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Art. 270-bis.1 - Circostanze aggravanti e attenuanti (1)

1. Per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, punibili con pena diversa

dall’ergastolo, la pena è aumentata della metà, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato.

2. Quando concorrono altre circostanze aggravanti, si applica per primo l’aumento di pena previsto per la circostanza aggravante di cui al primo comma. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e alle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ne determina la misura in modo indipendente da quella ordinaria del reato, e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.

3. Per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, salvo quanto disposto nell’articolo 289-bis, nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia e l’autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l’individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell’ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.

4. Quando ricorre la circostanza di cui al terzo comma non si applica l’aggravante di cui al primo comma.

5. Fuori del caso previsto dal quarto comma dell’articolo 56, non è punibile il colpevole di un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico che volontariamente impedisce l’evento e fornisce elementi di prova determinanti per la esatta ricostruzione del fatto e per la individuazione degli eventuali concorrenti.

(1) Articolo introdotto dal DLGS 21/2018, in sostituzione degli artt. 1, 4 e 5, DL 625/1979 convertito in L. 15/1980.

Rassegna di giurisprudenza

La circostanza aggravante di cui si tratta è stata introdotta dall’art. 1 DL 625/1979, convertito nella L. 15/1980 (con successive modifiche, ultima fra le quali quella apportata dall’art. 4 L. 34/2003), disciplina (relativa a misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica) al lume della quale "per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, punibili con pena diversa dall’ergastolo, la pena è sempre aumentata della metà, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato".

L’interpretazione di tale disposto ha consentito di puntualizzare che la circostanza aggravante della finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico può inerire a qualunque condotta illecita, sempre che il fine perseguito dall’agente sia quello di destare panico nella popolazione, senza che essa debba ritenersi collegata all’appartenenza dell’agente ad associazione sovversiva, dovendo invece riscontrarsi per la sua sussistenza l’accertamento che il reato sia strumentalmente rivolto a perseguire la conservazione dei fini di terrorismo o di eversione.

Essa è stata, dunque, originariamente riconnessa ad una particolare connotazione del dolo e, quindi, non può dissociarsi dalla specifica finalità perseguita dall’autore del reato, anche quando l’illecito penale, nella sua struttura fisiologica, non esprime il pericolo dell’eversione dell’ordine democratico, né un’ontologica e naturale propensione a suscitare terrore tra le persone (Sez. 1, 10283/2006, nell’ambito delle affermazioni già svolte da SU, 2110/1996).

Si è anche specificato che la nozione di eversione dell’ordine democratico va riferita all’ordinamento costituzionale, ossia a quei principi fondamentali che formano il nucleo intangibile destinato a contrassegnare la specie di organizzazione statale, secondo la Costituzione, per cui essa non può essere limitata al solo concetto di azione politica violenta, ma deve necessariamente identificarsi nel sovvertimento dell’assetto costituzionale esistente, od anche nell’uso di ogni mezzo di lotta politica che tenda a rovesciare il sistema democratico previsto dalla Costituzione nella disarticolazione delle strutture dello Stato, oppure ancora nella deviazione dai principi fondamentali che lo governano (Sez. 2, 39504/2008).

Tuttavia, la tematica in discorso deve essere affrontata anche con riferimento al disposto dell’art. 270-sexies, disposizione (introdotta dall’art. 15, comma 1, DL 144/2005, convertito nella L. 155/2005) che, rubricata con riferimento alle "condotte con finalità di terrorismo", stabilisce che "sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia".

Sulla base di tale specifica disciplina, tesa a qualificare la finalità di terrorismo, si è ritenuto, con riferimento ad esempio al reato di cui all’art. 280, che per la configurabilità del delitto di attentato per finalità terroristiche o di eversione sanzionato dalla norma incriminatrice ora citata è necessario che la condotta di chi attenta alla vita o alla incolumità di una persona, finalizzata al terrorismo secondo le definizioni di cui all’art. 270-sexies, possa  per natura o contesto  arrecare grave danno al Paese ovvero che la stessa, tenuto conto del contesto oggettivo e soggettivo in cui si inserisce, sia volta alla sostanziale deviazione dai principi che regolano l’essenza della vita democratica (Sez. 6, 34782/2015).

La sopravvenienza costituita dall’art. 270-sexies ha, in definitiva, inciso sulla portata applicativa della circostanza aggravante di cui al DL 625/1979, richiedendo per la relativa integrazione, non soltanto il profilo dell’intenzione terroristica, ma anche e necessariamente l’idoneità della condotta allo scopo di intimidire la popolazione oppure di ingenerare effetti riflessi nell’ordinamento istituzionale o ad esporre a pericolo le strutture di un Paese o di un organismo internazionale.

Quindi l’idoneità a produrre l’effetto di intimidazione della popolazione o gli altri succitati effetti concorre all’integrazione del profilo strutturale della fattispecie (sull’argomento, in motivazione, Sez. 1, 29480/2011 pone l’accento, in altro ambito, ossia per l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 270-bis, sulla primaria rilevanza, nonostante la formulazione letterale della norma, non dello scopo che caratterizza l’associazione, bensì della modalità adottata per realizzare la finalità eversiva che la stessa si prefigge, vale a dire il proposito di intimidire indiscriminatamente la popolazione, l’intenzione di esercitare costrizione sui pubblici poteri, la volontà di distruggere, o quantomeno di destabilizzare, gli assetti istituzionali nel Paese; ancora con riguardo al discrimen tra le fattispecie di cui all’art. 270 e di cui all’art. 270-bis, costituito dalla natura della violenza utilizzata per perseguire il fine per il quale l’associazione sia costituita, sussistendo la violenza generica nell’associazione ex art. 270 e la violenza terroristica in quella ex art. 270-bis, Sez. 5, 46340/2013, ha ribadito che il terrorismo, ancorché qualificato come finalità dall’art. 270-bis, non costituisce, in genere, un obiettivo ma un mezzo o una strategia che si caratterizza per l’uso indiscriminato della violenza, non solo perché accetta gli effetti collaterali della violenza diretta, ma anche perché essa può essere rivolta in incertam personam, allo scopo di generare panico, terrore, insicurezza e costringere chi ha il potere di prendere decisioni a fare o tollerare soluzioni che non avrebbe accettato in condizioni normali).

Per converso, una volta che i suddetti effetti ricorrano come esito della condotta, la circostanza aggravante della finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale è configurabile anche se si connette con azioni dimostrative e non necessariamente cruente (Sez. 1, 8069/2010). In modo corrispondente, pur se concettualmente distinto, è anche da specificare che la circostanza aggravante dell’eversione dell’ordine democratico non può identificarsi nel concetto di una qualsiasi azione politica violenta, non potendo essa, d’altro canto, rappresentare un’endiadi della finalità di terrorismo, ma va necessariamente identificata nel sovvertimento del basilare assetto istituzionale e nello sconvolgimento del suo funzionamento, ovvero nell’uso di ogni mezzo di lotta politica  caratterizzato o meno dall’uso della tradizionale violenza  che sia in grado di rovesciare il sistema democratico previsto dalla Carta costituzionale, destabilizzando i pubblici poteri e minando le comuni regole di civile convivenza, sul piano strutturale e funzionale, anche qui con la rilevante precisazione che la finalizzazione dell’azione verso l’obiettivo eversivo risulti perseguita con mezzi oggettivamente idonei a mettere in pericolo la vita della democrazia e a ledere l’effettiva vigenza dei suoi principi (in questo senso, in particolare, Sez. 5,  25428/2012).

Lo sbocco coerente dell’analisi compiuta è che la contestata circostanza aggravante, per essere comprovatamente sussistente, deve essere ancorata ad una condotta caratterizzata, anche per modalità attuative, dalla percepibile finalizzazione al terrorismo, ossia palesarsi come tale da poter arrecare, per la natura dell’azione e/o per il contesto in cui essa si inscriveva, grave danno al Paese, ovvero essere volta, sempre considerato il contesto oggettivo e soggettivo in cui si inseriva, alla sostanziale deviazione eversiva dai principi regolatori dell’essenza della vita democratica (Sez. 1, 7203/2018).