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Art. 270-ter - Assistenza agli associati (1)

1. Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna

delle persone che partecipano alle associazioni indicate negli articoli 270 e 270-bis è punito con la reclusione fino a quattro anni.

2. La pena è aumentata se l’assistenza è prestata continuativamente.

3. Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 1, DL 18 ottobre 2001, n. 374, come modificato dalla legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438.

Rassegna di giurisprudenza

Il reato di cui all’art. 270-bis è una fattispecie di natura complessa e suscettibile di svariate declinazioni pratiche, per la cui integrazione è sufficiente l’esistenza di una struttura organizzata, anche elementare, che presenti un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l’attuazione del progetto criminoso e tale da giustificare la valutazione di pericolosità (Sez. 5, 2651/2016).

Con particolare riferimento al terrorismo di matrice ideologica islamica, si è ripetutamente affermato (per tutte Sez. 6, 46308/2012), «con riferimento a strutture organizzative "cellulari" o "a rete"  caratterizzate da estrema flessibilità e in grado di rimodularsi secondo le pratiche esigenze che di volta in volta si presentano, in condizione di operare contemporaneamente in più Paesi, anche in tempi diversi e con contatti (fisici, telefonici, informatici) anche discontinui o sporadici tra i vari gruppi in rete» che la fattispecie delittuosa di cui all’art. 270-bis deve ritenersi integrata  ovviamente in presenza del necessario elemento soggettivo  anche da un sodalizio che realizza condotte di supporto all’azione terroristica di organizzazioni riconosciute ed operanti come tali, quali quelle volte al proselitismo, alla diffusione di documenti di propaganda, all’assistenza agli associati, al finanziamento, alla predisposizione o acquisizione di armi, alla predisposizione o acquisizione di documenti falsi, all’arruolamento, all’addestramento, ossia a tutte quelle attività funzionali all’azione terroristica, alcune delle quali integranti anche fattispecie delittuose autonome, "fuori dai casi di concorso nel reato di cui all’art. 270-bis" (vedi artt. 270-ter, 270-quater e 270-quinquies).

Del tutto corretta è, per conseguenza, l’affermazione che per l’integrazione del delitto contestato non è necessario che la struttura in esame ponga materialmente in essere condotte violente o tutte le condotte che la giurisprudenza ha individuato come sintomatiche della concretezza dei propositi criminosi dell’associazione, essendo sufficiente la prova anche di una o di alcune di esse, apprezzate sulla base di dati concreti e non di mere supposizioni ché, pur configurandosi il delitto in esame con natura di pericolo presunto, tale anticipata tutela non può comportare la criminalizzazione di condotte che rimangano confinate sul piano della mera ideazione o adesione psicologica ad un’ideologia pur violenta ed estrema, essendo indubitabilmente sottile la linea di confine fenomenologica tra la libertà di manifestazione, anche collettiva, di una ideologia, in forme legittime, e la partecipazione ad un’associazione con finalità terroristica a prescindere o prima della commissione di reati-fine, in presenza di una struttura organizzativa rudimentale, flessibile e a volte del tutto spontaneistica rispetto al collegamento con esponenti dell’ISIS o di altre organizzazioni terroristiche internazionali.

In tale seconda ipotesi la valutazione di rilevanza penale non potendo prescindere da un’analisi rigorosa della configurazione degli elementi, pur se minimi, di manifestazione della composizione organizzativa di uomini e di attività prodromiche alla commissione di eventuali reati fine (Sez. 1, 18719/2018).