x

x

Art. 41 - Concorso di cause

1. Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento.

2. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.

3. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

Rassegna di giurisprudenza

In applicazione del principio della concretizzazione del rischio, va esclusa la responsabilità per colpa se l'evento non rientra nello spettro cautelare di quelli per evitare i quali è stata posta la regola violata, anche se l'evento è causalmente collegato alla condotta: si tratta di conclusione che consente di sfuggire al pericolo di una connessione meramente oggettiva tra regola violata ed evento, con una non consentita estensione del rimprovero colposo (Sez. 4, 13714/2022).

Ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra condotta ed evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall’antecedente, e però caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Sez. 2, 17804/2015).

Invero le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell’agente, sia quelle che, pur inserite nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotino per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori della normale, ragionevole probabilità (Sez. 4, 53541/2017), innescando un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta (Sez. 4, 3312/2016).

In proposito si è escluso che l’eventuale negligenza o imperizia dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale, ancorché di elevata gravità, possa ritenersi causa autonoma ed indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l’incidente e la successiva morte del ferito (Sez. 4, 25560/2017). In particolare, le eventuali negligenze dei sanitari nelle successive terapie mediche non elidono il nesso di causalità tra la condotta di percosse o di lesioni personali posta in essere dall’agente e l’evento morte, non costituendo un fatto imprevedibile od uno sviluppo assolutamente atipico della serie causale (Sez. 5, 7331/2019).

Il contenuto precettivo della nozione di causalità accolta dal nostro codice penale all’art. 41, comma 1, predica l’indifferenza causale del concorso di «cause» sopravvenute, oltre che simultanee, in quando il rimprovero penale colpisce il soggetto che abbia dato l’avvio con la sua azione od omissione, anche con il concorrere e l’intrecciarsi successivo di altri fattori favorenti o predisponenti (che, ovviamente, da un punto di vista epistemologico, costituiscono non meno di concause), alla consequenzialità determinante l’evento. Salvo a constatare che le «cause sopravvenute» siano state tali da potersi affermare che da sole abbiano determinato l’evento (art. 40, comma 2).

Deve cioè trattarsi di fattori sopravvenuti, anche consistenti nel fatto illecito altrui (art. 41, comma 3) che, per la loro eccezionalità, da porsi in relazione alle categorie di eventi ipotizzabili, debbano considerarsi, seppure a costo di una qualche forzatura logica (prezzo pagato all’apprezzabile fine di circoscrivere alla prevedibilità umana la rimproverabilità penale), causa sufficiente, così da far attribuire ad essi la paternità dell’evento. Sono cause sopravvenute o preesistenti, da sole sufficienti a determinare l’evento, quelle del tutto indipendenti dalla condotta dell’imputato, sicché non possono essere considerate tali quelle che abbiano causato l’evento in sinergia con la condotta dell’imputato, atteso che, venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe verificato.

Il collegio condivide l’indicazione, maturata in sede di legittimità, secondo la quale ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra condotta ed evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall’antecedente, e però caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Sez. 2, 17804/2015).

Indicazione, che nello specifico settore della responsabilità per colpa nell’esercizio della professione medica ha trovato precisazione ulteriore in un arresto di legittimità incentrato sul punto (Sez. 4, 33329/2015), nel senso che è configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta (Sez. 4, 25689/2016) (la riassunzione è dovuta a Sez. 1, 29335/2018).

Il trattamento delle cause preesistenti non è del tutto equiparato a quella delle cause sopravvenute, ostandovi l’inequivoca formulazione testuale del comma 2 dell’art. 41 che limita alle cause sopravvenute, ove da sole sufficienti a determinare l’evento, l’effetto di esclusione del nesso causale (con eventuale punibilità lì dove l’azione o omissione precedentemente commessa costituisce di per sè reato). In giurisprudenza, quanto alle cause sopravvenute, si evidenzia che, al fine di escludere la rilevanza dell’azione commessa dall’accusato, devono identificarsi dei precisi fattori produttivi di una autonoma serie causale non correlata alla sequenza partita con il fatto delittuoso, connotati da eccezionalità e imprevedibilità (Sez. 2, 17804/2015).

Qualora siano prospettabili più ipotesi alternative in ordine alla ricostruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento, non è censurabile la sentenza che affermi la sussistenza del nesso causale tra la condotta dell’imputato e l’evento, senza precisare quale tra esse si sia realmente verificata, qualora identiche siano le conseguenze giuridiche dall’una o dall’altra derivanti. Con ciò si intende affermare che lì dove vengano proposte  sul piano scientifico  un numero ristretto di ipotesi esplicative, è necessario  escludendo altri fattori incidenti con assoluta certezza, come nel caso in esame  concentrarsi sugli effetti in diritto che derivano, in tesi, dalla validazione dell’una o dell’altra ipotesi, secondo la disciplina normativa vigente del nesso causale e del concorso di cause (artt. 40 e 41) (Sez. 1, 5306/2018).

In tema di rapporto di causalità, per causa sopravvenuta, da sola sufficiente alla produzione dell’evento, deve ritenersi quella del tutto indipendente dal fatto del reo, avulsa dalla sua condotta, operante con assoluta autonomia in modo da sfuggire al di lui controllo e alla di lui prevedibilità. Donde, ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra condotta ed evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall’antecedente, e però caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Sez. 4, 12119/1988, ripresa adesivamente da Sez. 5, 9935/2018).

In tema di causalità, non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri ponga rimedio alla omissione, con la conseguenza che qualora, anche per l’omissione del successore, si produca l’evento che una certa azione avrebbe dovuto e potuto impedire, esso avrà due antecedenti causali, non potendo il secondo configurarsi come fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l’evento (Sez. 4, 692/2014).

In tema di nesso causale, quando l’obbligo di impedire l’evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedire l’evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell’art. 41, comma primo. Inoltre, ai fini dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento (art. 41, comma secondo), il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento fa riferimento a fattori completamente atipici, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, che non si verificano se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (tanto da risultare imprevedibili in astratto ed imprevedibili per l’agente).

Ne consegue che deve escludersi che possa assumere tale rilievo eccezionale la condotta di un soggetto, pur negligente, la cui condotta inosservante trovi la sua origine e spiegazione nella condotta di chi abbia creato colposamente le premesse su cui si innesta il suo errore o la sua condotta negligente (Sez. 4, 34379/2011).

Il guasto meccanico  quand’anche dovuto a più fattori concausali  non esonera da responsabilità il titolare dell’impianto, essendo in tal caso ascrivibile una responsabilità non certo oggettiva ma indubbiamente "colposa", posto che il fatto in sè del guasto nel funzionamento dell’impianto di depurazione, senza che sia individuabile una causa, per sua natura imprevedibile od inevitabile, lungi dall’escludere, vale a comprovare l’insufficienza delle misure predisposte e, dunque, a dimostrare la responsabilità del soggetto, quanto meno a titolo di colpa. Più volte, sul punto, questa Corte ha infatti affermato che il titolare di un insediamento produttivo ha un dovere positivo di prevenire ogni forma di inquinamento, attraverso l’adozione di tutte le misure necessarie attinenti al ciclo produttivo, ai presidi tecnici, all’organizzazione del lavoro, alla costante vigilanza.

Pertanto, il guasto dell’impianto di depurazione non costituisce caso fortuito, quando poteva essere preveduto e comunque neutralizzato nelle sue conseguenze. Il titolare di un insediamento produttivo ha inoltre il dovere positivo di prevenire ogni forma di inquinamento, attraverso l’adozione di tutte le misure necessarie, attinenti al ciclo produttivo, alla organizzazione, ai presidi tecnici, alla costante vigilanza.

Di conseguenza l’inclemenza atmosferica (dovuta a pioggia abbondante o freddo intenso), i guasti meccanici dell’impianto di depurazione, i comportamenti irregolari dei dipendenti non sono fatti imprevedibili e pertanto non costituiscono caso fortuito o forza maggiore. In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, l’improvviso guasto verificatosi nell’impianto di decantazione dei fanghi (costituito, nella specie, dalla bruciatura di una resistenza) che abbia causato lo sversamento dei reflui ed il relativo inquinamento idrico, non costituisce ipotesi di caso fortuito escludente la responsabilità, in quanto siffatto evento non realizza quel "quid" di imponderabile ed imprevedibile che deve concretare il caso fortuito, risultando i guasti meccanici tutt’altro che episodici ed occasionali.

In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, non integra l’ipotesi del caso fortuito il guasto meccanico dell’impianto, che è correttamente ascrivibile ad una condotta negligente dell’imputato, atteso che questi era obbligato a mantenere l’impianto in condizioni di sicuro funzionamento ed a controllare costantemente l’efficacia dello stesso, non potendo annoverarsi nella categoria dei fattori inevitabili ed imprevedibili il guasto cd. improvviso di un meccanismo il cui funzionamento dipende dall’attività di manutenzione dello stesso (Sez. 3, 31262/2017).