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Art. 420-quinquies - Nuove ricerche dell’imputato e revoca della sospensione del processo

1. Alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell’ordinanza di cui al comma 2 dell’articolo 420-quater, o anche prima quando ne ravvisi l’esigenza, il giudice dispone nuove ricerche dell’imputato per la notifica dell’avviso. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza annuale, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.

2. Il giudice revoca l’ordinanza di sospensione del processo:
a) se le ricerche di cui al comma 1 hanno avuto esito positivo;
b) se l’imputato ha nel frattempo nominato un difensore di fiducia;
c) in ogni altro caso in cui vi sia la prova certa che l’imputato è a conoscenza del procedimento avviato nei suoi confronti;
d) se deve essere pronunciata sentenza a norma dell’articolo 129.

3. Con l’ordinanza di revoca della sospensione del processo, il giudice fissa la data per la nuova udienza, disponendo che l’avviso sia notificato all’imputato e al suo difensore, alle altre parti private e alla persona offesa, nonché comunicato al pubblico ministero.

4. All’udienza di cui al comma 3 l’imputato può formulare richiesta ai sensi degli articoli 438 e 444.

Rassegna giurisprudenziale

Nuove ricerche dell’imputato e revoca della sospensione del processo (art. 420-quinquies)

La conoscenza, da parte del giudice, di un legittimo impedimento a comparire dell’imputato ne preclude la dichiarazione di contumacia, a meno che l’imputato stesso non acconsenta alla celebrazione dell’udienza in sua assenza o, se detenuto, rifiuti di assistervi.

Principio, questo, a fronte del quale si è peraltro puntualizzato che la detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento.

All’esito di una approfondita disamina del quadro della normativa nazionale e convenzionale, con particolare riferimento alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, già soffermatasi più volte sul tema del processo in absentia nei casi Colozza, Somogyi e Seydovic, che hanno visto l’Italia soccombente, la Corte giunge ad affermare che il sistema è improntato ai seguenti principi: a) la conoscenza di un legittimo impedimento preclude la dichiarazione di contumacia, e solo ove l’imputato impedito esplicitamente consenta che l’udienza avvenga in sua assenza, o, se detenuto, rifiuti di assistervi, trova applicazione l’istituto dell’assenza, ai sensi dell’art. 420-quinquies; b) costituisce legittimo impedimento la detenzione dell’imputato per altra causa anche nel caso in cui restasse inerte, ben potendo comunicare al giudice la sua condizione in tempo utile per consentirne la traduzione; c) per l’effetto di tali principi, la accertata presenza di un legittimo impedimento, del quale il giudice sia comunque reso edotto, in mancanza di qualsiasi dichiarazione di rinuncia, non sortisce alcun effetto abdicativo e, in mancanza di un atto di tal genere, la dichiarazione di contumacia è illegittimamente resa (SU, 18822/2014).