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Art. 164 - Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena

1. La sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’articolo 133, il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

2. La sospensione condizionale della pena non può essere conceduta:

1) a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, né al delinquente o contravventore abituale o professionale;

2) allorché alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza personale perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa.

3. La sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca.

4. La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta. Tuttavia il giudice nell’infliggere una nuova condanna, può disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall’articolo 163 (1).

(1) Articolo così sostituito prima dall’art. 1, L. 191/1962, e poi all’art. 12, DL 99/1974. L’ultimo comma dell’art. 164 è stato poi sostituito dall’art. unico L. 220/1974, di conversione del precedente decreto in materia di provvedimenti urgenti sulla giustizia penale. La Corte costituzionale, con sentenza 95/1976, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 164 ultimo comma (come modificato dall’art. 12 del DL 99/1974, convertito in L. 220/1974), nella parte in cui non consente la concessione della sospensione condizionale della pena a chi ha già riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere cumulata con quella irrogata con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti dall’art. 163.

Rassegna di giurisprudenza

Il giudice di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale incidente sulla valutazione delle circostanze di cui all’art. 133, può concedere alcuni benefici di legge ed escluderne altri, in considerazione della diversa natura e finalità dei benefici stessi. In particolare, il beneficio della non menzione persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, mentre la sospensione condizionale della pena ha l’obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un’efficace remora ad ulteriori violazioni della legge penale. Non è dunque in sé contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell’altro. Tuttavia, ove venga concesso uno dei benefici e venga invece negato l’altro, tale determinazione discrezionale deve essere sorretta da una motivazione congrua e puntuale, che esponga le ragioni per le quali gli elementi valutabili favorevolmente per la concessione dell’uno non siano meritevoli di fondare la concessione dell’altro beneficio, oppure sottolinei l’emergere di altri elementi di segno negativo nell’ottica del beneficio da negarsi (Fattispecie nella quale la corte di appello, nel confermare la sentenza di condanna di primo grado, si era limitata ad un generico richiamo ai parametri previsti all’art. 133, senza spiegare perché le ragioni poste a fondamento della concessione della sospensione condizionale della pena non potessero esplicare efficacia nell’ottica della non menzione della condanna. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al diniego della non menzione della condanna ex art. 175, con rinvio alla corte di appello competente per nuovo giudizio sul punto) (Sez. 2, 20178/2022)

La concessione della sospensione condizionale della pena allo straniero condannato per reati in tema di stupefacenti ne impedisce l'espulsione dallo Stato, in quanto, implicitamente, ne esclude l'attuale pericolosità sociale, che è presupposto imprescindibile per l'applicazione della misura di sicurezza (Sez. 3, 13681/2022).

Il giudice della cognizione, così come il giudice dell’esecuzione, ben può disporre la revoca della sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell'art. 164, comma quarto, in presenza di cause ostative, ma solo dopo avere verificato documentalmente se i precedenti penali ostativi risultassero, o meno, documentalmente al giudice della cognizione all'atto della concessione del beneficio (Sez. 5, 4268/2022).

Se all'epoca del giudizio di cognizione le condizioni ostative per l'ulteriore concessione del beneficio della sospensione condizionale già risultavano dal certificato del casellario giudiziale, al giudice della esecuzione spetta verificare se la causa ostativa sia invocabile come causa di revoca di diritto in sede esecutiva, anche se non era stata rilevata dal giudice di cognizione, pur emergendo dagli atti nella sua disponibilità. In questa ipotesi, invero, si chiede al giudice dell'esecuzione di rimediare ad un errore commesso dal giudice della cognizione, al quale compete in prima battuta la verifica dell'esistenza di cause ostative alla concessione della sospensione condizionale della pena. Viene qui in rilievo la violazione dell'art. 164 che si correla all'esistenza di precedenti condanne a pena detentiva per delitto, requisito la cui preesistenza richiede il positivo accertamento che essa non fosse già documentalmente nota al giudice della cognizione allorché concedeva il beneficio ex art. 163 c.p., poiché in tal caso si sarebbe al cospetto di un errore emendabile soltanto con gli ordinari mezzi di impugnazione e senza possibilità di rimedio in sede esecutiva una volta raggiunta l'irrevocabilità della sentenza (Sez. 1, 19671/2021).

Dal combinato disposto degli artt. 164 e 168 deve trarsi il principio secondo il quale, da una parte, la valutazione della possibilità e opportunità della seconda sospensione condizionale, di per sé ostativa alla revoca della precedente, è di competenza esclusiva del giudice della cognizione non potendo trovare applicazione in sede esecutiva mentre, dall’altra, il giudice dell'esecuzione, a fronte di una seconda condanna inflitta e non sospesa, pur ricorrendone la possibilità quanto ai limiti di pena, non può che limitarsi a revocare la prima sospensione, conformemente al suo ruolo che non gli consente di valutare diversamente situazioni già giudicate in sede di cognizione (Sez. 1, 11612/2021).

Il divieto di applicazione della sospensione condizionale della pena per più di due volte non ricorre nel caso in cui l’imputato abbia in precedenza riportato due condanne a pena sospesa per reato depenalizzato da una legge successiva, giacché tra gli effetti penali della condanna destinati a cessare in caso di “abolitio criminis” va ricompreso anche quello che pone un limite alla reiterazione del detto beneficio (Nella fattispecie il ricorrente, pur avendo beneficiato due volte della sospensione condizionale della pena, deduceva come in uno dei due casi si fosse trattato di un reato oggetto di successiva abrogazione. La Corte, rilevando che la sentenza impugnata si fosse limitata ad indicare la presenza di precedenti penali e la circostanza che il ricorrente avesse ottenuto due volte il beneficio e che, quindi, la motivazione risultasse insufficiente a giustificare il diniego, ha disposto l’annullamento con rinvio per nuovo esame della questione) (Sez. 2, 36827/2020).

È solo apparente la motivazione con la quale, per giustificare il diniego della sospensione condizionale della pena si afferma che non sussistono elementi che inducono a formulare una prognosi favorevole ai sensi dell’art. 164, primo comma, essendo sotto tale profilo insufficiente l’incensuratezza dell’imputato. A fronte di un elemento di indubbia valenza positiva qual è quello dell’assenza di precedenti penali, infatti, il giudice deve, per pervenire correttamente al diniego del beneficio, individuare nella fattispecie sottoposta al suo esame (riguardata nei profili oggettivi e soggettivi) uno o più elementi di segno contrario, idonei a neutralizzarlo (Sez. 2, 12339/2019).

La prognosi non favorevole alla concessione della sospensione condizionale della pena può fondarsi sia sui precedenti di polizia, poiché nessuna disposizione ne prevede l’inutilizzabilità, ed anzi l’art. 9 della L.121/1981 prevede espressamente la possibilità di accesso dell’AG ad essi, "ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale" (Sez. 2, 18189/2010) sia sul fatto che l’imputato, pur esattamente identificato nelle generalità, in passato ne abbia fornito di diverse, trattandosi di condotta sintomatica della volontà di sottrarsi ai dovuti accertamenti di polizia e giudiziari (Sez. 3, 4880/2019).

La concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena involge valutazioni di merito, anche con riferimento al giudizio prognostico indicato nell’art. 164, sottratte al giudizio di legittimità (Sez. 4, 41988/2017).

Il GE deve revocare la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell’art. 164, quarto comma, in presenza di cause ostative, salvo che tali cause risultassero documentalmente al giudice della cognizione. A tal fine il giudice della esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio (SU, 37345/2015).

Il provvedimento di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena previsto dal comma 3 dell’art. 168, e più specificatamente in tutti quei casi in cui il beneficio della sospensione venga concesso in presenza della cause ostative indicate al comma 4 dell’art. 164, ha natura dichiarativa, riguardando infatti effetti di diritto sostanziale che si producono ope legis e sono quindi rilevabili in ogni momento tanto dal giudice della cognizione che dal giudice dell’esecuzione ex art. 674 CPP anche in assenza di impugnazione del PM sul punto (Sez. 7, 3047/2019).

La sospensione condizionale della pena concessa senza richiesta nelle ipotesi di condanna alla sola pena pecuniaria lede l’interesse dell’imputato  poiché potrebbe incidere sulla sospensione della pena detentiva, agendo la pena pecuniaria ai sensi dell’art. 163 e 164 nel calcolo della pena complessiva rilevante per la sospensione  che pertanto può ricorrere per l’eliminazione della sospensione; sospensione che può essere eliminata, con annullamento senza rinvio, dalla Corte di legittimità (Sez. 1, 2636/2019).

La concessione o il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena costituiscono un elemento rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale nell’esercizio del relativo potere deve formulare la prognosi, positiva o negativa, di ravvedimento di cui all’art. 164, comma primo; in relazione all’assolvimento di tale onere l’obbligo della relativa motivazione da parte del giudice, tuttavia, non può dirsi soddisfatto con la mera indicazione delle circostanze di cui all’art. 133, dovendo egli bensì esplicitare l’iter logico da lui seguito per il giudizio conclusivo, con riguardo ad uno o più delle specifiche circostanze e criteri che egli stesso ritenga prevalenti (Sez. 3, 1506/2019).

In tema di reati edilizi, il giudice, nella sentenza di condanna, può legittimamente subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, in quanto tale ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, dovendo tuttavia spiegare perché, nel formulare il giudizio prognostico di cui all’art. 164, comma primo, ritenga necessario porre l’esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio (Sez. 3, 17729/2016).

Non vi è l’obbligo di motivare il diniego della sospensione condizionale della pena quando essa non sia concedibile giusta la disposizione di cui all’art. 164, comma secondo, n. 1 che esclude il beneficio alternativamente sia ai soggetti che abbiano riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, sia ai delinquenti o contravventori abituali o professionali. Né l’astratta applicabilità dell’art. 164, ultimo comma, che introduce una deroga al principio generale di inapplicabilità della sospensione condizionale ai recidivi, impone al giudice di specificare i motivi per cui ritiene di non concederla, essendo evidente in tal caso l’implicito giudizio negativo sulla successiva astensione dalla commissione di ulteriori reati (Sez. 2, 3650/2019).

Il dettato dell’articolo 164, terzo comma, secondo cui la sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca, deve intendersi limitato alle misure personali, la cui applicazione sia consentita discrezionalmente (Sez. 1, 9824/2014).

Il principio dell’incompatibilità logico-giuridica fra la ritenuta pericolosità sociale e il beneficio della sospensione condizionale della pena è pacifico nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, 12277/2014).

A norma dell’art. 164 comma 3 la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena non osta alla confisca la quale non costituisce una misura di sicurezza, sicché laddove si versi in una ipotesi di confisca obbligatoria - la stessa va comunque disposta indipendentemente dal fatto che si tratti, o meno, di una pena accessoria (Sez. 7, 51181/2014).