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Art. 427 - Danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga

1. Chiunque rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di un’inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga, con la reclusione da uno a cinque anni.

2. Se il disastro si verifica, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Rassegna di giurisprudenza

Il fenomeno franoso preso in considerazione dal legislatore deve presentare le dimensioni di un evento che per gravità e diffusività mette concretamente in pericolo la pubblica incolumità (Cass. pen., 12.12.1989).

Il fatto che taluno sia titolare di una posizione di garanzia e risulti colposamente venuto meno all’osservanza di adempimenti connessi a detta posizione non implica, di per sé, che egli possa essere automaticamente ritenuto responsabile di ogni evento, rientrante fra quelli teoricamente riconducibili alla suddetta inosservanza, occorrendo invece che risulti positivamente dimostrata la sussistenza di un concreto nesso causale tra l’inosservanza e l’evento effettivamente verificatosi, pur tenendo presente la regola secondo cui, in materia di c.d. «causalità omissiva», al criterio della certezza degli effetti della condotta si può sostituire quello della probabilità, nel senso che il nesso causale può essere ravvisato quando si accerti che la condotta doverosa omessa avrebbe avuto non già la certezza ma serie ed apprezzabili possibilità di evitare l’evento (nella specie, è stata annullata con rinvio, per difetto di motivazione, la sentenza del giudice di merito che aveva affermato la penale responsabilità di un prefetto in ordine al reato di omicidio colposo plurimo sulla sola base del fatto che l’imputato, male adempiendo ai compiti che gli erano affidati dalla legge, non si era preoccupato, in presenza di un pericolo imminente di inondazioni dovute ad eventi atmosferici di straordinaria intensità, di informare adeguatamente la popolazione e di vietare la circolazione su strade da ritenere a rischio; dal che, secondo l’accusa, era derivata la morte di alcune persone che si trovavano in viaggio su dette strade) (Sez. 4, 33577/2001).

Non rientra nella fattispecie (inondazione o frana) prevista dall’art. 426, come pure nell’ipotesi colposa di cui al successivo art. 449, il concreto ed effettivo pericolo per la pubblica incolumità, essendo tale pericolo presunto dalla legge; tuttavia non può costituire inondazione o frana qualsiasi allagamento o smottamento, dovendo il fenomeno assumere, in ogni caso, proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento (Sez. 1, 750/1994).

Il concetto di «inondazione» inerisce ad un disastro, cagionato dall’elemento liquido di vaste dimensioni per entità ed estensione, con carattere della prorompente diffusione e diffusibilità e coinvolgente un numero indeterminato di persone o tutta una popolazione locale; anche se la vastità del disastro normalmente fa sorgere la pubblica commozione, tale elemento non è richiesto dalla legge per la integrazione dell’illecito (Sez. 1, 6569/1984).