x

x

Art. 417 - Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio

1. La richiesta di rinvio a giudizio contiene:

a) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione;

b) l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge;

c) l’indicazione delle fonti di prova acquisite;

d) la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio;

e) la data e la sottoscrizione.

Rassegna giurisprudenziale

Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio (art. 417)

È significativa la netta alterità tra il tenore testuale dell’art. 417, che, nel disciplinare i requisiti della richiesta di rinvio a giudizio, prescrive l’enunciazione “in forma chiara e precisa” dell’addebito, e quello dell’art. 292, comma 2, lett. b), che si limita a richiedere la “descrizione sommaria” del fatto.

È dunque soltanto a seguito dell’esercizio dell’azione penale che l’imputazione si cristallizza in una formulazione definitiva, salva l’eventualità di modifiche.

Ciò è, del resto, coerente ad una logica di progressività dell’accertamento giudiziale, alla quale è connaturale un certo grado di fluidità dell’addebito nelle fasi procedimentali antecedenti all’esercizio dell’azione penale, in cui le indagini sono ancora in itinere ed è quindi fisiologico che i lineamenti fattuali dell’accusa possano non risultare ancora del tutto nitidi (Sez. 4, 33433/2018).

L’udienza preliminare ha una funzione peculiare rispetto al dibattimento; e trae da tale diversità funzionale la ragione anche della diversa disciplina processuale: che impone, in entrambe le fasi, l’enunciazione (tra l’altro) del fatto in forma chiara e precisa, ma sanziona l’inosservanza con la nullità dell’atto solo per il decreto che dispone il giudizio.

La richiamata peculiarità dell’udienza preliminare si giustifica in relazione alla sua “fluidità”, finalizzata, da un lato, ad assicurare l’adeguamento dell’addebito a quanto emerge dagli atti, anche attraverso i meccanismi correttivi fisiologici, e, dall’altro, a condurre ad un’imputazione definitiva, “stabilizzata”, un «addebito che si cristallizza solo con il decreto che dispone il giudizio», che fissa il thema decidendum in termini idonei a «reggere l’urto della verifica preliminare di validità nella fase introduttiva del dibattimento» (SU, 5307/2008).

Per la mancanza o incompletezza dell’enunciazione del fatto, che pure costituisce uno dei requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell’art. 417, lett. b), non è prevista alcuna nullità, ed è peraltro consentito al PM, nel corso dell’udienza preliminare, procedere a norma dell’art. 423, anche oralmente, alle necessarie modifiche ed integrazioni dell’imputazione (Sez. 2, 4450/1996).

Il GUP non ha la possibilità di dichiarare la nullità di una richiesta di rinvio a giudizio ex art. 417 per mancata indicazione del fatto in termini chiari e precisi, (come sarebbe comunque imposto al PM ex art. 417, comma 1 lett. b), dato che non vi è alcuna norma del codice di rito che lo legittimi espressamente ad una tale dichiarazione ed è in questa diversa ricostruzione dei poteri del giudice dibattimentale rispetto a quelli del GUP, e nella conseguente, affermata fluidità della imputazione che caratterizza la sede della udienza preliminare rispetto a quella propriamente dibattimentale, che viene fondato, dalla giurisprudenza da ultimo citata, il diverso regime della imputazione imprecisa e non dettagliata, ovviabile con un invito al PM ad un maggiore dettaglio in caso di udienza preliminare (con conseguente abnormità di un provvedimento di restituzione degli atti senza aver prima praticato detta via) e necessariamente e solo con una espressa dichiarazione dì nullità nel caso il processo sia giunto al dibattimento (Sez. 6, 55349/2016).

È abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il GUP disponga la restituzione degli atti al PM per genericità o indeterminatezza dell’imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla.

È invece rituale il provvedimento con cui il medesimo giudice, dopo aver sollecitato il pubblico ministero nel corso dell’udienza preliminare ad integrare la contestazione senza che quest’ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, determini la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell’azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d’indagine (SU, 5307/2008).