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Art. 261 - Rivelazione di segreti di Stato

1. Chiunque rivela taluna delle notizie di carattere segreto indicate nell’art. 256 è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.

2. Se il fatto è commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione o l’efficienza bellica dello Stato, o le operazioni militari, la pena della reclusione non può essere inferiore a dieci anni.

3. Se il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la pena dell’ergastolo; e, nei casi preveduti dal primo capoverso, la pena di morte (1).

4. Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi ottiene la notizia.

5. Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate nel primo capoverso.

(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall’art. 1 del DLGS LGT 224/1944 e sostituita con la pena dell’ergastolo.

Rassegna di giurisprudenza

In tema di procacciamento e rivelazione di notizie di carattere segreto o riservato concernenti la sicurezza dello Stato, è sindacabile da parte del giudice il provvedimento impositivo del segreto ovvero del divieto di divulgazione, che concorre ad integrare l’elemento costitutivo della «segretezza» o «riservatezza» dei delitti di cui agli artt. 256, 261 e 262, in ordine al duplice profilo della pertinenza ed idoneità offensiva delle informazioni procurate o rivelate in relazione agli interessi pubblici indicati dall’art. 12 L. 801/1977 e della natura non eversiva dell’ordine costituzionale dei fatti segretati (in applicazione di tale principio, è stata ritenuta corretta sotto il profilo giuridico e logicamente motivata quanto all’apprezzamento del fatto la decisione di merito che aveva considerato idonea a mettere in pericolo la sicurezza dello Stato la divulgazione di documenti riservati in cui erano descritti compiti e poteri di organismi preposti alla sicurezza internazionale, erano elencati nominativi e qualifiche di funzionari UCSI, e, infine, si faceva riferimento a procedure di copertura per il porto d’armi ed ai documenti di riconoscimento del personale SISMI, mentre aveva escluso la riferibilità di tale tutela al contenuto del documento relativo all’impiego di «Operatori Speciali del Servizio Italiano» nell’organizzazione della «Guerra non ortodossa», finalizzata ad azioni di guerra e di sabotaggio sul territorio nazionale, sulla base del suo carattere eversivo dell’assetto costituzionale) (Sez. 1, 3348/2002).

Nella sua accezione più comune, il segreto è quello stato di fatto, per cui una notizia è conosciuta solo da una persona o da una ristrettissima cerchia di persone, e la garanzia giuridica si attua col divieto di portare la notizia a conoscenza di persone diverse da quelle che ne sono i naturali custodi: trattasi in sostanza di un obbligo negativo imposto ai soggetti. Una particolare regolamentazione legislativa è attuata, col RD 1161/1941, in relazione al segreto militare, la cui nozione giuridica importa la considerazione di una specifica categoria di segreto politico, attinente alla difesa dei segreti militari dello Stato e della efficienza delle forze armate. L’art. 6 dell’elenco allegato del citato RD enumera le notizie di cui è vietata la divulgazione, e fra esse, sono indicate quelle relative al «materiale di qualunque genere comunque appartenente alle forze armate dello Stato».

L’art. 3 dello stesso allegato richiama le notizie relative ai programmi navali ed aeronautici ed «agli studi ed applicazioni di nuovi ritrovati scientifici». Data la generica dizione del testo, non v’ha dubbio che tra dette notizie debbano essere comprese quelle attinenti alla scorta, detenzione ecc. di materiale fissile, destinato ad usi militari.

La circostanza che un fatto sia percepibile da un numero indeterminato, ma non infinito, di persone, non importa, a termini delle norme sul segreto militare, la conseguenza che esso finisca di essere considerato segreto.

L’art. 7 del RD 1161/1941 (norme relative al segreto militare) prevede l’obbligo del segreto per quanti vengano a conoscenza di una notizia di carattere segreto o destinata a non essere divulgata, per ragioni di carica, impiego, professione o servizio, con ciò stesso prevedendo la compatibilità, fra un gruppo determinato di persone, che siano a conoscenza della notizia, e l’obbligo, per tutte, del segreto. I principi ispiratori della tutela del segreto militare non sono contrastanti, ma pienamente concilianti con la Costituzione della Repubblica  art. 2  in quanto la realtà dello Stato non può rifiutare valore giuridico al richiamo della tutela della collettività, che postula il sacrificio della libertà del singolo, affinché la difesa sociale, nel suo complesso, sia più efficace. Il sostanziale divieto di rivelazione del segreto militare, divieto manifestato con carattere perentorio dalla legge (artt. 1 e 2 RD 1161/1941), e che, a differenza di quanto stabilito dall’art. 622 (rivelazione di segreto professionale), non prevede la giusta causa ma solo deroghe particolari, investe tanto il campo oggettivo, quanto quello soggettivo, attinenti alla materia (Sez. 3, 329/1974).