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Art. 335 - Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (1)

1. Chiunque, avendo in custodia una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa, per colpa ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la sottrazione o la soppressione, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 309.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 86, L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

Il reato previsto dall’art. 335, così come quello di cui all’art. 334, tutela esclusivamente interessi pubblicistici e, in particolare, il buon andamento della pubblica amministrazione. La norma incriminatrice è predisposta in funzione dell’interesse pubblico  e non privato  a conservare nella sua integrità il vincolo cautelare che, attraverso il sequestro penale, ovvero quello disposto dall’autorità amministrativa, viene apposto su determinati beni. Scopo del legislatore è quello di reprimere le condotte che, distogliendo dal loro vincolo i beni sequestrati, violano l’interesse della pubblica amministrazione ad una loro gestione secondo la legge (Sez. 6, 9742/2019).

Il legislatore, con la L. 698/1981, ha modificato l’art. 334 intendendo mantenere nell’ambito di operatività della norma solo quelle fattispecie, perseguibili d’ufficio, che trovano fondamento nella violazione di vincoli di natura penale o amministrativa, scorporando da tale disposizione e trasferendo nel testo degli artt. 388 e 388-bis quelle ipotesi che trovano il loro fondamento in violazioni di vincoli di natura privatistica, perseguibili a querela, quale quella che attiene alle cose sottoposte a pignoramento, istituto che non perde la sua natura anche se creditore pignorante è lo Stato o altro ente pubblico.

Ne consegue che, mentre sono procedibili d’ufficio i reati il cui scopo è di tutelare il vincolo del sequestro disposto dal magistrato nel corso di un procedimento penale o dalla pubblica amministrazione nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela (artt. 334 e 335), è perseguibile a querela il reato di sottrazione del compendio pignorato (art. 388), la cui funzione è quella di garantire un vincolo di natura civilistica (Sez. 6, 6879/1998).

Integra senz’altro il reato di cui all’art. 334 il deterioramento del mezzo. Tuttavia la relativa condotta è punita esclusivamente a titolo di dolo, onde è necessario dimostrare che l’agente abbia volontariamente deteriorato la cosa sequestrata. Il deterioramento, pertanto, se non deriva da una condotta sorretta da dolo, non integra gli estremi del reato di cui all’art 334.

Esso non rientra nemmeno nell’ambito di applicabilità della norma incriminatrice di cui all’art. 335, poiché tale disposizione contempla soltanto la distruzione, la dispersione, la sottrazione e la soppressione: non il deterioramento. Quest’ultimo evento non può dunque essere ricompreso nel paradigma delineato dalla norma incriminatrice in esame, se non a prezzo di inammissibili analogie in malam partem. Esso è quindi penalmente irrilevante (Sez. 6, 7595/2015).

Nella sottrazione di beni sottoposti al vincolo del pignoramento, del sequestro giudiziario o del sequestro conservativo, affidati alla custodia di persona diversa dal proprietario, peraltro, occorre distinguere tre diverse ipotesi.

La prima è quella che avviene ad opera esclusiva del proprietario ad insaputa del custode, e che è punita a norma dell’art. 388, comma terzo, salva l’eventuale responsabilità del custode, a titolo autonomo, per agevolazione colposa ex art. 335; la seconda si riferisce alla sottrazione materialmente operata dal proprietario con tolleranza e consenso del custode, che integra la fattispecie di cui alla seconda parte del comma quarto dell’art. 388, di cui risponde il custode in base al principio stabilito dall’art. 40, comma secondo, salva la possibilità di accordare al proprietario una diminuzione della pena ex art. 117; la terza, infine, concerne il caso in cui la sottrazione avvenga con la partecipazione attiva sia del custode sia del proprietario, punibile a titolo di compartecipazione piena, ex art. 110 (Sez. 6, 3704/1999).

La condotta di colui il quale agevoli colposamente la sottrazione da parte di un terzo di un veicolo sottoposto a sequestro amministrativo ed affidato alla propria custodia, con conseguente circolazione abusiva, deve ritenersi integrare  piuttosto che l’ipotesi autonoma di reato ex art. 335  un’ipotesi di concorso colposo nella condotta oggi integrante l’illecito amministrativo di cui all’art. 213, comma 4, CDS, tenuto conto che il sistema penale ammette il concorso colposo nel reato doloso sia nel caso in cui la condotta colposa concorra con quella dolosa alla causazione dell’evento, secondo lo schema del concorso di cause indipendenti, sia in quello della cooperazione colposa purché, in entrambi i casi, il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella sua condotta siano presenti gli elementi della colpa, in particolare la finalizzazione della regola cautelare violata alla prevenzione del rischio dell’atto doloso del terzo e la prevedibilità per l’agente dell’atto del terzo (Sez. 6, 10164/2016).