata” nel giudizio che, come tale, è preclusa espressamente dall’art. 464 comma 3. Giova nondimeno osservare che la riproposizione della richiesta d’oblazione discrezionale, respinta dal GIP, presuppone che sia riproposta la stessa domanda avanzata al GIP e non una domanda diversa; atteso che ammettere la riproposizione di una domanda d’oblazione fondata su presupposti fattuali diversi da quelli sottoposti all’esame del GIP significherebbe eludere, senza alcuna plausibile ragione, la previsione del limite cronologico voluto dal legislatore.

La questione si è posta proprio con riferimento al caso in cui dopo che l’istanza di oblazione discrezionale è stata dichiarata inammissibile in quanto non erano state eliminate le conseguenze del reato, l’imputato presenti una nuova richiesta dopo avervi, invece, provveduto. In questo caso, si è ritenuto che la nuova istanza sia parimenti inammissibile, in quanto la eliminazione delle conseguenze dannose del reato da parte del contravventore, costituendo un presupposto dell’ammissibilità dell’oblazione, non può essere effettuata quando ormai è scaduto il termine per proporre l’oblazione.

La seconda ipotesi sussiste qualora sia, invece, presentata una richiesta di rito speciale (giudizio immediato, giudizio abbreviato o applicazione di pena). In questo caso, trova invece applicazione, la regola generale posta in materia di riti alternativi, che configura l’instaurazione del rito speciale come una scelta non reversibile, che determina la preclusione in ordine alla proposizione di richieste processuali differenti, impedendo, conseguentemente, la riproposizione dell’istanza di oblazione (Sez. 3, 28671/2017).

Nel procedimento che si svolge a seguito di opposizione a decreto penale di condanna la trasmissione degli atti per il giudizio immediato avviene, non a cura del PM come nei casi di citazione diretta a giudizio (art. 553) ma, a cura del GIP in base al combinato disposto degli artt. 549, 557, 464 e 457.

Conseguentemente, il provvedimento del giudice che ha dichiarato la nullità del decreto di trasmissione degli atti, disponendo la restituzione degli atti al PM, deve considerarsi funzionalmente abnorme in relazione alla procedura seguita sia perché ha fatto riferimento ad un provvedimento che non risulta essere stato emesso, né poteva esserlo, dal pubblico ministero, sia perché ha comportato un’indebita regressione del procedimento alla fase antecedente l’esercizio dell’azione penale (Sez. 4, 14505/2016).

Nel giudizio conseguente alla opposizione a decreto penale che si svolga davanti al giudice monocratico, il termine dilatorio per la comparizione della parte in giudizio è quello di trenta giorni, previsto dall’art. 456 comma 3 richiamato dall’art. 464 che disciplina il giudizio conseguente all’opposizione, e non quello di sessanta giorni previsto dall’art. 552 comma 3, atteso che la “ratio” di un termine tanto lungo va rintracciata nella concessione all’imputato, quando egli viene citato a giudizio, di un “tempus deliberandi” in ordine alla valutazione circa la richiesta di accesso ai riti speciali: tempo di riflessione ovviamente non necessario quando la scelta deve essere stata già esercitata nel momento della proposizione dell’atto di opposizione a decreto penale (Sez. F, 35925/2014).