x

x

Art. 430 - Attività integrativa di indagine del pubblico ministero e del difensore

1. Successivamente all’emissione del decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero e il difensore possono, ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento, compiere attività integrativa di indagine, fatta eccezione degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell’imputato o del difensore di questo.

2. La documentazione relativa all’attività indicata nel comma 1 è immediatamente depositata nella segreteria del pubblico ministero con facoltà delle parti di prenderne visione e di estrarne copia.

Rassegna giurisprudenziale

Attività integrativa di indagine del pubblico ministero e del difensore (art. 430)

Con l’art. 430 il legislatore ha previsto che le parti processuali (a conclusione della udienza preliminare) possano svolgere un’attività integrativa di indagine (con esclusione degli atti per il cui compimento sia prevista la presenza dell’imputato o del suo difensore) finalizzata alla formulazione di richieste al giudice del dibattimento; il secondo comma della norma, dispone che la documentazione della suddetta attività sia “immediatamente” depositata nella segreteria del PM, con facoltà delle altre parti di prenderne visione e di estrarne copia; completa la disciplina l’art. 18 Att. ove è stabilito che la segreteria del PM dia avviso “senza ritardo” ai difensori del deposito della documentazione relativa all’attività integrativa di indagine prevista dall’art. 430.

Il tenore letterale della norma pone la questione se l’esercizio della detta attività processuale trovi un limite temporale, oltre il quale essa non possa più essere legittimamente svolta, alternativamente correlato o al termine previsto nell’art. 468 (deposito delle liste testimoniali) o a quello dell’art. 493 (illustrazione e richiesta di ammissione delle prove, formulata dalle parti subito dopo il compimento delle formalità di apertura del dibattimento); in altre parole è questione se sia legittima la prosecuzione dell’attività integrativa di indagine nel corso di tutto il dibattimento o se successivamente all’esecuzione dei richiamati adempimenti processuali sia precluso alle parti svolgere autonome e parallele attività integrative di indagine, dovendo ogni esigenza istruttoria avere la sua realizzazione all’interno del giudizio dibattimentale.

Deporrebbe a favore di questa soluzione l’inciso con il quale il legislatore stabilisce che l’attività integrativa sia finalizzata alla formulazione delle “richieste al giudice” per il dibattimento, sicché (quantomeno) oltre l’udienza dedicata agli adempimenti di cui all’art. 493 sarebbe preclusa ogni ulteriore acquisizione probatoria fuori del dibattimento, cioè fuori dello stretto controllo del giudice e del contraddittorio fra le parti; secondo questa opzione interpretativa, senza che sia intaccato il potere/dovere della ricerca della verità, nel corso del dibattimento successivamente all’udienza di cui all’art. 493, le parti processuali possono solo richiedere al giudice l’acquisizione di nuovi mezzi di prova, la cui ammissione sarebbe subordinata all’esclusiva decisione del giudice tenendo conto della rilevanza e non superfluità di quanto richiesto.

In tal modo sarebbe da ritenersi illegittima l’acquisizione di nuovo materiale probatorio rilevante ai fini del giudizio, attraverso indagini parallele ed esterne al dibattimento. Sul punto è già intervenuta in più occasioni la giurisprudenza di legittimità, affermando che l’art. 430 non pone limiti temporali allo svolgimento dell’attività di indagine, non potendosi interpretare in senso restrittivo l’inciso “ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento” sì da circoscrivere l’attività integrativa di indagine entro i termini stabiliti dall’art. 463 o in quelli coincidenti con gli adempimenti di cui all’art. 493.

Il dato testuale della disposizione, infatti, non autorizza un’interpretazione restrittiva dell’inciso, ben potendo le parti, proprio per effetto della fluidità del dibattimento, formulare in ogni momento “richieste’ al giudice anche oltre il limite previsto dall’art. 493.

Di qui discende che l’attività integrativa di indagine non soffre di limitazioni temporali, ed è esercitabile nel corso di tutto il dibattimento (Sez. 2, 22204/2014).

L’inutilizzabilità che discende dalla scadenza dei termini dell’indagini non riguarda, oltreché l’attività compiuta su richiesta dell’imputato nell’ambito della fase subprocedimentale instaurata a seguito della notificazione dell’avviso di cui all’art. 415-bis, l’attività suppletiva d’indagine che ritualmente venga compiuta dopo l’esercizio dell’azione penale, ai sensi dell’art. 419, comma 3; si tratta di un’attività che si salda senza soluzione di continuità a quella integrativa di cui all’art. 430 secondo il principio della continuità investigativa (Sez. 6, 9386/2018).

L’attività integrativa d’indagine da parte del PM non è soggetta ad alcun limite cronologico finale e pertanto può essere svolta anche ai fini di presentazioni di richieste di rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello (Sez. 1, 50893/2014).

Anche il difensore dell’imputato è legittimato allo svolgimento di attività di investigazione difensiva in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell’art. 327-bis, comma 2.

Nella prospettiva della difesa, la relativa posizione è presidiata dal deposito della documentazione e dall’avviso alle parti, dalla facoltà garantita alla parte di chiedere al giudice di assumere le fonti di prova così acquisite, nel rispetto dell’art. 526, ed utilizzare gli atti, specie ove siano di natura dichiarativa, ai fini delle contestazioni, ex art. 500 e 503, previo diritto di prenderne visione e di estrarne copia (Sez. 5, 25799/2015).

Il difensore può assumere informazioni nel corso delle indagini preliminari destinate a confluire in un fascicolo che, dopo la chiusura delle indagini preliminari, viene allegato a quello del PM.

Tali informazioni, poi, possono essere raccolte nella fase successiva, ma solo nei limiti dell’art. 430 che autorizza l’attività integrativa di indagine ai soli fini «delle proprie richieste al giudice del dibattimento»; quindi non si tratta di dichiarazioni che possano essere allegate quali prove (Sez.  6, 8498/2017).

Non sussiste l’inutilizzabilità degli atti non depositati quando si tratti di attività integrativa di indagine, ex art. 430 comma 2, antecedente alla emissione del decreto che dispone il giudizio, se la documentazione relativa sia posta immediatamente a disposizione degli indagati, non essendo ravvisabile, in tal caso, alcuna violazione dei diritti di difesa (Sez. 2, 26061/2016).

In tema di attività integrativa di indagine, consentita ex art. 430 al PM anche dopo la emissione del decreto che dispone il giudizio (Sez. 2, 31512/2012), l’esercizio del diritto di difesa è garantito dal deposito della documentazione e dall’avviso alle parti della facoltà di prenderne visione e di estrarne copia: in tal caso le parti possono chiedere al giudice del dibattimento l’assunzione delle fonti di prova così acquisite, nel rispetto dell’art. 526, ed utilizzare gli atti ai fini delle contestazioni ex art. 500 e 503.

Un problema di garanzie difensive si potrebbe porre in caso di violazione dell’obbligo di immediato deposito della documentazione relativa all’attività integrativa di indagine, ma, in tali ipotesi, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che, in assenza di specifica sanzione processuale, resta demandato al giudice del merito il compito di impartire le opportune disposizioni affinché la difesa sia reintegrata nelle sue prerogative, previa adozione degli opportuni provvedimenti (Sez. 6, 15854/2016).

La violazione dell’obbligo di immediato deposito della documentazione relativa all’attività integrativa di indagine, è priva di specifica sanzione processuale, essendo demandato al giudice del merito il compito di impartire le opportune disposizioni affinché la difesa sia reintegrata nelle sue prerogative, previa adozione degli opportuni provvedimenti che, se adeguatamente motivati, sono insindacabili in sede di legittimità (Sez. 2, 31512/2012).

In tema di attività integrativa di indagine del PM ex art. 430 i presupposti che legittimano l’inserimento dei relativi atti nel fascicolo del PM richiedono infatti che essi siano pertinenti alla vicenda processuale e finalizzati alle richieste del PM al giudice del dibattimento nonché conoscibili mediante il deposito in atti (in segreteria o in udienza).

In tal caso, pertanto, l’esercizio del diritto di difesa è garantito dal deposito della documentazione a dalla loro conoscibilità per le parti – le quali possono chiedere al giudice del dibattimento l’assunzione delle fonti di prova così acquisite, nel rispetto dell’art. 526. ed utilizzare gli atti ai fini delle contestazioni ex art. 500 e 503 - della facoltà di prenderne visione e di estrarne copia, mentre non è prevista, a seguito dell’inserimento di tali atti nel fascicolo del PM, la concessione di un termine a difesa, con la conseguenza che il diniego della relativa istanza è legittimo (Sez. 5, 5261/2014).

L’attività integrativa di indagine, non essendo previsti limiti temporali per lo svolgimento delle investigazioni, è sempre esercitabile durante il dibattimento, senza che possa essere circoscritta entro i termini stabiliti dall’art. 468 o in quelli coincidenti con gli adempimenti richiamati dall’art. 493.

Peraltro, la lettera dell’articolo 430 non prevede alcuna ipotesi di inutilizzabilità o di nullità. In ogni caso, una prova raccolta non illegittimamente può certamente essere utilizzata e che eventuali mancanze in termini di discovery non attengono appunto alla raccolta della prova, ma evidentemente alla sua condivisione (Sez. 5, 20973/2015).